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 2023  dicembre 13 Mercoledì calendario

Biografia di Jan Fabre

Jan Fabre, nato ad Anversa (Belgio) il 14 dicembre 1958 (64 anni). Artista visivo, coreografo e autore teatrale, è considerato una delle figure più innovative nel panorama dell’arte contemporanea. Le sue performances vengono giudicate provocatorie, irriverenti, trasgressive e impietose. Soprannominato in Francia «Le flamand terrible».
Titoli di testa «Il corpo è quella cosa in cui mi sveglio ogni mattina, è ciò che vedo e conosco di più. Il corpo contiene sangue, carne, acqua, linfa permanente. un laboratorio chimico, sensuale, sociale, politico, qualcosa dunque di molto interessante per un artista»
Vita «Muove i suoi primi passi a Seefhoek, quartiere popolare di Anversa in Belgio, grazie alla sua famiglia che, seppur non dotata di grandi risorse economiche, compensa però con quelle intellettuali. Lo stesso padre di Jan da giovane sognava di diventare un artista tanto da essersi iscritto, senza poterla completare, alla Reale Accademia di Belle Arti di Anversa. Nonostante i mezzi carenti, il padre lo accompagna per musei e gallerie per mostrargli i capolavori dei grandi maestri fiamminghi e, molto probabilmente, è proprio così che Fabre inizia ad appassionarsi alla storia dell’arte. Un importante ruolo nella sua formazione artistica lo ricopre anche la madre Helena che gli racconta le storie della Bibbia, gli legge Baudelaire e Rimbaud e gli fa conoscere grandi cantanti come la Piaf o Jacques Brel. Anni dopo sarà lo stesso Fabre ad ammettere come il padre gli abbia insegnato ad apprezzare la pittura e la madre la letteratura, sottolineando come il suo interesse per il disegno e la scrittura sia stato alimentato proprio da loro» [Elle Decor] • «Nel 1978, appena ventenne, Jan Fabre va a Bruges ad ammirare le opere del Groeningemuseum: qui lo colpisce il Giudizio di Cambise di Gerard David, opera dal forte impatto emotivo che presenta delle scene violentissime, e proprio quelle affascinano e segnano profondamente Fabre. L’artista inizia a indagare la potenzialità del corpo umano quale oggetto e strumento di indagine dell’arte. Da queste sue riflessioni elabora i lavori della serie My body, my blood, my landscape: Fabre utilizza il suo stesso sangue per disegnarne immagini e parole» [Elle, cit.] • Non solo sangue, ma anche sudore, urina, lacrime e sperma. «Fece il suo conturbante esordio italiano con Il potere della follia teatrale: dedicato alle secrezioni liquide del corpo umano, sangue, sudore, lacrime, lo spettacolo offre a due deliziose danzatrici in reggiseno e gonnellino l’occasione di urinare in palcoscenico e poi allegramente di danzare nella loro pipì col sottofondo musicale di Walk on by di Dionne Warwick» [Catalogo] • «Pensano che sia schifoso. Ma tutti gli esseri umani devono pisciare per vivere» • Nel 1979 tiene la sua prima mostra alla galleria Workshop 77 di Anversa, mentre gli anni Ottanta lo vedono occupato con i suoi primi spettacoli, tra cui This is theatre like it was to be expected and foreseen (Questo è teatro come ci si doveva aspettare e prevedere) che gli vale un’immediata notorietà, e The power of theatrical madness con cui partecipa alla Biennale di Venezia del 1984 • Nel 1985 si innamora di Napoli: «Napoli mi è entrata nel sangue. Ordine nel caos, energia e spiritualità, ti aiuta a collegare le discipline» • Nel 1986 fonda la sua compagnia Troubleyn, dal cognome della mamma • Esordisce anche come coreografo con Dance Sections, uno studio per l’opera Das Glas im Kopf wird vom Glas che presenta al Romaeuropa Festival del 1987. Seguono Prometheus Landscape, The reincarnation of God e The sound of one hand clapping, un balletto basato su frammenti musicali dei Doors • «Nel 1990 arrivò a coprire completamente il castello di Tivoli (Mechelen) con fogli disegnati con bic blu, riuscendo a dare alla struttura architettonica un particolare riflesso che cambiava con il tempo. “A volte il castello ha un riflesso porpora, a volte più rosso, poi un bagliore argenteo, per tornare quindi blu bic intenso” (dal