16 dicembre 2023
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Biografia di Francesco (al secolo Jorge Mario Bergoglio)
Francesco (al secolo Jorge Mario Bergoglio), nato il 17 dicembre 1936 (87 anni). Papa, il 266˚ della Chiesa cattolica. Vescovo di Roma. Vicario di Cristo in Terra. Successore del principe degli apostoli. Sommo pontefice. Primate d’Italia. Metropolita della provincia romana. Sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Servo dei servi di Dio • «Severo gesuita dalle sobrie abitudini» (Conti, CdS 11/3/2013) • «Si chiama Francesco e non Francesco I. Francesco e basta» (padre Federico Lombardi) • «Sembra quasi che l’aggettivo numerale I possa disturbare» (Antonio Preziosi) • Eletto al quinto scrutinio del conclave del 2013, dopo l’abdicazione di Benedetto XVI. Primo papa latinoamericano. Primo papa gesuita. Primo papa non europeo da oltre 1300 anni (l’ultimo era stato Gregorio III, siriano, morto nel 741 d.C.). Primo papa a prendere il nome di Francesco • «Parla come Maradona» (Massimo Gramellini) • «Francesco sente dentro di sé un compito che gli è stato affidato dal Cielo: aggiornare la Chiesa affinché possa incidere sulla società che negli ultimi secoli è ampiamente cambiata» (Eugenio Scalfari) • «Ratzinger […] aveva la nomea di Panzerkardinal. È un uomo che ha il senso della forma, perché per lui la tradizione cattolica è una norma viva, che evolve, ma non un problema ostico. Bergoglio ha sformato la funzione, non le scarpe da battaglia, che sono anche simpatiche, proprio la funzione petrina. Si è acquartierato nella Casa Santa Marta, dove con i suoi combina parecchi pasticci ed esercita con una certa cattiveria o prepotenza, suo vecchio e confessato difetto, il potere pontificale sulla gerarchia e la Curia, tra un’intervista a capocchia e l’altra, nomine squilibrate, licenziamenti in tronco, iniziative ecumeniche difficili da tenere insieme […]» (Giuliano Ferrara) • «Da comunicatore, m’incuriosisce parecchio il tono diretto, confidenziale, domestico con cui Francesco riesce a interagire con la gente, lisciandole il pelo per il verso giusto: buonasera, buongiorno, buon pranzo. Banalità assolute – non vorrei apparire offensivo – che mai avrei pensato di udire sulla bocca del vicario di Cristo in Terra. E che dire di quelle tre parole chiave raccomandate prima della recita dell’Angelus il 29 dicembre 2013 e fatte ripetere in coro ai fedeli radunati in piazza San Pietro, come se fossero tanti scolaretti? “Per vivere in pace e gioia in famiglia: permesso, grazie, scusa”. Cavolo, ha pure ragione. Sono i principi basilari della civiltà: non pretendere, non irritarsi, non impuntarsi, riconoscere gli errori commessi e cercare di porvi rimedio. In fondo ci vuole davvero poco per andare d’accordo con tutti. Lo cantava 50 anni fa anche Celentano: prego, grazie, scusi, tornerò. Un uomo del genere non può essere sottovalutato. Se poi teniamo conto che è un gesuita, e io non ho mai conosciuto in vita mia un gesuita fesso, bisogna riflettere seriamente» (Vittorio Feltri).
Titoli di testa Lei come si definirebbe? «Jorge Bergoglio, prete».
