la Repubblica, 29 gennaio 2024
Sulla fretta di Salvini
La parola chiave è “accelerazione”. Sembra che tutti siano presi dalla fregola di andare sempre più in fretta. Il ministro dei Trasporti davanti alla decisione di mettere il limite dei 30 all’ora nella città di Bologna ha affermato: dobbiamo pensare a chi lavora. E sottintende: loro devono andare in fretta. Chi si ferma è perduto. Corrono con le loro biciclette elettriche i rider, corrono i furgoncini delle consegne di pacchi di Amazon, corrono tutti in auto. L’orologio delle nostre vite sembra accelerato di colpo dopo che la pandemia ha imposto uno stop all’andatura rapida.
Nella lingua italiana ci sono due termini antichi sinonimi: “celere” e “svelto”. “Accelerare” è invece entrato nell’uso tardi. È presente negli scritti di Machiavelli, il quale, espulso dalla vita politica attiva di Firenze, aveva cominciato a ragionare a metà del 1500 sui cambiamenti sopravvenuti nella vita quotidiana delle persone. Il segretario fiorentino coglie tra i primi la necessità di andare sempre più rapidamente. Questa è la modernità nata per la prima volta grazie ai mercanti e alla partita doppia. Come ha spiegato in un libro, Accelerazione e alienazione (Einaudi), il sociologo tedesco Hartmut Rosa, il tempo è il bene più prezioso che abbiamo e la maggioranza di noi pensa di accumularlo andando più svelto, essendo più rapido, insomma: correndo. Rosa spiega che tre sono le accelerazioni che ci riguardano. La prima è imposta dalla tecnologia e funziona grazie al personal computer prima, e gli smartphone poi, i computer da tasca, e naturalmente a Internet. Il tempo sembra schiacciare lo spazio, che pare contrarsi per effetto della velocità progressiva dei mezzi di trasporto: uomini e merci. La logistica è diventata dominante: i tempi del trasporto di cose e persone. Il secondo tema riguarda la cosiddetta accelerazione sociale: la contrazione del presente è la conseguenza della crescita esponenziale dei ritmi dell’innovazione. Niente è più stabile e duraturo. Se ciascuno di noi calcola quante attività svolge in un giorno e lo confronta con quello che facevano i nostri padri e nonni, si renderà conto di quanto tutto corra in modo spasmodico. Mangiamo sempre più in fretta e dormiamo sempre meno. Uno studioso americano, Jonathan Crary, in un libro intitolato icasticamente 24/7 (Einaudi), spiega come il sonno sia oggi un oggetto di conquista per le attività umane. Tanto che probabilmente è l’accelerazione sociale a spingere quella tecnologica, e non più il contrario.