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 2024  gennaio 26 Venerdì calendario

Intervista a Bruno Bozzetto

(Corriere della Sera, 26 gennaio 2024)
 
 
di STEFANO LORENZETTO
 
In un mondo di sorci (Topolino), paperi (Paperino e Paperone), cani (Pluto), scoiattoli (Cip e Ciop), gatti (Silvestro), canarini (Titti), orsi (Yoghi e Bubu), coyote (Willy), l’animalista Bruno Bozzetto ha sfondato grazie a un uomo: il Signor Rossi. Pare che in Italia siano 125.000 i capifamiglia con questo cognome (77.814 secondo i meno ottimisti), per lo più concentrati in Lombardia (15.436), dove l’autore di West and soda, Vip mio fratello superuomo e Allegro non troppo è nato (a Milano) e abita (a Bergamo). Eppure per i suoi film d’animazione poteva ispirarsi al panorama domestico, visto che vive con una pecora.
Come si chiama l’ospite?
«Beeelen. La trovo più bella di Belén Rodríguez».
Da quanto tempo ce l’ha?
«Dal 2013. Pare che campi 30 anni. Mi sopravviverà. Era un agnello quando alcuni pastori transumanti la dimenticarono qui fuori alle 3 di notte. Belava, aveva ancora il cordone ombelicale attaccato. L’ho allevata con il biberon. Ora peserà sui 100 chili. È così grossa che dalla cucina esce solo in retromarcia».
Non sporca il pavimento?
«Le mie figlie hanno scoperto un trucco: le grattano la pancia e lei si scarica nel prato. Dopodiché apre cancelli, lucchetti, maniglie ed entra».
L’afrore non vi disturba?
«Profumi, dopobarba e creme solari sono peggio».
Tiene in casa uno zoo.
«Beeelen si crede un cane, insegue il gatto Tigro. Shila e Lola sono due bastardine. La prima me l’ha regalata un amico che ha vissuto per anni fra i pellerossa, dice che il nome significa Aquila. Ho avuto oche, furetti, gracule».
Convertito da una pecora.
«Ho capito che il buco nero del nostro tempo sono gli  80 miliardi di animali uccisi ogni anno nel mondo per l’alimentazione umana».
In 12 anni la macellazione è calata: 60 per cento in meno i cavalli, 50 gli agnelli, 40 i vitelli, 34 i conigli, 23 i bovini, 16 i maiali. Dati dell’Istat.
«Fossi un africano affamato, li mangerei. Ma qui si fa strage per il nostro piacere».
Ai signori Rossi che lavorano nella filiera non ci pensa?
«Troveranno altri mestieri, come capitò agli schiavisti».
Guardi che i gatti americani uccidono 2 miliardi di uccelli ogni anno.
«Tigro non va al supermercato. Pensi al terrore dei maiali trasformati in prosciutti. Sono più intelligenti dei cani, sa? In 15 giorni imparano a genuflettersi e a portarti gli oggetti, mi dicono gli amici che li tengono in casa».
Con «Cavallette» nel 1991 fu candidato al premio Oscar.
«Un film contro la guerra, la cosa più stupida al mondo. L’uomo esiste da 3 milioni di anni, i ragni da 300 milioni e ci saranno ancora dopo di noi. L’Ue le ha sdoganate, ma io non mangio le cavallette».
Il 3 marzo compirà 86 anni.
«Il Signor Rossi ne fa 64».
Come nacque?
«Per caso. Finito il disegno mi resi conto che era il sosia di Nino Zucchelli, giornalista e critico che a Bergamo dirigeva il gran premio Film d’arte e sull’arte. Piccolo, pelato, con i baffetti. Aveva bocciato un mio cortometraggio, La storia delle invenzioni».
Quindi fu una ritorsione?
«Ma no, era un lavoro mediocre. Solo che Zucchelli ne ammise uno ben peggiore, di un brasiliano, una vera schifezza variopinta. Per cui disegnai la storia di un omino che lavora come un pazzo e si vede respingere il film al festival. Allora lo calpesta, lo riempie di colori, lo perfora, lo ripresenta e vince. Lo intitolai Un Oscar per il Signor Rossi».