Vita Famiglia di immigrati. Primo di cinque figli: due fratelli Alberto Horacio e Oscar Adrian, e due sorelle, Marta Regina e Maria Elena • Il padre, Mario, da Portacomaro, provincia di Asti: ex ferroviere a Torino, arrivato in Argentina per fare fortuna. Trova lavoro come contabile, all’inizio è sottopagato perché i titoli di studio italiani non gli vengono riconosciuti. La madre, Regina, casalinga, mezza genovese mezza piemontese. Anche i nonni paterni erano antifascisti dell’Azione cattolica, hanno passato il mare. È nonna Rosa a insegnare a Jorge a pregare • In casa si parla dialetto piemontese. «Non avevamo l’automobile e d’estate non andavamo in vacanza, ma non ci mancava niente». Racconta Maria Elena Bergoglio: «Ricordo la sacralità della domenica: prima a messa […] poi pranzi lunghissimi fino al pomeriggio tardi. Quei pranzi infiniti bellissimi con cinque o sei portate. E con i dolci. Eravamo poveri ma con grande dignità […] Mamma era una cuoca eccezionale. Faceva la pasta fresca, i cappelletti con il ragù, il risotto piemontese e un pollo al forno da leccarsi i baffi. Diceva sempre che quando aveva sposato papà non sapeva fare neppure un uovo fritto […] Papà si portava il lavoro a casa. Poggiava quegli enormi libri da contabile sul tavolo del soggiorno e accendeva il giradischi che diffondeva la musica in tutta la nostra piccola casa. Ascoltava l’opera, e qualche volta le canzoni popolari italiane» • Jorge è diligente, gentile, bravo a scuola: «In religione aveva dieci» (sempre Maria Elena) • «Era molto chiuso, ma molto educato. Non voleva giocare a pallone con noi. Preferiva leggere e conversare» (Rafael Musolino, un vicino di casa dei Bergoglio) • Dodicenne, Jorge scrive una letterina alla coetanea Amalia Damonte, dello stesso quartiere, anche lei di origini piemontesi: «Ti sposerò, vivremo insieme e costruirò per noi questa casetta», con disegno. La mamma della bambina straccia subito la lettera e ordina alla figlia di non vederlo mai più. Quando lui lo sa, si arrabbia. Le dice che se non avesse potuto sposarla si sarebbe fatto prete • A 13 anni, Jorge fa le pulizie in una fabbrica di calzini. A 15 passa a compiti amministrativi, poi lavora in un laboratorio di analisi. Nel frattempo studia da perito chimico, prende il diploma a 18 anni • «Ringrazio mio padre per avermi mandato a lavorare. Il lavoro è stata una delle cose che meglio mi hanno fatto nella mia vita e, in particolare, nel laboratorio ho imparato il bene e il male di ogni attività umana...» (a Tornielli) • All’epoca è innamorato di una ragazza: «Era nel gruppo di amici con i quali andavo a ballare. Poi però arrivò la vocazione» (a Francesca Ambrogetti, Avv. 13/3/2013) • È il 21 settembre 1953, Giornata dello studente, inizio della primavera in Argentina. Jorge e gli amici organizzano un picnic: «Quel giorno […] avrebbe dovuto dichiararsi a lei. Ma se continuo a raccontare finisce che mio fratello mi scomunica...» (Maria Elena, la sorella) • Jorge prima del picnic sente il bisogno di confessarsi e entra nella chiesa di San José de Flores: «Mi accadde qualcosa di raro […] Mi resi conto che mi stavano aspettando. Questa è l’esperienza religiosa: lo stupore di incontrare qualcuno che ti stava aspettando. Da quel momento per me Dio divenne colui che ti precede. Uno lo sta cercando, Lui ti cerca per primo» (a Tornielli) • A 21 anni [altre fonti sostengono a 17] Jorge Mario ha grossi problemi di respirazione. Devono asportargli un polmone perché rischia di morire di polmonite: «Ricordo il momento in cui, con la febbre altissima, abbracciai mia mamma e le chiesi “Dimmi che cosa mi sta succedendo!”