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 2024  gennaio 28 Domenica calendario

Intervista a Gustav Thoeni

Gustav Thoeni, la seconda manche dello slalom di St.Moritz del 1974 è stata la più bella della sua vita?
«Forse sì, era un campionato del mondo. Ogni tanto rispunta in tv, o su YouTube: la faccio vedere ai clienti del mio hotel, che cominciano a ricordare. Quando tornavano da scuola, e vedevano lo sci coi genitori e i nonni. Abbinano i ricordi della loro vita alle mie gare».
Thoeni è stato il Papa della Valanga Azzurra. Oggi ha 72 anni, e come un pontefice ha celebrato la sacra cerimonia nel suo Vaticano: l’hotel Bella Vista di Trafoi, che appartiene alla famiglia dal 1875. Chi poteva è venuto a festeggiare i 50 anni di Berchtesgaden: Gros, Thoeni, Stricker, Schmalzl e Pietrogiovanna ai primi 5 posti del gigante, il capolavoro di quei ragazzi che cambiarono lo sport e il turismo invernale italiano. Ma in questo periodo per Gustav, quattro Coppe del mondo, un oro olimpico, le celebrazioni non finiscono mai, ed è già ora di tornare coi ricordi e l’orgoglio a St.Moritz: Mondiali 1974, oro in gigante il 5 febbraio e oro in slalom il 10 febbraio rimontando dall’8° posto. L’Italia era pazza di lui.
Quel giorno sciò in Paradiso?
«Anche l’anno dopo ho fatto una gran bella manche, a Sun Valley dovevo vincere a tutti i costi per raggiungere in classifica Ingemar Stenmark e Franz Klammer».
Dando vita al famoso parallelo vinto in Val Gardena su Stenmark in mezzo a una folla da stadio. Ma pure a St.Moritz sfilarono 20 mila italiani con bande musicali.
«St. Moritz è vicina alla provincia di Sondrio, e da Bergamo arrivarono tanti tifosi per Fausto Radici. Io ero più concentrato sulla gara, il tifo faceva piacere ma venivo assaltato per un autografo, una foto, all’epoca non eravamo protetti da recinti come adesso. Ogni tanto era pesante, devo essere onesto, passeggiavi e ogni dieci passi ti fermavano».
Con chi dormì la notte prima dello slalom?
«Con mio padre, mentre mia madre rimase con me prima del gigante».
Un bel privilegio.
«Fu un’occasione speciale, la stanza la dividevamo con un compagno.
Decidevamo noi, io dormivo con Schmalzl, Demetz, Radici».
Come faceva Fausto Radici, scomparso tragicamente nel 2002, a sciare con un occhio solo?
«Non l’ho mai capito, aveva perso un occhio da bambino, era molto bravo e vinceva. Al posto suo non avrei mai indovinato le porte».
Era l’epoca degli Stones, degli Zeppelin, dei capelloni: è vero che ai parrucchieri dei corpi militaridicevate “solo un centimetro”?
«A me bastava mio papà che intimava “Taglia questi capelli”. Li abbiamo sempre portati lunghi, io non troppo ma se penso a come li portava mio cugino Rolando Thoeni... Era il nostro periodo, eravamo giovani».
Quando Stenmark cadde nello slalom olimpico del 1976, aprendo la strada all’oro di Piero Gros e al suo argento, l’inviato di Repubblica Claudio Sabelli Fioretti scrisse del vostro allenatore Mario Cotelli: «Completamente stravolto urlava“È caduto!” almeno dieci volte.
Mentre dal clan dei presidenti si alzavano irrispettosi gesti osceni verso il cielo». Era quello il clima?
«Io ero in pista, non potevo vedere.
Certo Cotelli era molto emotivo, e in allenamento ci spingeva l’uno control’altro per stimolare tutti. Ma ha fatto la sua parte promuovendoci. Se penso a quanto eravamo seguiti da tutte le testate importanti, fino in Giappone, e adesso non capita più».
Non aveva paura di farsi male in discesa, lei campione di slalom?
«Da giovane non ci pensi tanto, magari se cade qualcuno prima di te ti poni il problema. Ai miei tempi finivi contro recinti o balle di paglia che nella notte si gelavano e diventavano come muretti. A questi rischi pensi quando diventi vecchio».
La Formula 1 ha fatto passi da gigante per la sicurezza, lo sci invece è rimasto ad alto rischio.
«È cambiato tanto nella preparazione delle piste. Ma con tutta la tecnologia a disposizione oggi rischi lo stesso se le lamine prendono male la neve e coi materiali attuali viaggi a 150 all’ora».
Si è parlato tanto della rivalità Thoeni-Gros, ora Piero dice “era impossibile non volergli bene”.
«Anche allora eravamo amici, ognuno pensava a finire in gara davanti all’altro. Era così con Piero, e con tutti gli altri: eravamo un gruppo sempre in viaggio, in estate sui ghiacciai, nelle partitelle di calcio».
Thoeni-Gros come oggi Federica Brignone-Sofia Goggia?
«Per sentito dire, mi sembra che la loro rivalità vada oltre la gara. Anche fuori sono in concorrenza. Il clima da noi era migliore».
Più orgoglioso per Sinner, o dispiaciuto per lo “scippo” del tennis di un talento dello sci?
«Sinner scia molto bene ed è un fuoriclasse. Il tennis è diffuso in tutto il mondo e lui non ha fatto una scelta sbagliata: nel tennis ci si fa male, ma lo sci è più rischioso».
Lei è stato allenatore di Alberto Tomba durante anni magnifici.
«Alberto è venuto alla festa della Valanga, mi ha fatto piacere, lo vedo fisicamente integro. E simpatico, i clienti dell’hotel non pensavano così tanto. Ci sentiamo spesso».
Sente di aver avvicinato con le sue vittorie il Sud Tirolo all’Italia?
«All’epoca non me ne sono accorto, sono stato accolto bene ovunque.
Ricordo quel che è successo negli anni della Valanga, c’era gente che partiva dalla Sicilia per lo sci estivo allo Stelvio. Si è scoperto un made in Italy nella produzione invernale».
È nonno di 12 nipoti: come fa?
«Star dietro a tutti è complicato, loro vanno dai 22 fino ai due anni. Quando facciamo una festa c’è un gran bel movimento, per fortuna la casa è grande abbastanza».
Si è operato alle anche ma non abbassa i ritmi.
«Non sono il tipo da stare solo a casa. I clienti dell’hotel li porto in giro con le ciaspole (racchette da neve, ndr )».
Scia ancora?
«Mi piace farlo, a Trafoi e Solda. Ma vado più lento di allora, eh».