9 dicembre 2023
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Biografia di Kenneth Branagh (Sir Kenneth Charles B.)
Kenneth Branagh (Sir Kenneth Charles B.), nato a Belfast (Irlanda del Nord, Regno Unito) il 10 dicembre 1960 (63 anni). Attore. Regista. Sceneggiatore. Produttore. «Uno dei cineasti più influenti della sua generazione». «Ultimo paladino della tradizione letteraria britannica». «Degno erede di sir Laurence Olivier» • «Il suo aspetto, i suoi atteggiamenti, trasudano classicismo: indossa un impeccabile completo blu chiaro, sorseggia tè, si esprime con una gentilezza e una ricercatezza rare. Solo l’ironia molto british, che trapela a tratti dai suoi occhi chiari, stempera l’aura di serietà che lo accompagna» (Claudia Morgoglione) • Solida formazione teatrale. Gavetta fatta di teatro, sceneggiati e telefilm. Esordì al cinema con una piccola apparizione in Momenti di gloria (Hugh Hudson, 1981). Impostosi sulla scena internazionale con trasposizioni cinematografiche delle opere del Bardo, da lui dirette e interpretate: Enrico V (1989), Molto rumore per nulla (1993), Hamlet (1996), Pene d’amor perdute (2000), As You Like It - Come vi piace (2006). Visto in Riccardo III (Al Pacino, 1996), Celbrity (Woody Allen, 1998), Harry Potter e la camera dei segreti (Chris Columbus, 2002), Operazione Valchiria (Bryan Singer, 2008), I Love Radio Rock (Richard Curtis, 2009). È comparso in tre film di Christopher Nolan: Dunkirk (2017), Tenet (2020) e Oppenheimer (2023). Come regista, ha anche firmato, tra le altre cose, Frankenstein di Mary Shelley (1994), Thor (2011), Cenerentola (2015) e l’autobiografico Belfast (2021). Grande successo per aver riportato sullo schermo, come attore, regista e sceneggiatore, il detective Hercule Poirot: Assassinio sull’Orient Express (2017), Assassinio sul Nilo (2022) e Assassinio a Venezia (2023) • «Adottando uno stile popolare e contemporaneamente sofisticato, ha elaborato un linguaggio filmico complesso e di solido spessore culturale, sorretto da un’attenzione alla spettacolarità e all’impatto sul pubblico assai vicina ai canoni hollywoodiani» (Luigi Guarnieri, Treccani) • È stato candidato otto volte agli Oscar (in sette diverse categorie, vinse quello per la miglior sceneggiatura con Belfast). Ha vinto poi cinque premi Bafta, due premi Emmy, un Golden Globe e tre European Film Awards • Lo hanno paragonato così tante volte a Olivier che è come se il suo fantasma lo inseguisse. Nel film Marilyn (Simon Curtis 2011) lo ha addirittura interpretato: per calarsi nel ruolo, ogni giorno, ascoltava una vecchia registrazione in cui Olivier leggeva la Bibbia, «una voce lontana come se venisse dall’aldilà, solenne come quella di Dio» (Matteo Persivale) • Anche se ha passato la soglia dei sessanta, dice di identificarsi piuttosto con Peter Pan, il ragazzino che non vuole crescere. «Mi sento come se avessi ancora sette anni. Sono rimasto il bambino che sedeva nei banchi di scuola, avido di conoscere, di fare nuove esperienze. Eternamente giovane. Come uomo, e come artista, la cosa che mi interessa davvero è lo stupore».
Titoli di testa «Sarei disonesto a non riconoscere che una parte del mio carattere è fortemente romantica. Cito Don Chisciotte: “Chissà dove sta la follia. Forse nell’abbandonare i sogni. Oppure in troppa sanità mentale. O forse la cosa più folle di tutte è vedere il mondo così com’è, e non come potrebbe essere”» (Lorenzo Ormando).