. Lei non sapeva cosa rispondere, perché i medici erano sconcertati». La diagnosi indica una polmonite grave. Ha tre cisti, la malattia viene controllata, e dopo poco viene sottoposto all’ablazione della parte superiore del polmone destro. Mesi di convalescenza, dolori terribili, Jorge non sopporta le parole di circostanza, quando per rincuorarlo gli si dice: «Ora passa». Ma suor Dolores, la monaca che lo aveva preparato per la prima comunione, gli disse «Stai imitando Gesù» (Francesca Ambrogetti, Il gesuita, 2013) • Jorge dice alla madre di volersi laureare in medicina. Così lei gli sistema la soffitta per farlo studiare in pace. Poi però, un giorno, sale per pulirla e trova solo libri di teologia. «Non ti ho mentito, mamma. Ti ho detto sì che volevo studiare medicina, ma medicina dell’anima» (Cai) • «Non lo so, non ti ci vedo...» (Regina Sivori al figlio) • «La verità è che la mia vecchia mamma la prese male. Mio padre mi comprese di più» (a Tornielli) • Jorge entra nel seminario di Villa Devoto. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù: «Fui attratto dal loro essere una forza avanzata della Chiesa, perché nella Compagnia si usava un linguaggio militare, perché c’era un clima di obbedienza e disciplina. E perché era orientata al compito missionario. Mi nacque il desiderio di andare missionario in Giappone. Ma a motivo del serio problema di salute che mi trascinavo dietro, non venni autorizzato» (a Tornielli) • Nel frattempo la madre rimane paralizzata, il padre muore d’infarto nel 1959 • «Quando papà è morto, Jorge si è occupato di me, mi è sempre stato vicino, mi ha fatto un po’ da papà, anche se era molto preso dalla sua Compagnia di Gesù» (la sorella Maria Elena) • «Entrato in seminario a 22 anni […] ordinato sacerdote a 32 dopo gli studi umanistici in Cile, Spagna e Germania, il suo cursus honorum è stato rapidissimo: a 35 anni era già Provinciale, cioè il capo dei gesuiti d’Argentina» (Aldo Cazzullo, CdS 16/4/2005) • Durante gli anni della dittatura opera per salvare preti e laici dalla tortura. Mai parole di condanna in pubblico. Però quando due ex gesuiti che avevano lasciato l’ordine per passare all’opposizione attiva vengono arrestati, va di persona dal generale Videla per chiedere di liberarli. Si guadagna la stima delle madri di Plaza de Mayo, di solito durissime con le gerarchie cattoliche • «Lasciata la guida dei gesuiti, si era ritirato nel convento di San Miguel. Si era parlato di un esilio in un monastero europeo. Invece, nel ’92, l’arcivescovo lo volle al suo fianco come ausiliare» (Cazzullo) • Sei anni dopo l’Arcivescovo è lui: chiama la diocesi la mi esposa, mia moglie, e diventa celebre per la sua sobrietà. Non vuole una veste nuova, fa accomodare quella del suo predecessore. Non dorme nel palazzo episcopale, usa un piccolo appartamento lì vicino. Gira in autobus. Si prepara la cena e si lava i calzini da sé. Non ha collaboratori. Al telefono, risponde di persona. Non fa vita di mondo: va a letto alle nove e mezza e si sveglia alle quattro del mattino • Nel 1999 è in Piemonte, a trovare i cugini italiani: «Alla sua prima visita lo portammo a dire messa all’oratorio di Tigliole. Giorgio si fermò nel campetto per tirare due calci al pallone. Mi sembrava alla ricerca di un’infanzia che non ha vissuto. Questi luoghi sono il suo rifugio» (Nella, una cugina del Papa) • Nel 2001 Giovanni Paolo II lo nomina cardinale, lui rifiuta l’abito ufficiale (6 mila euro), e se ne fa confezionare uno dalla sorella. Va alla cerimonia a piedi e non vuole invitare i fedeli argentini: «I soldi dell’aereo dateli ai poveri». In curia pochi lo conoscono, ma si fa notare nel 2001, incantando i colleghi con un discorso • Nel 2005 partecipa al suo primo conclave: al primo scrutinio