diario di Fabre)» [Dieciminutidarte] • «Negli anni Novanta le sue opere si concentrano sullo studio del corpo umano e la sua trasfigurazione, concetti che diventano preponderanti nella trilogia di Sweet Temptations, Universal Copyright e Glowing Icons. È proprio l’esplorazione estrema del corpo umano a suscitare scandalo poiché l’artista lo indaga come una vera ossessione: anche da morto diventa il mezzo ideale per percepire la vita oltre la morte. Per queste sue ricerche, Jan Fabre sente di non appartenere al suo tempo e lascia tracce del suo passaggio tramite la sua arte per essere compreso e ricordato dopo la sua morte» [Elle, cit.] • Sono tantissimi i lavori fatti con la corazza degli scarabei. Quando nel 2002 la Regina Paola del Belgio lo invita a realizzare un’opera permanente per il Palazzo Reale, ricopre il soffitto e il lampadario della Sala degli specchi con 1.4 milioni di scarabei tailandesi dalla corazza iridescente. Gli stessi scarabei sono stati utilizzati per il grande Omaggio a Hieronymus Bosch in Congo, due trittici da cinque metri l’uno con cui Fabre ha voluto denunciare la violenta colonizzazione del Congo da parte del Belgio sul finire dell’800 ed omaggiare al contempo l’artista olandese Hieronymus Bosch [Dieciminutidarte] • «The crying body dove i nove attori danzano, lottano, mimano scene d’amore, piangono, ridono, fanno qualunque cosa per secernere sudori e lacrime che una misteriosa signora in nero raccoglie con un cucchiaio per deporli in un sacchetto, si mostrano “gli impulsi che provocano le secrezioni, impulsi biologici ma anche emotivi, psicologici. Piango per disperazione ma anche per gioia, o per le cipolle. I liquidi sono importanti e belli per il nostro corpo. Lo lavano. Sono una catarsi”, spiega Fabre che in Quando l’uomo principale è donna fa un altro esperimento: il corpo androgino, con la straordinaria Gruwez che nell’ebbrezza di una sensualissima danza con il corpo nudo unto di olio, partorisce un’oliva, “finalmente tutt’una con la materia dove si è immersa”. “Io provo a far venir fuori la verità del corpo. Animalità, liquidi, sporcizia... natura, perché scandalizzarsi?”. Già perché scandalizzarsi. “Non mi sento affatto un provocatore. Non è che mi sveglio la mattina e mi dico adesso provoco. Quello che un artista fa non è provocare ma evocare con la mente la verità dell’uomo”» [Anna Bandettini, Rep] • Nel 2008 Jan Fabre è il primo artista vivente ad esporre in una grande personale al Museo del Louvre di Parigi confrontandosi con i maestri classici. Nella mostra L’ange de la métamorphose l’artista espone lavori legati alla tematica della morte e della sacralità in diretto dialogo con le opere dei maestri present • «Mutuando alcune soluzioni tecniche da van Eyck, le ossa diventano uno dei materiali più caratterizzanti della produzione di Jan Fabre, e ciò appare evidente nella serie “Skulls”. In questa occasione l’artista attinge alle allegorie seicentesche e alle fantasie macabre del Medioevo realizzando ben 16 teschi di vetro che hanno tra i denti altrettanti scheletri di animali» [Elle, cit.] • Jan Fabre è anche autore di numerose sculture monumentali in bronzo e marmo, come la Pietà in marmo di Carrara che riproduce a grandezza naturale quella di Michelangelo posizionando però un suo autoritratto reggente un cervello al posto di Cristo ed una Madonna scheletrica in decomposizione, presentato nel 2011 alla Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia di Venezia [dieciminutidarte] • «Nel 2012 Anversa insorge quando sulla scalinata del municipio una sua performance prevede il lancio del gatto in omaggio a Dalì: «Anzi, di più gatti – con goffa ricaduta e ripetuto rilancio. Dopo qualche minuto di orripilata incertezza, a mettere fine allo scempio felino sono intervenuti gli stessi impiegati del municipio, mossi a pietà dall’evidente disagio degli animali, che ricadevano piuttosto malamente sui gradini della scalinata per essere subito riacciuffati da tre o quattro energumeni e finire di nuovo scaraventati in aria» [Tiliacos, Foglio] • «Il tema della morte si riallaccia a quello