Poi girò opere di successo.
«All’estero. In Italia né il cinema né la tv mi volevano. Non guadagnavo una lira».
Come faceva a mantenere moglie e quattro figli?
«Lavorando per Carosello con lo Studio Bozzetto».
Lavatrici Candy e Castor, Zucchi, Plasmon, Saclà, Radiomarelli, Saila, caldaie Riello. «West and soda» prese il titolo dal Cinzano Soda?
«No, era solo un cocktail di film western con spruzzata di seltz finale. Un’idea del 1962. L’anno dopo Sergio Leone girò Per un pugno di dollari».
Oggi Cattivissimo chi è?
«Sono tanti. Quello che mi fa più paura è Kim Jong-un».
«Vip mio fratello superuomo» sbertucciava Superman.
«Riempii tre pagine di titoli. Il primo era Il vipistrello».
I vip sono vampiri?
«Sono importanti? Solo per il fatto di essere ricchi? Io mi considero un nip, not important person, come tutti».
Che tipo è il Signor Rossi?
«L’italiano medio. Si butta con entusiasmo nelle imprese senza alcuna preparazione. Ne misi in luce i difetti in Europe vs Italy. Fui massacrato. Lettere d’insulti: “Moralista!”. “Va’ a vivere in Russia!”».
Ama l’Italia?
«Sì, molto. È il Paese più bello del mondo, soprattutto quando ci torni. Ma, se fossi un giovane, emigrerei. Qui la burocrazia ti stronca».
Si formò su «Topolino».
«Allora non c’era altro».
Perché oggi i bimbi crescono con i manga giapponesi?
«I cartoon nipponici a Rai e Mediaset costano meno. Ma Hayao Miyazaki è un genio».
Il miglior fumettista?
«Zerocalcare. Avrei detto il mio amico Georges Wolinski, se i terroristi islamici non lo avessero ucciso nell’attacco alla sede di Charlie Hebdo».
Lei ha disegnato anche per «Quark» di Piero Angela.
«Un uomo meraviglioso. Dieci anni di collaborazione e mai un diverbio. Capì che l’animazione fissa i concetti, crea dal nulla, non si rifà all’esistente come le parole».
Illustrò il suo libro «Perché dobbiamo fare più figli».
«Aveva visto giusto. La denatalità è il problema dei problemi. Con Angela feci un cortometraggio per dimostrare che, senza nascite, non ci pagheranno più le pensioni».
Non fu un tradimento girare «Sotto il ristorante cinese» con Amanda Sandrelli, Nancy Brilli e Giuseppe Cederna, attori in carne e ossa?
«Ma io da ragazzo cominciai con i film dal vero. Riprendevo il figlio del portinaio e gli amici di scuola con una cinepresa Nizo 8 millimetri. Solo che non so fare il regista».
Questa è bella.
«È così. Al regista vengono chieste soluzioni immediate. Io invece sono un plantigrado. Devo dormirci su. Do il meglio nel montaggio».
«Ha realizzato alcuni dei film più divertenti che abbia mai visto», dice di lei John Lasseter, boss della Pixar.
«Lo considero l’erede di Walt Disney, suo figlio si è laureato con una tesi sul mio Allegro non troppo. Mi invitò negli studios a Los Angeles. Ci andai. Però non mi offrì un lavoro, segno che non mi riteneva poi così bravo».
Le piace Milo Manara?
«Tantissimo, lo ammiro. Potrebbe disegnare di tutto. Dando la predominanza alle donne e al sesso, ha moltiplicato per 100 il successo».
Può cimentarsi anche lei.
«Nel fumetto erotico? Non ne sarei capace».
Il suo collega Jacovitti esordì sul «Vittorioso» dell’Azione cattolica e chiuse la carriera su «Playmen» con il Kamasultra e l’Erotic’Oca, un gioco dell’oca boccaccesco.
«Sì, ma non funzionavano. Non si può coniugare l’umorismo con l’erotismo».
Il verbo pare appropriato.
«Erano pecorecci, ecco».
Che cosa la fa ridere di più?
«La spontaneità. Il gatto che osserva un vaso e poi con una zampata lo butta per terra».