Ratzinger ottiene 47 voti, Bergoglio 10. Al secondo Ratzinger sale a 65 voti e Bergoglio a 35. Il terzo scrutinio assegna a Ratzinger 72 preferenze ma sale anche Bergoglio, che arriva a 40. Ratzinger ha quasi il doppio dei voti di Bergoglio, ma se i sostenitori dell’argentino tengono duro possono impedirne l’elezione. Invece Bergoglio invita i sostenitori a votare Ratzinger che al quarto scrutinio ottiene 84 voti e viene eletto • Jorge torna in Argentina. Dialoga con la comunità ebraica e gli evangelici. Vuole che i suoi sacerdoti si prendano cura delle prostitute. Critica il riconoscimento delle coppie gay nel Paese • Nel 2013, senza che nessuno se lo aspetti, Benedetto XVI si dimette e inizia un nuovo conclave • «Quando è partito per Roma ci siamo salutati come sempre. Jorge ama Buenos Aires e amava il suo lavoro qui. Ha lasciato perfino la casa in curia un po’ in disordine, qualche libro sul letto, lettere da aprire, la spesa fatta, come se dovesse tornare subito» (la sorella Maria Elena).
Conclave «Pregate per me, perché non so cosa i miei fratelli cardinali mi stiano preparando» (lui a Thomas Rosica, di una tv canadese, 10/3/2013) • Stavolta il favorito è Angelo Scola, cardinale di Milano, ma gli italiani (persino i lombardi) si coalizzano contro di lui. Grazie a un accordo tra il cardinal Sodano, il cardinale Re, il cardinal Bertone e gli statunitensi, la scelta cade su Bergoglio • «Vi racconto la storia. Nell’elezione io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo […] il cardinale Claudio Hummes: un grande amico. Quando la cosa stava diventando un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, è giunto l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi ha abbracciato e mi ha detto: “Non dimenticarti dei poveri!”. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri […]» (lui, nella sua prima udienza pubblica dopo l’elezione, 16/3/2013).
Elezione Alle 19.06 del 13 marzo 2013 dal comignolo della Cappella Sistina si leva la fumata bianca mentre le campane cominciano a suonare. Sotto la pioggia • Come prima cosa, una telefonata a Ratzinger. Poi, alle 20.12, si apre la porta finestra della Loggia delle Benedizioni, esce il protodiacono Jean-Louis Tauran: «Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam! Eminentissimum ac reverendissimum dominum Georgium Marium Sanctae Romanae Ecclesiae cardinalem Bergoglio qui sibi imposuit nomen Francisci» • L’account twitter @Pontifex: «HABEMUS PAPAM FRANCISCUM» (tutto in maiuscolo) • Quando il nuovo Papa appare, sta zitto per un paio di minuti. Poi il discorso: «Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma, sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo…».
Rivoluzione «Che Dio vi perdoni!» (Bergoglio ai cardinali che lo hanno appena eletto Papa, 13/3/2013) • Gli offrono la mozzetta con bordo d’ermellino, rossa come il sangue dei martiri, bianca come la purezza di Cristo, ma lui la rifiuta: «Monsignore, questa la metta lei» • Rifiuta la croce d’oro, le scarpe rosse, la mitra pontificale, la berlina targata SCV1 • Il 15 marzo, all’incontro con il Papa nella sala Clementina, molti cardinali evitano di indossare l’oro. Gli si inginocchiano davanti per il baciamano, lui li tira su e li abbraccia • Dice che non abiterà nel sacro Palazzo, ma resterà nell’albergo di santa Marta, nella stanza 201che gli avevano assegnato prima dell’extra omnes • Ai gendarmi dice: «Non mi servono le guardie, non sono un indifeso» • «Certo il Papa creerà qualche problema alla sicurezza vaticana. Ma i responsabili che sono a servizio del Santo Padre sanno che devono adeguarsi al suo stile pastorale» (padre Lombardi a Michele Brambilla, La Stampa, 15/3/2013).