Vita Nato e cresciuto a Belfast. Padre idraulico. Famiglia protestante. Ken è il secondo di tre figli • Lui, scherzando, dice che deve tutto al clima piovoso dell’Irlanda del Nord. «Nell’Irlanda del Nord piove molto, è sempre tutto grigio. Per questo in gioventù ho letto tanto: opere classiche, ma anche fumetti, la Bibbia, romanzi d’avventura» • Una vita tranquilla, nel quartiere di Tigers Bay. I pomeriggi al cinema. I giochi per la strada: uno spadino improvvisato, il coperchio di un bidone di latta per scudo. Tutto questo, fino al primo botto. «Era un’autobomba, come miccia uno straccio infilato nel serbatoio. Panico. Il coperchio di latta serve a mamma Branagh per proteggersi dai protestanti che vogliono scacciare i cattolici dal quartiere. L’inizio dei disordini» (Mariarosa Mancuso) • Nell’Irlanda del Nord comincia una guerra civile strisciante tra cattolici e protestanti. La famiglia Branagh decide che non può permettere che i figli crescano in quel clima. Passano il mare e si trasferiscono a Reading, Berkshire, in Inghilterra. È la fine degli anni Sessanta. Kenneth ha nove anni. «È stato un momento definitivo, importante, per la mia vita. È stato lì che ho smesso di essere certo di sapere chi ero e ho iniziato a indossare una serie di maschere» • Tanto per cominciare c’è il problema dell’accento: a scuola, per evitargli problemi di bullismo gli insegnano la perceived pronunciation, deve sforzarsi di parlare come un vero inglese. Poi, la passione per il teatro: «Essere o non essere Laurence Olivier, pensa il ragazzino […]. Olivier come una montagna inarrivabile, la vetta del talento e del portamento da rampollo dell’Inghilterra nobiliare, nipote di un barone governatore coloniale della Giamaica e poi segretario di Stato in India. Olivier con l’accento elegante — “Gli inglesi portano la loro classe sociale marchiata a fuoco sulla lingua”, diceva George Orwell — tutto il contrario di quello irlandese al 100% del giovane Kenneth, che temeva un futuro da aiutante di papà» (Persivale) • Sua grande passione: Shakespeare. «A 16 anni invece di andare a Londra come facevano tutti i miei coetanei, mi diressi a Stratford. Al Globe c’era una rappresentazione della Royal Shakespeare Company. Non potevo perdermela. Ci arrivai in autostop, un viaggio per me epico […] Mi segnò sia il tragitto che l’"incontro” con Shakespeare. Ne rimasi posseduto”» (Silvia Bizio). «Shakespeare, proprio come me, era ossessionato dal rapporto tra ciò che è reale e ciò che gli attori sperimentano sul palcoscenico. La genuinità delle loro emozioni in confronto alla verità delle cose» (Simona Siri). A diciotto anni «si presenta alla porta principale, la Royal Academy of Dramatic Art dove studiarono Alan Bates, John Gielgud, Vivien Leigh, Derek Jacobi, Peter O’Toole, John Hurt e tanti altri giganti. Con incoscienza che oggi definisce “la stupidità assoluta di chi non ha la minima idea di quel che sta facendo” si presenta all’audizione portando il monologo più famoso della storia del teatro (e della carriera del suo idolo Olivier): “To be or not to be…”. Alla fine del monologo di Amleto, dal buio della platea, dove c’è la commissione d’esame, sente una voce: “Ragazzo, non ho creduto a una sola parola di quel che dicevi”. Gioca la carta d’emergenza, Mick ne Il guardiano di Pinter. Non ricorda bene, improvvisa qua e là, ma l’audizione è passata. Diventa uno degli studenti più promettenti e appena diplomato, a vent’anni, è protagonista nel West End di Another Country: successone e premio di miglior debuttante della stagione. Ma per il ragazzo che sognava di essere Olivier non basta, e a 25 anni ha già la sua compagnia teatrale sull’esempio del giovane Orson Welles. La Renaissance Theatre Company