dell’esistenza di Dio: nel 2015 Fabre presenta l’opera monumentale intitolata The man who bears the cross (L’uomo che porta la croce), un bronzo con cui l’artista raffigura un uomo, sé stesso, sulla cui mano destra poggia una croce. Che a ospitare la scultura sia la Cattedrale di Nostra Signora di Anversa non è un caso: nel luogo in cui lo spettatore e il fedele ammirano il dipinto di Rubens sulla Crocifissione, si è indotti a riflettere anche sull’umanità per cui Cristo si è sacrificato grazie a quest’uomo che sembra interrogarsi su tale sacrificio» [Elle, cit.] • Nel 2015 per il Romaeuropa Festival propone Mount Olympus una tragedia greca ispirata ai riti dionisiaci della durata di ben 24h andata in scena al teatro Argentina dalle 19 di sabato 17 ottobre alle 19 del giorno seguente • Nel 2016 la sua mostra all’Hermitage di San Pietroburgo è stata duramente attaccata per la presenza di animali impagliati. Nel lavoro il Carnevale degli Animali aveva infatti utilizzato le carcasse di animali trovati morti ai bordi delle strade e in seguito impagliati. Mentre nell’opera Il reclamo dei gatti randagi morti aveva appesi a ganci di macelleria nove gatti per sfatare il detto nordico che i gatti hanno nove vite; o nell’opera Le carnaval des chiens de rue morts erano presenti cani randagi impagliati come metafora dell’artista, amato, sfruttato e poi costantemente abbandonato dalla società borghese. Il Dipartimento di Arte Contemporanea del Museo Statale Hermitage dovette intervenire pubblicamente per difendere la mostra e respingere le numerose richieste di chiusura [Dieciminutidarte] • Affascinato dal funzionamento del cervello (la parte più sexy del corpo umano come ha dichiarato più volte) Jan Fabre ha coinvolto il neuroscienziato Giacomo Rizzolatti, lo studioso che ha scoperto i neuroni specchio, per indagare sull’empatia in un dialogo/performance tenuto mentre i due erano uniti da elettrodi sulle loro teste. Il cervello è un elemento molto presente nei suoi lavori, rappresentato in sculture disegni e video. The rhytme of the brain è stata una sua personale a cura di Melania Rossi e Achille Bonito Oliva che si è tenuta a Roma nel 2020 che aveva come tema proprio il sistema cerebrale e le vibrazioni del cervello. [dieciminutidarte] • Nel 2022 viene condannato a 18 mesi di reclusione per aver molestato dodici ex collaboratrici della sua compagnia [Le Monde]. Molte delle sue opere vengono ritirate [Le Soir] • In Allegory of Caritas (An Act of Love), una delle sue esposizioni più recenti, l’artista è tornato a indagare il corpo umano e la morte per indagare il mistero e l’origine della vita: i teschi da Vanitas, i cuori anatomici in corallo, le croci e gli oggetti liturgici servono questa volta a raccontare gli albori dell’esistenza con tutti i suoi contrasti e la sua spiritualità.
Amori Il 30 settembre 2023 si è unito in matrimonio con Joanna De Vos, curatrice e storica d’arte fiamminga a Napoli. I due hanno un figlio Django Gennaro, di due anni, tenuto a battesimo lo stesso giorno. «La sposa arriva su una vecchia Rolls-Royce bianca ed esplode la piazza. Il piccolo sacerdote indiano per nulla intimorito dalla mole del tempio e dal soffitto alto 35 metri, officia la messa in modo confidenziale, alternando gli Amen agli Ok. Impasta con la pronuncia speziata la liturgia in inglese. Il battesimo, mentre la temperatura sale allo zenit dell’umidità, si svolge dentro la Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro. Poi via a Palazzo Reale per la festa. Dallo scalone neoclassico e gelato di marmi e stucco, scende una cascata di rose e candele. Inizia il cocktail. Il dîner placé comincia con degli spaghetti alla pummarola. effetto corallo liquido e piatto autoctono preferito di Jan Fabre. Seguono il taglio della torta glasssta e una performance di danza calata dentro una cortina luminosa corallo, che trasfigura i movimenti sincronici dei partecipanti e la catarsi che cercano. Si balla fino alle ore piccole sulla terrazza quasi prussiana di Palazzo Reale» [Cunaccia, Lampoon].
Titoli di coda «Serve una vita intera per diventare un giovane artista»