Corriere della Sera, 31 gennaio 2024
La donna che salverà il Giappone
«Non la definirei bella». Domenica, in Giappone, mentre gli osservatori internazionali si concentravano sulle dichiarazioni sessiste del vice presidente dell’Ldp Taro Aso all’indirizzo della ministra degli Esteri Yoko Kamikawa, lo stesso Aso (tra i più renitenti a sciogliere la propria corrente su indicazione del primo ministro Fumio Kishida dopo lo scandalo finanziamenti che ha travolto il partito conservatore al potere) stava in realtà tessendo le lodi della diplomatica.
«Una stella in ascesa», ha detto, elogiandone l’inglese (competenza chiave in Giappone, dove la maggior parte non lo parla), la capacità di «gestire da sé gli appuntamenti» e il lavoro all’Assemblea Generale Onu. «Consolida la sua candidatura a diventare la prima donna capo del governo. La vecchia signora è notevole». Tra un’affermazione paternalista e l’altra (ne ha anche storpiato due volte il nome in «Kamimura»), nella fumosa politica giapponese la sensazione è stata quella di un’investitura. Lei minimizza, ma un sondaggio Nikkei-TV Tokyo la dà in crescita tra i candidati preferiti dai giapponesi più anziani.
Si dice che le cose in Giappone non cambino mai, invece cambiano eccome. Settantuno anni a marzo, nata a Shizuoka, un master presso la John F. Kennedy School of Government di Harvard, Kamikawa, già ministro «di ferro» della Giustizia, è in carica dal rimpasto di quattro mesi fa, quello che cercava timidamente di ridurre il gender gap, dove per il World Economic Forum il Giappone è al 138° posto su 146 Paesi nella rappresentanza politica femminile (tanto da aver mandato un uomo al G7 di giugno su questi temi).
Complici i guai di Kishida, il cui mandato scade a settembre, Kamikawa si sta mettendo in luce. È stata la prima a congratularsi con Taiwan per la vittoria elettorale dell’indipendentista William Lai, poi è volata in Ucraina per un’importante missione, poi a Washington da Blinken (Kishida, che dopo i caucus dell’Iowa ha avviato contatti con Trump, sarà alla Casa Bianca il 10 aprile). E ha appena lanciato una task force su donne, pace e sicurezza.
Divario di genere
Il Paese è al 138esimo posto su 146 nella rappresentanza politica femminile
«Se l’Ldp dovesse ritenere che un candidato populista sia la scelta migliore per vincere le prossime elezioni», dice al Corriere l’analista Rintaro Nishimura, «potrebbe optare per il ministro del Digitale Taro Kono (preferito dai giapponesi più giovani, ndr), l’ex Segretario generale Shigeru Ishiba o Kamikawa. Credo che questo scenario si stia delineando, e diventerebbe più realistico se le riforme di Kishida non fossero convincenti e lui restasse impopolare. Kono e Ishiba, però, sono poco amati dai membri della Dieta. Kamikawa è un’alternativa attraente, sia perché molto rispettata, sia perché donna, sia perché “innocua”, nel senso che non è una riformista come Kono, né è comsiderata una traditrice come Ishiba».
Già a dicembre, dopo lo scandalo delle cene di finanziamento, c’era chi auspicava, un po’ ipocritamente, una donna primo ministro come soluzione a tanti problemi. Intanto, dopo Mizuho Fukushima, leader di lungo corso dei socialdemocratici, ha appena scelto di farsi guidare per la prima volta da una donna (Tomoko Tamura) anche il partito comunista. I cambiamenti, però, devono essere anche strutturali. Il gender pay gap, ad esempio, è al 22%, tra i divari più ampi dell’Ocse.
Tornando alle papabili alla guida dell’Ldp, e quindi del Paese, sembrerebbe meno probabile, dopo la morte di Shinzo Abe, anche se lei ci crede, la ministra della Sicurezza economica Sanae Takaichi, che ha appena chiesto a Kishida di rimandare l’Expo 2025 a causa del terremoto di Capodanno. Ci riproverà anche l’ex ministra della Crescita demografica Seiko Noda.