costruita a sua immagine e somiglianza, classici e moderni con regie nuove, tournée avventurose senza sussidi pubblici ma con la benedizione del principe Carlo del quale diventa amico, spettacoli subito notati dai critici e ripresi dalla tv. Invita i grandi attori — Judi Dench, Derek Jacobi — a debuttare come registi e come regista, al cinema, debutta anche lui: Enrico V da uomo di teatro e di cinema totale, come Olivier. Ma se Olivier regala ai posteri un re eroico combattente per l’Inghilterra (è il 1944) Branagh scavalca il maestro e fa un passo in più. Il suo Enrico con l’immortale discorso “Noi, banda di fratelli...” porta le truppe a macellare diecimila francesi. E attraversa, in un indimenticabile piano sequenza di quattro minuti, il campo di battaglia coperto di cadaveri portando in braccio uno dei suoi morti mentre risuonano le note del Non nobis Domine. Enrico piange: la battaglia di Agincourt — fotografata da Olivier nella luce accecante del giorno, da Branagh nella nebbia di un’alba livida — raccontata per quello che fu: una carneficina. Con polemiche britanniche sull’Enrico V “revisionista” che trionfa agli Oscar e fa di Branagh una star globale, “il nuovo Olivier” il titolo più utilizzato, a 28 anni sulla vetta del mondo con la sua Emma Thompson a amplificare i confronti con la coppia Olivier-Leigh. E quando, pochi mesi dopo, Olivier muore all’età di 82 anni, il principe Carlo chiede all’amico Kenneth di presenziare alle esequie in sua vece ma la famiglia di Sir Laurence — un aneddoto che resterà segreto per un ventennio — si rifiuta: teme che Branagh rubi la scena al protagonista del funerale» (Persivale).
Amori Nella vita e sul set, gli piacciono le donne che abbiano forte personalità e un misto di intelligenza, capacità tecniche e senso dell’umorismo. «Quando lavoro con un’attrice, che sia o meno la mia compagna, l’approccio è lo stesso che avrei con un attore maschio». È stato sposato per sette anni con Emma Thompson (lei era all’apice della carriera e lui commentò «Per vedere mia moglie dovevo chiamare il suo agente»). Poi ha avuto una relazione con Helena Bonham Carter. Infine, il secondo matrimonio con la scenografa Lindsay Brunnock.
Politica Era anti-Brexit e pro-Europa.
Religione Dopo essersi sottoposto alle sessioni di ascolto della Bibbia letta da Laurence Olivier, disse di essere diventato più devoto.
Curiosità Abitudinario. Ascolta la stessa musica di quando aveva 15 anni, tutte le domeniche mangia l’arrosto con la sua famiglia • Segue il calcio. Tiene per il Tottenham (Inghilterra), il Linfield (Irlanda del Nord) e i Rangers (Scozia) • «Mi piace moltissimo viaggiare in treno, dormire in treno, per quanto a volte un po’ scomodo, guardare fuori dal finestrino» • Quando era giovane scrisse un’autobiografia dal titolo Beginning (1989) • «Sono molto orgoglioso perché quando i giovani mi fermano per strada non citano solo Harry Potter, ma anche l’Enrico V» • Dice di sentirsi pienamente irlandese. «Non credo si possa tirare Belfast fuori da un ragazzo» • Di Poirot ama la rigorosa posizione morale. «Per lui c’è il giusto e lo sbagliato, e in mezzo niente» • «Credo nel potere della parola scritta. Resta il modo migliore per stimolare l’immaginazione. Per farle prendere il volo» • «L’emozione erotica che può dare un film è sempre in quello che non ti fa vedere» • Cosa pensa delle “teorie della cospirazione” intorno a Shakespeare? Che fosse solo un prestanome e così via? «Non ci credo. Son tutte cretinate».
Titoli di coda Guai a chiedergli qualcosa, sui suoi programmi futuri: «Con la mia superstizione irlandese, so che niente è sicuro a questo mondo. Dare qualsiasi cosa per scontata è la peggiore forma di auto-fregatura» (Morgoglione).