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 2024  gennaio 28 Domenica calendario

Storia di Elizabeth Jean, che ha sconfitto Trump


«Ho incontrato il mio primo ragazzo ricco in una tenda, in campeggio con la famiglia quando avevo cinque anni. Ho incontrato il mio ultimo ragazzo ricco in un camerino di Bergdorf quando avevo cinquantadue anni. Il mio primo ragazzo ricco mi abbassò le mutandine. Il mio ultimo ragazzo ricco mi abbassò i collant».
La prima donna che ha convinto una giuria – per due volte – a condannare un presidente americano per stupro è una giornalista e scrittrice di talento, titolare per oltre un ventennio d’una rubrica molto seguita su Elle, che dagli anni ’80 raccontava vicende in stile «Sex and the City» molto prima del libro e del telefilm, trovando anche il tempo di scrivere una serissima biografia di un grande maudit della letteratura americana del dopoguerra.
Ottant’anni appena compiuti, Elizabeth Jean Carroll è una (ex) ragazza di buona famiglia repubblicana del Midwest che le insegna la dote della grinta: dall’Indiana (era cheerleader della squadra di football dell’università e vinse vari concorsi di bellezza) arriva a New York – con il secondo marito, mezzobusto della Abc – per fare la giornalista. Il suo sogno si avvera, Carroll scrive sulle riviste e mette a punto un tono di voce riconoscibile, ironico e elegante, inventa servizi divertenti (va a pescare con la newyorchesissima scrittrice Fran Lebowitz odiatrice della campagna) e viene invitata alle feste esclusive di Manhattan.
Ama le mille luci di New York ma come in tutte le fiabe ci sono anche i mostri, più o meno cattivi, più di frequente maschi. E è per questo che quando E. Jean Carroll nel 2019 pubblica un libro dal titolo swiftiano, «What Do We Need Men For?: A Modest Proposal» («A cosa servono gli uomini? Una modesta proposta») nella serie di ritratti di «uomini schifosi» che presenta con la solita verve ce n’è uno in particolare che crea un rumoroso caso politico. Carroll accusa – dalla copertina del New York Magazine per lanciare il libro – un famoso palazzinaro newyorchese di averla violentata nel camerino d’un grande magazzino di lusso più di vent’anni prima, ma il problema è che il palazzinaro nel frattempo è diventato presidente degli Stati Uniti ed è in quel momento in carica.
I verdetti
Gli 83 milioni ottenuti seguono i 5 già stabiliti nella prima causa per diffamazione e stupro
Come è sua abitudine, Trump risponde alle accuse con gli insulti, «una pazza», «mai vista in vita mia» (ma spunta una foto), «non è il mio tipo» (ma all’epoca dell’aggressione in camerino lei è somigliantissima all’allora moglie di Trump, Marla Maples). Carroll fa causa per diffamazione e stupro e vince la prima volta (5 milioni di dollari di risarcimento), lui continua a insultarla come è sua abitudine e lei fa causa un’altra volta e vince ancora, l’altro giorno (83,3 milioni di dollari che anche per un miliardario come l’ex presidente sono una cifra considerevole). Non può esserci un processo penale perché l’aggressione (tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996) è caduta in prescrizione ma se nei processi penali americani l’onere della prova è pesantissimo (una giuria deve accertare all’unanimità la colpevolezza «oltre ogni ragionevole dubbio») in una causa civile è più praticabile, «probabilità superiore al cinquanta per cento».
Nel suo libro, con pragmatica mancanza di autocommiserazione che fa davvero molto Midwest americano, spiega intervistando sé stessa: «Hai sofferto di depressione, ansia, sindrome da trauma da stupro? Molto poco. È stato un evento importante e terribile, ero abbastanza sconvolta subito dopo, sì, ma non ho ceduto. Sono sempre stata dotata di resilienza, e soffro solo quando penso a quali orrori insopportabili altre donne potrebbero aver subito a causa sua. Ho continuato anche a fare acquisti da Bergdorf».
Ora non scrive più su Elle, è passata a The Atlantic e ha un suo sito (https://ejeancarroll.substack.com/) nel quale ieri ha postato l’articolo del New York Times sul verdetto sotto un titolo a caratteri lampeggianti, «GIOIA» tutto maiuscolo, e un paragrafo intero di ringraziamenti a avvocati e amici, «e ora cerco di finire la cena che ho rimandato indietro un’ora fa perché ero troppo agitata per mangiare».