Papa boys «Non sono credente, ma il nuovo Papa mi ha emozionato» (lo storico Jacques Le Goff) • «È timido, è semplice, è piemontese» (Gramellini) • «Gli basterebbero quattro anni per cambiare le cose» (Marco Roncalli, Corriere della Sera, 11/03/2013) • «Predica a braccio con grande semplicità, come un qualsiasi parroco» (Francesco Antonio Grana, Il Fatto Quotidiano, 14/3/2013) • «Questo papa è come me» (Jovanotti) • «Consiglio a Francesco di dare accesso alle donne alla consacrazione, di dare scacco al celibato dei preti per far scomparire gli abusi sessuali, e di dare ai preti accesso al matrimonio in tutte le sue combinazioni: tra un uomo e una donna, tra donne e tra uomini» (Pedro Almodovar) • «Sono ansioso di lavorare con Sua Santità» (le congratulazioni di Barack Obama) • «Il nostro comandante ora sta di fronte a Cristo. In qualche modo ha influito affinché si eleggesse un Papa sudamericano» (Maduro, presidente del Venezuela dopo la morte di Chávez) • «Sentivo ieri al bar tanti commenti. Quelli della gente comune, in genere i più lucidi e attenti, nella loro semplicità. “M’è piaciuto che nun ci aveva l’ori addosso, come i faraoni. Ber segno!”, diceva il barista di spalle mentre preparava il cappuccino per un cliente. “Nun era pe’ gnente emozionato…”, aggiungeva una signora tarchiata con una busta piena di medicine. Le replicava un segaligno miope sulla settantina: “E’’n gesuita, signo’. Quelli nun se spaventano manco co’ le cannonate!”» (Carlo Verdone).
Pontificato «Quando si annuncia o si fa capire che una rivoluzione è pronta - ricordiamo i titoloni dei giornali, soprattutto tra il 2013 e il 2015, […] alimentati certamente dagli organi di informazione ma anche da una parte considerevole della Chiesa e anche dal papa stesso nei suoi discorsi, […] - inevitabilmente il risultato è quello di dividere: c’è chi è con te e chi è contro di te. Un conto è quanto si parla di calcio, un conto quando ci sono in ballo fede e salvezza» (Matteo Matzuzzi, vaticanista del Foglio, da un suo intervento preso da YouTube, 2/9/2019) • Tra i primi a dividersi, le gerarchie ecclesiastiche. Nel 2014 e nel 2015 ci sono due sinodi sulla famiglia: si parla di morale, di famiglia, di sacramenti ai divorziati. I vescovi si sfidano con interviste, pamphlet, note, veline, pugni sul tavolo. Citano versetti del vangelo, poi litigano davanti ai giornalisti. «Spesso è il racconto di una battaglia continua, si può decidere di non vederla, di non raccontarla, ma c’è» (Matzuzzi) • Nel primo anno e mezzo di pontificato, tutti dicono che Francesco non vuole invischiarsi nella politica. «Si preferiva dare una lettura molto più emozionale. I giornali riportavano il “buon pranzo” del papa al termine dell’Angelus, le foto-gallery del papa che baciava i malati, il papa che fa installare le docce per i senzatetto sotto il colonnato di san Pietro. Era una narrazione superficiale. Come se andare a Lampedusa tre mesi dopo l’elezione non fosse un gesto politico, come se mandare l’elemosiniere a riattaccare l’elettricità a uno stabile occupato a Roma non fosse politica. Perché politica non è solamente contribuire ad abbattere la cortina di ferro, dare il proprio appoggio a Walesa, lanciare appelli contro la guerra in Iraq […] è anche andare a Lesbo, nel 2016 […] andare negli Stati Uniti nel 2015 solo a patto di andare prima a Cuba […] Ma scelte politiche sono anche dei gesti non compiuti, come viaggi evitati con cura meticolosa, e abbiamo delle spiegazioni. Se voi prendete un planisfero e segnate tutti i paesi toccati dal papa in questi sei anni, vi