Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  gennaio 28 Domenica calendario

«Biden-Xi , telefonata in primavera»

I cinesi parlano di consolidamento della «Visione di San Francisco», ricordando l’incontro positivo tra Xi Jinping e Joe Biden dello scorso novembre, che ha riaperto il dialogo tra le due superpotenze giunte quasi ai ferri corti. Gli americani dicono che le diplomazie stanno lavorando per organizzare un nuovo vertice tra i presidenti (al telefono questa volta) in primavera.
È andato abbastanza bene l’incontro nel campo neutro di Bangkok tra il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. I due si conoscono bene, sono stati proprio loro l’anno scorso a preparare il disgelo dopo l’incidente del pallone-spia cinese scoperto a febbraio sui cieli americani: si incontrarono in segreto a Vienna e poi a Malta e tracciarono un percorso di riavvicinamento.
I colloqui di Bangkok sono durati una dozzina di ore tra venerdì e ieri. «Franchi, di sostanza e costruttivi», dicono le due parti. Tradotto dal linguaggio diplomatico, significa che sono stati rimessi sul tavolo i molti dossier che li dividono e la «franchezza» rivela che i contrasti restano.
Wang Yi ha battuto sulla «questione taiwanese», ripetendo per l’ennesima volta che «è la più grande minaccia per le relazioni tra America e Cina». A Taiwan è stato eletto presidente William Lai, che per il Partito comunista è un «indipendentista distruttore della pace». Lai risponde che l’isola è sovrana di fatto e padrona del proprio destino. Subito dopo il voto taiwanese Biden ha rassicurato Xi affermando che gli Stati Uniti «non sostengono l’indipendenza», vogliono mantenere lo status quo, che però implica la difesa di Taipei. Wang ha ribadito che l’obiettivo della riunificazione è ineludibile. Però, almeno, ieri non ha minacciato l’uso della forza.
Xi non sembra avere fretta di fare una mossa incendiaria nello Stretto: tutto sommato anche i 30 aerei e le 6 navi spediti intorno all’isola tra venerdì e sabato, proprio mentre Wang e Sullivan discutevano, sono ormai una routine.
La richiesta più immediata da parte americana è che la Cina usi la propria influenza sull’Iran per far cessare gli attacchi degli Houthi yemeniti contro le navi portacontainer nel Mar Rosso. I cinesi sostengono di aver «sollevato il caso» con Teheran. «Noi guardiamo ai fatti e gli attacchi continuano», ha detto un funzionario al seguito di Sullivan.
Il risultato migliore dei colloqui di Bangkok è la decisione di tenere aperto il dialogo, preparando la telefonata Biden-Xi. Se si ricorda che l’anno scorso il pallone-spia cinese stava per esplodere, il clima è migliorato.