il Fatto Quotidiano, 29 gennaio 2024
I verbali delle udienze a porte chiuse del processo Grillo Jr
Nelle parole del procuratore Gregorio Capasso è “l’audizione fondamentale del processo”. Si tratta della deposizione di Silvia, la parte civile della presunta violenza sessuale di gruppo per cui sono imputati a Tempio Pausania Ciro Grillo e gli amici Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Il Fatto è in grado di documentare, per la prima volta nella sua interezza, una deposizione sofferta, spesso interrotta dalle lacrime della ragazza, incalzata dagli avvocati. Domani e giovedì riprenderà il controesame. In aula potrebbe essere proiettato il video girato dagli imputati che riprende alcuni atti sessuali.
Lacrime in aula: “Dicevano ‘prendila’, ‘è il mio turno’”
L’esame comincia il 7 novembre: “Mi sono messa sotto le lenzuola e ho sentito qualcuno che entrava nel letto alle mie spalle”. Silvia scoppia in lacrime, la seduta viene interrotta quasi subito. Corsiglia, dice, “l’afferra per i capelli”: “Mentre lui abusava di me sentivo le voci degli altri che ridevano”. Lei, racconta, prova a divincolarsi: “Non mi facevano passare, in più io mi sentivo indifesa. Ero comunque mezza nuda, mi vergognavo davanti a questi qua… Poi Francesco mi ha preso da dietro”. Gli abusi continuerebbero nella doccia: “Mi teneva la testa contro il muro (…) mi urlava ‘cagna’ (…) “mi ha fatto male”. Segue un botta e risposta tra la testimone e la sua legale Giulia Bongiorno: “Lei sportiva e forte, perché non si è divincolata?”. Silvia ripete spesso che era “paralizzata”: “Loro… lui… era più forte… non riuscivo, c’era anche questo senso di vergogna e paura mi irrigidiva molto (…) mi mancavano le forze e poi c’erano anche gli altri nella stanza… Urlavo ma non mi usciva la voce”.
Il ruolo dell’amica: “Mi sono sentita tradita”
Silvia va a svegliare l’amica Roberta, addormentatasi sul divano in soggiorno: “Le ho detto che ero stata violentata (…) Lei non capiva (…) era stanca e intontita (…)”. Roberta ha un’altra versione: “Piangeva ma mi disse che andava tutto bene”. Così Roberta si rimette a dormire. La ritrova in camera, alle 15, dopo la seconda presunta violenza: “Era in stato confusionale, il volto rigato dal trucco. Mi disse: ‘Mi hanno violentata tutti’”. Le due amiche taglieranno i rapporti e non ne parleranno più di quella notte. Silvia: “Mi sono sentita tradita”.
Il secondo stupro Dicevano: ‘Prendila, prendila’
Silvia a questo punto racconta di essere uscita sulla veranda, di essersi seduta con gli altri ragazzi, di essere stata costretta a bere “un beverone” dal “sapore strano” e di essere stata condotta in una camera da Lauria, Grillo e Capitta: “Mi toccavano e mi sfilavano i vestiti (…) Sentivo che dicevano ‘prendila’, ‘prendila’, e anche ‘adesso tocca a me’ (…) Mi davano schiaffi al fondo schiena e botte (…) Non sentivo più il mio corpo (…) Ho visto nero e sono svenuta”. “Comprendeva quello che stava succedendo?”, chiede il pm. Silvia: “Sì, che ero in pericolo” (…) avevo uno stato di confusione per l’alcol, mi sentivo molto stordita, però sapevo quello che stavano facendo”.
Alcol: “Stordita dai drink, a digiuno da 30 ore”
È uno degli aspetti dirimenti: l’alcol, per l’accusa e la parte civile, ha minato la capacità di difendersi della vittima; secondo una consulenza delle difese degli imputati, invece, Silvia non era ubriaca. La ragazza ha molti “vuoti” di quella notte. Ma dice di ricordare precisamente cosa ha bevuto: “Due tequila sunrise all’aperitivo”; “un Prosecco da un amico”; “un Long island in un bar”. Al Billionaire, prosegue, arriva che le “girava la testa”: “Ricordo la serata a flash, un po’ per la stanchezza e un po’ per il tanto alcool (…) al tavolo sono arrivati due secchielli, due vodka, una o due di champagne, poi mi hanno passato dei mix che non ricordo”. C’è, infine, mezza bottiglia di quel beverone alla vodka “un po’ strano”. Silvia: “Ero a digiuno dalla sera precedente”.
Autolesionismo: “Mi hanno fermata sui binari”
Dopo quei fatti, per Silvia si apre un periodo buio: “A volte non dormivo per settimane (…) Sono 1,80 e sono arrivata a pesare 53 chili (…) ho avuto un sacco di altri uomini, anche molti più adulti di me… era un modo di reagire, perché non sentivo più emozioni (…) Avevo bisogno di mettermi quasi in pericolo per riscattarmi e provare a me stessa (…) che potevo riavere la possibilità di dire ‘no, non voglio’, che non bisognava andare oltre (…) Avevo molti istinti suicidi e autolesionisti. Mi capitava di bere alcol e poi cercare di andare, non so, quasi di ammazzarmi, oppure mi sono fatta delle ferite sul braccio (…) quando bevevo, delle mie amiche mi hanno fermato che stavo andando verso i binari”.
Le incongruenze: “Ricorda solo ciò che vuole”
Il racconto di Silvia è per gli avvocati difensori pieno di incongruenze. Le contestano: la mancata fuga da quella casa dopo il primo stupro; di non ricordare di essere stata insieme a tre dei ragazzi a comprare le sigarette, tra la prima e la seconda violenza; di aver accettato il giorno successivo un passaggio (che non ricorda) fino ad Arzachena; di aver dimenticato un bacio dato in discoteca a Grillo e di aver allungato le gambe su Corsiglia nel taxi verso la casa di Porto Cervo, teatro della vicenda. Il giorno dopo Silvia va a lezione di kitesurf. Dice di essersi confidata col maestro, Marco Grusovin, che però non sembra prenderla troppo sul serio: “Stava fumando una canna, mi disse di non denunciare e lasciarmi tutto alle spalle”. Questa la versione di Grusovin: “Se hai subito un abuso, denuncia, però mi sembri anche molto confusa, quindi se vai a denunciare così confusa, questi te se magnano viva”.
Il controesame: “Perché non era lubrificata?”
Il 13 dicembre 2023 si apre il controesame. Comincia Antonella Cuccureddu, legale di Corsiglia. È l’udienza che fa più discutere. Ecco alcune delle domande rivolte alla parte civile: “Cosa le ha impedito di uscire dal letto?”; “lui le teneva la testa con una o con due mani?”; “aveva le gambe aperte o chiuse?”; “ha sollevato il bacino quando le sono state tolte le mutande?”; “c’è una spiegazione per cui lei non era lubrificata?”; “le sue labbra erano serrate sul pene di lui?; “come respirava in quel momento (durante il rapporto orale, ndr)?; “ha percepito che avrebbe potuto far male al ragazzo?”; “ha capito che poteva morderlo?”. Risposta: “Non mi ricordo di respirare. Io come respiravo? Non so se respiravo, avevo paura! Ero terrorizzata (piange). Non riuscivo a muovermi”. Avvocato Cuccureddu: “Però respirava, sennò non sarebbe qua”. Silvia: “Okay, sono viva”. Le domande provocano polemiche per la presunta “vittimizzazione secondaria”. Cuccureddu denuncia una “campagna stampa” ostile: “Hanno descritto le mie domande come preistoriche e medievali (…) Sono un avvocato, devo ricostruire un fatto”.