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 2023  dicembre 11 Lunedì calendario

Biografia di Zerocalcare (Michele Rech)

Zerocalcare (Michele Rech), nato ad Arezzo il 12 dicembre 1983 (40 anni). Fumettista • Ha scelto il soprannome ascoltando uno spot di un detersivo.
Titoli di testa «Ho l’ossessione di essere frainteso. A volte mi sono ritrovato a diventare portabandiera di cose che mi facevano orrore. Da allora penso che se ti prendi la responsabilità di dire qualcosa riguardo al mondo che ti sta intorno lo devi dire in modo chiaro».
Vita «Ha gli occhi limpidi di un bambino e la timidezza scontrosa di un adolescente» [Stefania Rossini, Esp] • Di madre francese, trascorre buona parte della sua infanzia in Francia. Quando i genitori si separano la mamma decide di vivere a Rebibbia, vicino a casa del padre • «Mia madre è francese, ha una storia complicata. I suoi documenti indicano che è nata a Parigi, ma la sua famiglia è del sud. Mia nonna, orfana, è cresciuta in una famiglia di nobili russi in esilio a Nizza. Fu data in moglie ad un nobile inglese, che in realtà era un truffatore italiano con diversi pseudonimi. Mia madre è nata in questo contesto» [Margherita Nasi, Le Monde] • La madre lo iscrive allo Chateaubriand: «Ci sono andato perché sono di nazionalità francese, come mia madre, e quindi senza pagare niente. E mi sono sempre tenuto alla larga dagli studenti italiani che vengono messi lì da famiglie un po’ stronze, solo perché fa chic» [Rossini, cit.] • «Sto bene a Rebibbia, non c’è niente di interessante, mi sembra perfetto». Qui nel suo quartiere, fra il 2 e il 3 dicembre 2014, ha realizzato un murale di 40 metri quadrati nei pressi dell’uscita della metropolitana • «Quando ero ragazzino leggevo di tutto, fumetti Disney, Cattivik, manga, l’ispirazione per il tratto me l’hanno data però Tank Girl di Jamie Howlett (disegnatore dei Gorillaz – ndr), La mia vita disegnata male di Gipi e Lo scontro quotidiano di Manu Larcenet per le storie di vita quotidiana e minimale» [Andrea Rinaldi, Esp] • A 16 anni inizia a frequentare i centri sociali. Non beve, non fuma, niente droga né sesso occasionale. «Faccio parte di quella branca dei punk, gli straight edge, che non assume sostanze che creano dipendenza. Su questo siamo dei veri combattenti». «È l’unica cosa che mi ha permesso di frequentare un ambiente punk senza distruggermi» [Nasi, cit.] • «No alcol, No droghe, No Tav, No War e No logo (ma Netflix e Nike sì)» [Luigi Mascheroni, Giornale] • «Poi a 17 anni ho sentito che c’era un accanimento nei confronti di chi era stato a Genova, così mi è venuta la spinta a fare un fumetto che raccontasse la mia esperienza al G8. È nata La nostra storia alla sbarra, che fu venduto per raccogliere fondi per aiutare l’iter processuale di 25 persone accusate di devastazione e saccheggi» [Rinaldi, cit.] • A 18 anni si iscrive all’università, ma non ci va mai. «Ci sono andato, ma solo per tre mesi. Mi sono iscritto a Roma Tre, alla facoltà di lingue – francese e inglese – e per me doveva essere facile. Tuttavia, non ho superato il primo esame. Era un esame di linguistica, me lo ricordo ancora, verteva su fonemi e morfemi. Mi sono depresso, così ho deciso di non andare più all’università. Prendevo la metropolitana la mattina e passavo lì tutta la giornata. Non scendevo mai, aspettavo che la metro andasse nella direzione opposta, e così via. Leggevo e quando la metro si svuotava facevo i tag. Questa routine durò diversi mesi. Non osavo parlarne con mia madre» [Nasi, cit.] • Lavora per un anno all’aeroporto di Fiumicino come controllore delle file. In un call center, in uno studio di animazione, dà ripetizioni di francese, traduce documentari di caccia e pesca: «Odiavo tutto quello che facevo. Ma mi permetteva di essere indipendente