Corriere della Sera, 28 gennaio 2024
L’egemonia culturale non è più di sinistra
Un fantasma, un’ossessione, una fola: l’egemonia culturale della sinistra. Morta e sepolta da almeno trent’anni, vive ormai solo in qualche anfratto di RaiRadio3, nelle congreghe degli scrittori che si recensiscono tra di loro, negli orfani della rivista «Il Politecnico». Forse negli anni ’60 la politica culturale del Pci si riverberava su alcune case editrici, sulle redazioni delle pagine culturali, sul cinema d’impegno. Si badava alla cultura convinti di essere dalla «parte giusta».
Il concetto di «egemonia culturale» è diventato ora una sorta di incubo e di rivendicazione delle destre salite al potere che, intanto, hanno fatto coincidere la nuova egemonia con una legittimata occupazione dei posti offerti dallo spoils system.
Incubo
Ma resta ancora un incubo delle destre salite al potere
Ma l’egemonia culturale della sinistra è già da tempo defunta, caduta sotto i colpi dell’industria culturale (le amene polaroid dei Vanzina, i cinepanettoni, i bestseller di consumo, il pop, la Milano da bere), scossa dall’impatto con il berlusconismo amplificato con perizia nelle tv (Rai compresa), dal declino delle élite e dall’idolatria del consumo e dell’individualismo.
Alla catastrofe della sinistra, Edmondo Berselli aveva già dedicato un libro nel 2008, «Sinistrati». Amen. Invece, la storia dell’egemonia culturale si ripete sempre due volte: la prima come farsa, la seconda come tragedia.