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 2024  gennaio 27 Sabato calendario

Le chance del democratico dean Philips

Tra le domande che ricevo più spesso sull’America, “ma come fate a eleggere Biden, e prima di lui, Trump?” è sicuramente la più frequente. Ce lo chiediamo pure noi, come chi s’è appena mangiato una teglia intera di lasagne e si pente del fattaccio, sapendo che prima o poi la paga.

Entrambe le campagne, di Trump contro Clinton, e quella recente di Biden, hanno estremizzato la scelta: o con me o rovini l’America, se voti lui sei spregevole ("despicable” ci disse Hillary), o eleggi me o finisci nella terza guerra mondiale. Anche nelle presidenziali, quando si deve scegliere tra candidati dello stesso partito, i toni sono troppo accesi: la Casa Bianca non è un ospizio per vecchi mentecatti, se aiuti quel candidato sprechi soldi e distruggi la nostra democrazia, e via dicendo.

Noi elettori, pecore al pascolo, ruminiamo: un deragliamento al giorno, 145 milioni di persone a razionare l’acqua causa tubature gelate, 150 milioni che rischiano di perdere accesso alla medicina preventiva, 3 milioni e passa di immigrati illegali a spasso per il paese, miliardi di nostri contributi che finiscono in missili in altri paesi, borsa e CEO che fan faville mentre milioni fan la fame per strada, stipendi cresciuti meno del carovita. Con metafora meteorologa, pare che ci piova in testa, e non sia acqua distillata.
Ciondoliamo a destra e sinistra, alla ricerca del meno peggio da mettere alla nostra guida. E la domanda di fondo ci gira lo stomaco: ma veramente, ma ancora questi due vecchi ci dobbiamo ritrovare in lizza? Purtroppo, in entrambe i casi le lobby sono attaccate come cozze alle organizzazioni dei due partiti, per assicurarsi leggi favorevoli, contratti esclusivi, cartelli e monopoli. In passato il partito Democratico non s’è nemmeno scusato per aver truffato il confronto tra Sanders e Clinton: dissero che non era reato, che lei era migliore e sarebbe diventa la prima Presidente donna. Chissà quali altri coltelli si tirano dietro le quinte oggi.
Il 65% degli americani vorrebbe mettere un limite d’età per essere eletti Presidente: la maggior parte fisserebbe il limite a 70 anni, il 19% rimanente a 75. Trump e Biden sarebbero destinati a spiaggia con ombrellone e canna da pesca se passasse la proposta. Tenendo conto che in America andiamo in pensione a 65 anni e ne campiamo ancora 20, e che l’età media cui sono stati eletti i presidenti precedenti è di 55, ci piacerebbe far largo ai giovani quest’anno.
Tra i Repubblicani ce ne sono quattro tra i 38 e 56 anni, e solo Haley (51) punta davvero alla presidenza: ha bisogno di un colpo di fortuna, o di giudice, per eliminare l’ex-Presidente, chissà. Anche nel campo Dem un solo concorrente, Dean Philips (54), e poche chances: il partito ha deciso di non organizzare dibattiti e sta facendo terra bruciata attorno a lui, come fece prima per Robert Kennedy Jnr. (69), che è dovuto passare a candidato indipendente per evitare l’ostracismo.
La speranza per Philips sta nella Silicon Valley e nella finanza, dove CEO con la felpa e banchieri d’assalto han capito che Biden non ce la può fare, e non possono permettersi un Repubblicano a rompergli i monopoli. Sam Altman (CEO miliardario di OpenAI) e Bill Ackman (il finanziere pluri-miliardario che ha fatto saltare le rettrici di Harvard e Penn State) sono dalla sua parte, e muoveranno mari e monti.
Ruminiamo e ricordiamo che nel 1796 George Washington decise di ritirarsi, lasciando il campo ai giovani, con un discorso che oggi risuona calzante a pennello. Ci disse di evitare i problemi dei partiti politici, di rimanere neutrali nelle guerre straniere, di lasciare da parte l’estremismo e preferire la moderazione. E poi la parte più importante, che devo scrivervi per intero: “if freedom of speech is taken away, then dumb and silent we may be led, like sheep to the slaughterhouse” (se la libertà d’espressione viene tolta, allora saremo condotti, stupidi e silenziosi, come pecore al macello).
Ripartiamo da Washington: largo ai giovani, abbasso le pecore!