finanziariamente» [Nasi, cit.] • «Con mia madre la situazione era diventata opprimente: i vicini hanno dovuto chiamare più volte la polizia perché litigavamo. A 23 anni sono andato a vivere da solo, sempre a Rebibbia. Mangiavo solo pasta e plum cake. Dopo mesi avevo un dolore terribile alla lingua. Il medico mi disse di aver visto casi simili solo in persone rilasciate dalle carceri in Afghanistan o nei marinai, dopo diversi mesi in mare senza mangiare nulla di fresco. Avevo lo scorbuto. Oggi la mia alimentazione non è cambiata molto, ma compro le verdure già cotte e le riscaldo al microonde. Vivo ancora da solo» [Nasi, cit.] • Comincia a disegnare locandine per concerti e copertine di dischi per il circuito dei centri sociali. Ha collaborato come illustratore con diversi giornali, ma si manteneva con traduzioni e ripetizioni di francese. «Vivevo un eterno senso di colpa perché non riuscivo ad ammettere che una passione potesse essere considerata un lavoro. E vivevo e continuo a vivere con senso di colpa il non poter riuscire a star dietro a tutte le richieste che vengono dalle persone a cui mi sento affine, dai miei amici più veri» [Luca Valtorta, Rep] • «Nasce realizzando fumetti all’interno del Forte Prenestino occupato di Roma, mentre la sua popolarità se l’è conquistata sul web» [Luca Raffaelli, Rep] • Nel 2011 non ha più una lira. «Con internet le traduzioni non funzionavano più. Mi restavano solo le ripetizioni. Stavo per tornare a vivere con mia madre quando, grazie ai fumetti, ho fatto i primi soldi» • L’ispirazione gli viene in ogni momento, «“dalla coda per la spesa a quella al semaforo, e le storie sono quelle che racconta a cena: vecchi compagni di scuola che rovinano i finali dei telefilm, il precariato che sta facendo naufragare due generazioni, la reperibilità perenne a cui ci costringono gli smartphone”. Tutto condito da citazioni erudite e personaggi che incarnano la coscienza, come nel caso dell’Armadillo del titolo, o altri stati d’animo. “Le serie tv mi accompagnano, per me Kenshiro è più reale di Obama e visto che sono l’unico personaggio delle mie storie, quelle emozioni che andrebbero raccontate con le didascalie diventano altri personaggi”» [Rinaldi, cit.] • Makkox gli suggerisce di aprire un blog che diventa un successo. Prima pubblicava ogni quindici giorni brevi racconti a sfondo autobiografico. Ora però ha «la percezione di aver saturato la gente. Se fossi nel mio pubblico potrei benissimo esclamare “Oh che palle ’sto Zerocalcare”, per cui sto cercando di fare le cose con il contagocce. Adesso “sono andato in Ramadan”, aggiorno meno il blog, non sto più accettando presentazioni, tranne l’ultima del Salone di Torino, non mi muovo più da Roma e la cosa mi ha riportato serenità, sarà poi che io vivo sempre con la sensazione che tutto è al crepuscolo» • Da quando nel 2011 pubblicò il suo primo albo a fumetti, La profezia dell’armadillo, ha conosciuto solo ristampe e successi, fino ai trionfi delle due serie animate scritte e dirette per Netflix Strappare lungo i bordi (2021) e Questo mondo non mi renderà cattivo (2022), anche se a noi rende invidiosi. Zero per i suoi fanzinari è un Unto della graphic novel: inimitabile, inarrivabile, intoccabile. Hanno fede in lui anima e corpo. Per dire: in rete gira un video di un’intervista dove una tipa gli chiede una cosa, lui risponde «io che cazzo ne so» e parte un’ovazione di sei minuti [Mascheroni, cit.] • Collaborazioni con Liberazione, Carta, XL di Repubblica, Smemoranda, Wired, Internazionale. Albi di fumetti pubblicati: La profezia dell’armadillo (Edizioni Graficart 2011) che ha venduto quasi 50 mila copie ed è arrivato alla sua nona ristampa, Un polpo alla gola (Bao Publishing 2012), arrivato a circa 40 mila copie come Ogni maledetto lunedì su due (Bao Publishing 