il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2024
Fenomenologia del fosforo
Qualcosa di prezioso e insostituibile, l’artefice occulto del benessere e del boom demografico. Peccato solo per quelle sue controindicazioni sulfuree. È vitale e letale insieme, e sta sparendo: esce oggi in Italia (Aboca) L’elemento del diavolo. Il fosforo e l’equilibrio precario del ciclo della vita, scritto dal giornalista americano Dan Egan, due volte finalista al Pulitzer. Il New Yorker l’ha definito “il miglior libro del 2023”.Non occorre particolare fosforo in zucca per capire che questo lavoro è degno della migliore saggistica scientifico-ambientale, che toglie il velo a una delle questioni cardinali della nostra epoca. La storia e il presente pericolante dell’elemento numero 15 della tavola periodica. Egan professa subito il suo amore per un’entità che non ha mai goduto di grande pubblicità. “Il fosforo aiuta a trasformare ciò che mangiamo nell’energia chimica che muove i nostri muscoli. Le nostre ossa e i nostri denti sono fatti di fosforo. Inoltre, il fosforo è nel nostro Dna. Anzi, è il nostro Dna. Dal mais che coltiviamo agli animali che lo mangiano, alle persone che mangiano quegli animali, è fondamentale in ciascuna fase della catena alimentare. Senza fosforo non c’è vita sulla Terra”.
A scoprirlo (per caso) fu, verso la fine del 1600, Hennig Brandt, un alchimista intento a cuocere la sua urina alla ricerca della pietra filosofale. Ne vennero fuori prodigiose pepite bianche e cerose, dal “bagliore ammaliante”. Brandt battezzò la sua invenzione “fosforo”, “dalla parola greca che designa il pianeta Venere, phosphoros, portatore di luce”. Di lì a breve la gente iniziò a ritenerlo un simbolo di Lucifero, non solo perché era stato il tredicesimo elemento a essere scoperto. La cattiva fama dilagò pure a causa della sua tossicità (è tra i principi attivi del veleno per topi, ad esempio) e, più tardi, della sua esplosività (le micidiali bombe al fosforo). Sulle prime, tuttavia “il fosforo rimase poco più di una curiosità sfruttata per ammaliare i re e le loro corti”. Gli scienziati passarono invece direttamente alla cassa, “vendendolo come medicina. Lo si spacciava per un elisir in grado di innescare l’erezione nelle persone impotenti e sollevare lo spirito dei depressi”. Trascorse un secolo prima che si cominciasse a decifrare la sua qualità principale, “ciò che accade quando i terreni coltivati ne sono privi: niente”. La Rivoluzione industriale era un treno in corsa. Montò la febbre dell’estrazione del fosforo. A un certo punto ci si rese conto che il letame animale e le nostre ossa polverizzate (che scorta, dopo la battaglia di Waterloo!) non bastavano più. Meno male che l’inglese John Lawes aveva lanciato sul mercato nel 1842 il “superfosfato”, prototipo di tutti i fertilizzanti chimici, mentre in Germania Justus von Liebig si consegnava all’eternità con la sua “legge del minimo”. Che teorizzava: “all’aumento pressoché illimitato della disponibilità di azoto deve corrispondere quello delle forniture di fosforo”. In pratica, la predizione di quanto sarebbe avvenuto “tra il 1950 e il 2000, grazie a un’estrazione mineraria che ha consentito alla produzione di fertilizzanti di aumentare di sei volte”.
L’agricoltura è diventata così molto più produttiva, la produzione alimentare è lievitata a ritmi forsennati e con essa la popolazione umana: se nel 1900 eravamo 1,6 miliardi e oggi oltre 7 miliardi, lo dobbiamo al fosforo. La maggior parte è stata estratta negli Stati Uniti, dalle miniere di roccia sedimentaria della Florida. Ma ora che i depositi della Bone Valley sono in via di esaurimento vacilla, anche per questo, la leadership americana. Egan prospetta uno scenario di forte instabilità geopolitica correlata: “Circa il 70-80% delle rimanenti riserve di fosforo del mondo sono situate in Marocco e nel Sahara Occidentale, che il Marocco occupa dagli anni 70”.
L’autore si sofferma poi sugli scenografici effetti collaterali generati dall’elemento del diavolo: dalla proliferazione delle alghe mortifere nei fiumi e nei laghi alle gigantesche masse di bolle che invasero le strade a stelle e strisce negli anni 60. Roba da sigla di Blob. Capitò persino che quella schiuma inquietante tornasse “a gorgogliare nelle case che l’avevano prodotta”. Riaffiorava dai rubinetti, dopo avere usato l’amato detersivo pieno di fosfato. Fosforo, un bel fardello faustiano. Un fatto è sicuro: il fosforo non è infinito. Anzi, il suo picco è vicino. Dovremmo smettere immediatamente di sprecarlo. Come daremmo da mangiare a un globo sempre più popoloso? “La vita può moltiplicarsi fino a quando non c’è più fosforo” disse Isaac Asimov. E no, non era fantascienza.