il Fatto Quotidiano, 29 gennaio 2024
La Blasi non è stupida ma paracula
Premetto che non ho letto Che stupida, il libro di Ilary Blasi da oggi nelle librerie, e non so neppure se lo farò. Non è puzza sotto il naso, è che Ilary stessa è un libro aperto e questo è il suo bello, non serve altro inchiostro per decifrarla. Ormai, come sono andate le cose è molto chiaro e per la verità lo era già quando Totti pubblicò quel video in cui diceva che no, non aveva un’altra, ma voleva convincerci con la faccia di chi ha appena rapinato una banca.
Il battito d’ali che ha scatenato la tempesta legale e mediatica ancora in corso (il libro ne è solo l’ultimo atto) non è stato il fatto che lui si sia innamorato di Noemi o che avesse scoperto un flirt di Ilary, ma l’iniziale gestione della separazione da parte di Francesco Totti.
Una gestione che non ha avuto l’effetto del battito d’ali di una farfalla ma di quello di uno pterodattilo. Perché l’ex calciatore, convinto che per uscire senza acciacchi da una causa di separazione con una donna famosa servisse un avvocato pratico di divorzi vip, ha pensato bene di affidarsi ad Anna Maria Bernardini De Pace.
La De Pace, curioso caso di cognomen-non-omen, ha consigliato a Totti di rilasciare al Corriere della Sera un’intervista rancorosa e inutilmente guerrafondaia, con la conseguenza disastrosa che Ilary, in tutta risposta, ha iniziato a scavare la trincea. Nel frattempo, sempre sui giornali, continuavano a uscire velenose veline sulla separazione (con Ilary nel ruolo della mantide-ladra di orologi), finché Totti non ha poi chiuso i rapporti con la De Pace. La sua ex, però, ormai covava vendetta. Aveva un piano. Quello di ricostruire la sua reputazione a colpi di eventi mediatici ben retribuiti e di chiudere accordi a lungo termine con Netflix e Mondadori mentre Totti giocava tranquillo a padel. Niente interviste gratis su riviste, quotidiani o storie su Instagram per difendersi.
Ilary ha gestito la separazione in stile anni 90, vendendo le sue memorie ai grandi media (piattaforma streaming, editoria) e capitalizzando l’infelicità come solo le star più paracule hanno sempre saputo fare.
Come i membri della famiglia reale d’Inghilterra, da Lady D. a Harry, ha venduto ogni singola goccia di matrimonio e separazione a un prezzo molto più alto dei Rolex in cassaforte.
Ne è uscita non solo più ricca, ma anche furbescamente più umana, a tratti naïf, dipingendosi come la moglie candida che al massimo prende il caffè con uno sconosciuto per ammazzare il tempo tra una piega e uno shooting, mentre il marito si innamora davvero di una sua sosia. Ovviamente nessuno di noi ha mai creduto alla storia del semplice caffè. Che fosse almeno un cappuccino con doppio espresso era più che evidente, ma non importava.
Unica, il goffo documentario di Netflix, senza dirlo spiegava una cosa semplice: il matrimonio era sfilacciato, Francesco era ormai un ex calciatore incapace di riciclarsi in ruoli da manager o allenatore nel calcio, Ilary invece era all’apice del successo.
Perché a 40 anni gli sportivi invecchiano, le conduttrici fioriscono. I ruoli iniziali erano invertiti, non c’era più la signora Totti, c’era il marito di Ilary. Crudele e così difficile da metabolizzare per chi fino a ieri era il re di Roma, che alla fine entrambi guardano altrove. A lui è capitato di innamorarsi, a lei di distrarsi. A lui di avere una relazione, a lei di flirtare.
Totti si fidanza con una donna, Noemi Bocchi, che ha gli stessi colpi di sole, la stessa fisionomia, le stesse borse di Ilary. La porta nello stesso ristorante dove portava Ilary, negli stessi hotel, fa conoscere subito i suoi figli ai figli di lei, insomma, replica il suo matrimonio ma sostituisce Ilary-la rampante con un’anonima che parrebbe fare la flower designer, perché sia chiaro, Noemi non vende fiori, ma solide composizioni. È di nuovo il re di Roma, o almeno del Fleming. Ilary rimane a vivere in quella specie di circolo sportivo che era la loro casa, si fidanza con tal Sebastian che come Noemi Bocchi ha il chiaro mandato di non proferire parola per non combinare casini, perché qui c’è in ballo una separazione con addebito e chi vince si ripiglia “tutt’ chell che è suo”.
Nessuno ha capito cosa faccia di preciso Sebastian, forse il travel designer, dal momento che come il nano di Amélie appare sullo sfondo di tutti i viaggi di Ilary del mondo. Sempre a proposito di viaggi, sembra avere più il famoso ruolo del “traghettatore”, ovvero di colui che ti accompagna fuori da una relazione finché poi non trovi uno che ti piace di più, fatto sta che Ilary si è fatta castana e dice di guardare avanti.
Così avanti che dopo il documentario sulle corna, c’è il libro sulle corna e poi la settantaquattresima intervista a Verissimo sulle corna. A tal proposito, va detto che l’intervista con la sua migliore amica Silvia Toffanin è diventata una specie di format. Niente lacrime, niente vesti stracciate, niente atmosfera apocalittica da impatto con asteroide imminente.
A ogni ciclica magagna Ilary, anziché dallo psicologo, se ne va sorridente in studio dall’amica più saggia, le due fanno finta di non essersi mai parlate, Toffanin recita la parte di chi non è mai stata aggiornata sulle vicissitudini amorose di Ilary e con la sua consueta aria angelica le domanda “Come vanno i rapporti con Totti?”, ovviamente fingendo di non averle mai sentito dire al telefono “sto fijo de ‘na mignotta”.
Ilary, questa volta, durante l’intervista ha anche aggiunto che tende una mano a Totti (con la faccia di chi pensava “ma quando mai, così quello mi sfila l’orologio”) e che non è sicura che Totti leggerà il suo libro, perché “Totti che legge un libro!?”. E giù a ridere, come se non fosse altrettanto improbabile che lei un libro l’abbia perfino scritto.
Insomma, oggi esce Che stupida, ma “che gran simpatica paracula” sarebbe stato un titolo più onesto.