2013), Dodici (Bao Publishing 2013), che è salito a 45 mila copie e all’uscita è entrato immediatamente nella top ten generale libri al settimo posto. Dimentica il mio nome (Bao Publishing 2014), tre edizioni e oltre 100 mila copie vendute, vincitore del premio libro dell’anno 2014 assegnato dagli ascoltatori della trasmissione radiofonica di Radio 3 Fahrenheit e finalista al premio Strega 2015. L’amico Valerio Mastandrea, dal suo primo libro La profezia dell’armadillo, ha deciso di fare un film. Nel maggio del 2015 ha pubblicato su Repubblica un racconto grafico di sei pagine intitolato La città del DecoroCome hai vissuto il tuo successo? «Male. Ancora una volta, mi stavo muovendo tra due mondi. Da un lato c’era tutto quello che mostravo al pubblico: i miei amici, che sono diventati personaggi che ritroviamo nelle mie storie, proprio come la mia coscienza, simboleggiata da un armadillo, l’unico animale che possiamo vedere gratuitamente allo zoo di Roma, un essere introverso che si chiude in sé stesso. Ma non mi riferivo più al mondo dei centri sociali, che è molto più politicizzato. Avevo paura che se il pubblico avesse scoperto quest’altro lato del mio universo, non gli sarei più piaciuto. Questa sensazione è durata fino al 2014 quando sono andato a Kobane» [Nasi, cit.] • Nel 2015 ha scritto e disegnato per Internazionale un reportage a fumetti, intitolato Kobane Calling, incentrato sul conflitto tra curdi e Stato islamico in corso lungo il confine turco-siriano: «Ma non ci sono mica andato per fare il grafic journalism! In quel momento la mia vita virava verso Kobane perché si era messa in moto una campagna di solidarietà. Così ho pensato di ambientarci una storia. Una volta lì, ho anche scoperto che è l’unico luogo, dopo il mio quartiere di Rebibbia, dove potrei vivere tranquillo. (…) Se i curdi riuscissero a realizzare pienamente quello che stanno mettendo in piedi a Kobane, non esiterei un attimo a stabilirmici. Lì c’è una rivoluzione che mette al centro la donna, la redistribuzione del reddito, l’ecologia. Non dovremmo soltanto aiutarli, ma copiarli! E poi a Kobane ho finalmente dormito otto ore di seguito, per terra, in un sacco a pelo, con il rumore ravvicinato delle bombe. Io, che sono un insonne cronico capace di stare sveglio tre notti di seguito, fino alle allucinazioni» [Rossini, cit.] • «Per i detrattori, pochi e tutti fasci («Dàgli ai naziiii!»), Zerocalcare, linee deboli e temi forti, è piuttosto un enigma, «Va bene, Rebibbia Quarantine era figa, ma le due serie Netflix sono decisamente noiose», l’ennesimo esempio di come la mediocrità al servizio del sistema venga osannata in quanto mediocre. “Se abbassi l’asticella il risultato è che uno come Zerocacare viene fatto passare per Miyazaki”. Alla faccia dell’Asse Roma-Berlino-Tokyo. Ma la sua capacità narrativa è indubbia. È bravissimo con un pugno di pennarelli Staedtler a raccontare una generazione che non sta bene nel mondo, che ha perso speranze, diritti, desideri e parole, sostituite da emoji e asterischi. Ma il titolo Giù le mani dal romanesco di Zerocalcare: lo dice Gadda era demenziale. E farne il maître à penser della nuova sinistra è un errore politico» [Mascheroni, cit.] • Battaglie politiche di Zerocalcare: contro il 41 bis e per Alfredo Cospito; per il mutualismo contro ogni individualismo; a favore dei diritti delle donne curde del Rojava e contro lo sgombero delle case occupate; per la panna gratis sul gelato (perché non stamo a Milano) e contro Alain De Benoist, “faro dai neonazisti europei”. Angeli custodi del chittesencula Zerocalcare: il Prof Christian Raimo. Capossela e Sabina Guzzanti. Makkox (Zero a Zoro). Lo studente che ha usato la schwa nel tema della Maturità. Vabbè, quelli che hanno comprato la t-shirt di Mattarella stile Metallica. Elly Schlein (che lo legge sempre). Repubblica che lo intervista ogni cinque-sei giorni. Le bimbe di Zerocalcare su Twitter: “Ce piace perché ce fa sape che la vita fa schifo”. E Valerio Mastandrea, simpaticissimo e politicamente attiguo a quella dimensione lì. Una volta si è anche preso la colpa per una scritta “antifa” sulle mura di San Lorenzo. Tout se tient» [Mascheroni, cit.] • Re dei firmacopie: «Ogni volta che Zero presenta un nuovo libro si creano schiere di fan pronti ad assalirlo. E la cosa bella, e tutt’altro che scontata, è che il nostro cerca sempre di accontentare tutti. E così ogni sessione di firme di Zerocalcare si trasforma in lunga maratona. Tra fan in fila dalle 6 del mattino e dediche che vanno avanti sino a notte fonda. Dediche che non si riducono certo a una firma veloce, perché Zerocalcare impreziosisce ogni singola copia con uno sketch personalizzato. O disegnetti come li chiama lui. Nel corso di questi 10 anni quello delle dediche è diventato un tormentone perché lettori e lettrici gli chiedono ogni volta i personaggi più assurdi: da parenti vivi o morti, a fanart dei personaggi più sconosciuti dell’immaginario pop. A condire l’andamento surreale delle sue dediche c’è anche il cibo. Sì, perché i suoi fan (consapevoli del suo mangiare poco e male) lo inondano di parmigiane, focacce, torte e piatti di pasta portati in dono per nutrire il proprio idolo. Alla faccia del gelato» [movieplayer] • Ha diffidato tutti i partiti politici dall’usare il suo personaggio e le sue storie per fare propaganda politica, come avevano fatto Sel a Roma e gli universitari del Pd • Due mostre a lui dedicate. Tra gli ultimi libri (tutti per Bao): Scheletri (2020), A babbo morto. Una storia di Natale (2020), Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia (2021), No Sleep Till Shengal (2022), Dopo il botto (2023), Zerocalcare Animation Art Book (2023) e Enciclopedia calcarea. Guida ragionata all’universo di Zerocalcare (2023) • «Trascorro la mia vita in movimento, firmando autografi e ospitando riunioni. Ho difficoltà a lavorare sui miei progetti, lo faccio in treno, negli aeroporti, nelle sale d’attesa. Torno a Roma una volta alla settimana, lavo i panni e vado dallo psicologo. Ho questi ritmi da otto anni e con Netflix sono peggiorati. Non ho un solo giorno libero, ma non posso dire di no, mi sento in colpa. Mi sento in colpa anche nei confronti dei miei amici. Sono intelligenti, sensibili, generosi e non hanno avuto la mia fortuna. Vorrei condividere il mio successo, ma non so come coinvolgerli. Forse riuscirei a rallentare se un giorno avessi un figlio. Ma ho quasi 40 anni e non vedo con chi potrei averne. Potrei sempre prendere un cane. Probabilmente gli darei il nome di un tossicodipendente dei centri sociali, come Blitz» [Nasi, cit.].
Curiosità «Tengo un documento word dove segno le cose buffe che mi accadono, quelle che potrebbero diventare spunto per un fumetto» [Luca Castelli, Sta] • Suo orario per disegnare: «In estate dalle 9 di mattina alle 9 di sera, piscio una volta, non pranzo e mangio 200 grammi di pasta all’una di notte» [Luca Pakarov, Rol] • Ha due tatuaggi: sull’avambraccio sinistro c’è scritto «This too shall pass»; sul destro, il famoso monito del fumettista Jack Kirby Comics will break your heart: «Ho tatuato queste parole quando cominciava ad andarmi bene e ho preso una serie di fregature» [Luca Pakarov, cit] • «Un punk pieno di tatuaggi (“Me sò fatto i tatuaggi per sembra’ meno sfigato”), “timido come una suora orsolina” e “sociopatico” (così si descrive), lettore onnivoro di Gipi e Boulet, divoratore di plum cake e nerd. E che in più gli schifano “il 90% degli autori che lavorano per Bonelli e Panini”» [Dagospia].
Titoli di coda «Insegna cose ai lettori senza mai dare lezioni. È magnifico» (Matteo Stefanelli).