accorgerete di una grande assenza: l’Europa centrale» (Matzuzzi) • Francesco visita l’Albania, i Paesi baltici, Lampedusa, Lesbo, tutti punti periferici. Va in Svezia, ma solo per parlare con i luterani, va in Francia, ma solo per parlare – criticandolo – al Parlamento europeo di Strasburgo. Va in Polonia solo per la Giornata mondiale della gioventù, già fissata. Dopo il rogo di Notre Dame, nel 2019, dice di no a Macron, che lo invitava a Parigi • Francesco dice che la missione del suo pontificato è la Cina. Nel 2018 il Vaticano firma un accordo con Pechino: i vescovi saranno nominati dal Papa, li sceglierà tra una terna proposta dal partito comunista • «Il Vaticano sta svendendo la Chiesa Cattolica in Cina» (cardinale Zen, arcivescovo emerito di Hong Kong) • «Per i contrari all’accordo è una resa totale. Per arrivare a un accordo, la Chiesa accoglie le richieste di un regime ateo che negli ultimi 70 anni ha perseguitato, e continua a farlo, i cristiani. La critica mossa a Roma […] che la Chiesa abbia abdicato al proprio ruolo universale in nome della Realpolitik […] La scuola diplomatica che oggi governa in Vaticano è figlia della visione realista-negoziante: bisogna trattare, cedere anche molto, pur di raggiungere la meta finale» (Matzuzzi) • Cose del genere Francesco le ha fatte quando ha accettato di presentarsi a Dubai senza croce, o quando, pur di incontrare il patriarca di Mosca, all’Avana, nel 2016, ha firmato una dichiarazione comune quasi del tutto schiacciata su quel che volevano gli ortodossi • «Andare al largo senza sapere quale sarà l’esito della navigazione […], tutto appare più chiaro se prendiamo in mano la Evangeli guadium, quasi un programma del pontificato […] Nel testo sono indicati 1) Il tempo è superiore allo spazio. 2) L’unità prevale sul conflitto. 3) la realtà è più importante dell’idea. 4) il tutto è superiore alla parte. […] La visione di Francesco, lo dice chiaramente […], è generare processi più che dominare spazi» (Matzuzzi) • «A una Chiesa autoreferenziale succede quel che succede a una persona rinchiusa in sé: si atrofizza fisicamente e mentalmente. Diventa paranoica, autistica» (lui) • «Ci sono persone che pensano solo al proprio orticello. Che vorrebbero tenere la benedizione solo per sé o il proprio gruppo. Questa non è una benedizione ma una maledizione. Gesù è stato il primo a desiderare il bene per tutti» (lui).
Teoria gender «Uno sbaglio della mente umana» (a Napoli, 21/3/2015).
Immigrati «Cosa penso dei paesi che chiudono le frontiere? Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. C’è anche la prudenza dei governanti, che devono essere molto aperti a riceverli ma anche a fare il calcolo di come poterli sistemare, perché non solo un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare. Se un Paese ha una capacità di integrazione, faccia quanto può. Se un altro ne ha di più, faccia di più, sempre con il cuore aperto. Non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore e alla lunga questo si paga, si paga politicamente, come anche si paga politicamente una imprudenza nei calcoli e ricevere più di quelli che si possono integrare» (a Lund, in Svezia, 11/2016).
Preti pedofili «Se c’è un prete pedofilo è perché porta in sé la perversione prima di essere ordinato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la si ha o non la si ha. Bisogna stare molto attenti nella selezione dei candidati al sacerdozio. Nel seminario di Buenos Aires ammettiamo circa il 40% dei candidati, e facciamo un attento monitoraggio sul processo di maturazione» (alla Ambrogetti).
Satana «È molto educato Satana, bussa alla porta, suona, entra educato, con le seduzioni e compagni e alla fine è questo non lasciare cadere nel male, essere furbi nel buon senso della parola, essere svelti, avere la capacità di discernere le bugie di Satana» (su Tv2000, 20/12/2017).
Social «Ha biasimato, nella sua bellissima enciclica Laudato si’ “l’insoddisfazione malinconica” con cui si esce da un pomeriggio passato sui social» (Aldo Cazzullo, Metti via quel cellulare, 2017) • È stato il primo papa a posare per un selfie e ha definito la Madonna «influencer di Dio» • Il suo profilo Instagram ufficiale ha 6 milioni 300 mila seguaci (a dicembre 2019).
Linguaggio Racconta barzellette • Famoso per parlare a braccio, a ruota libera e per rispondere senza filtri alle domande dei giornalisti, specie sul volo papale, di ritorno dai viaggi pastorali • «Con l’effetto – ed è su questo che forse in curia e a Santa Marta dovrebbero riflettere – di archiviare le spedizioni intercontinentali in poche ore, almeno a livello mediatico» (Il Foglio) • Per esempio ha detto: «È ovvio che non si può reagire violentemente, ma se il dottore Gasparri, un amico, dice una parolaccia contro la mia mamma, gli aspetta un pugno. È normale», cinque giorni dopo che dei terroristi islamisti erano entrati nella redazione di Charlie Hebdo a Parigi e avevano massacrato 12 vignettisti del giornale, colpevoli di aver insultato l’Islam e Maometto; «In tutti i Paesi ci sono proteste, anche in Francia e in Spagna», riferendosi alla repressione cinese a Hong Kong; «Sono tante le chiese che bruciano», rifiutando l’invito di Macron dopo il rogo di Notre Dame; «I cattolici facciano figli, ma non come conigli» • «Una cosa che dice l’ultimo sociologo da strapazzo. Aspetto il giorno in cui il papa in aereo dica: “Li murtacci tua”» (Giuliano Ferrara).
Curiosità Non sa l’inglese. Parla italiano, piemontese, tedesco, spagnolo, francese e latino • Ha fatto voto di non guardare la televisione • Socio del Rotary club di Buenos Aires • Tifoso del San Lorenzo de Almagro, una squadra di calcio argentina fondata dal prete salesiano Lorenzo Massa il 1˚ aprile 1908 i cui colori, blu e rosso, si rifanno alla veste rossa e al mantello azzurro di Maria. Il suo abbonamento, tessera numero 88.235N, gli è stato rilasciato il 12/3/2002 • Tra i suoi autori preferiti: Borges, Dostoevskij, Dante e Manzoni. Ha citato Cento anni di solitudine e Don Camillo durante alcune omelie e il poeta Hölderlin durante un incontro coi cardinali • Il suo quadro preferito è La Crocefissione Bianca di Chagall, oggi all’Art Institute di Chicago • Tra i suoi film preferiti: Il pranzo di Babette (Gabriel Axel, 1987) • È appassionato di musica classica. Predilige Beethoven (mentre Ratzinger era più per Mozart). Tra i moderni, Edith Piaf • Gli piace anche il tango, visto che da giovane lo ballava • Sua sorella, che per la cronaca è divorziata, sostiene sia bravissimo ai fornelli: «Fa dei calamari ripieni da urlo» (Maria Elena Bergoglio a Omero Ciai) • «La verità è che sono un peccatore che la misericordia di Dio ha amato in una maniera privilegiata… Errori ne ho commessi a non finire. Errori e peccati» • «Molti mi hanno detto ti dovevi chiamare Adriano per essere un vero riformatore, oppure Clemente per vendicarti di Clemente XIV che abolì la Compagnia di Gesù» (durante la sua prima udienza pubblica, 17/3/2013).
Titoli di coda «E comunque le cose sociali che io dico sono le stesse che ha detto Giovanni Paolo II, io copio lui..».