il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2024
“Io, Baudo e Fiorello” Festival. “Pippo? Da lui consigli veri”
Pubblichiamo un estratto della prefazione di Amadeus al libro “Ho vinto il Festival di Sanremo” scritto da Marco Rettani e Nico Donvito, dove gli autori intervistano i vincitori della manifestazione.
2 agosto 2019: una giornata che ricordo alla perfezione. Quando mi comunicarono di essere stato scelto per ricoprire il ruolo di conduttore e direttore artistico del Festival di Sanremo ero fuori dall’Italia. Il sogno di una vita, una notizia né attesa né totalmente inaspettata, visto che negli anni precedenti mi era capitato di sentire in giro il mio nome, anche se non c’era stato nulla di concreto. (…)
In quell’occasione, il mio nome era un po’ più ricorrente, dopo che Claudio Baglioni aveva confermato che non avrebbe proseguito con una nuova edizione del Festival. Probabilmente qualcuno remava a mio favore e qualcun altro forse meno, anche se devo ammettere di non essermi mai preoccupato di questo genere di questioni. (…) Da quando mi occupo di Sanremo non mi è stato più possibile, ma prima mi capitava di spegnere il cellulare in vacanza, per potermi dedicare completamente alla famiglia. Così ero andato in Spagna e avevo staccato il telefono. A un certo punto, il mio manager Lucio Presta contattò mia moglie Giovanna affinché mi dicesse di accendere il cellulare. Lì per lì non capii, ma una volta avviato il telefono sul display comparvero un mare di notifiche, come una specie di mitragliata. C’erano chiamate da parte di tutti i vertici Rai, ognuno dei quali mi aveva lasciato almeno una ventina di messaggi, al punto che pensai: “O mi cacciano o mi danno Sanremo” (…). Ricordo che mi trovavo a Madrid in un posto molto carino, un parco con un laghetto artificiale. Lì registrai un video per il telegiornale, mi feci inquadrare da mio figlio dall’ombelico in su perché sotto ero praticamente in costume. Non volevo fare il mio primo collegamento al Tg1 in mutande, non mi sembrava carino. La sera in cui andò in onda il servi- zio, mi arrivarono più di settecento messaggi. Trascorsi due giorni a rispondere (…)
Da quel preciso momento, il mio cellulare ha cominciato a squillare con una frequenza decisamente diversa rispetto al passato. Dire di aver quintuplicato il volume del mio traffico telefonico è riduttivo. Non tanto per essere diventato il presentatore di Sanremo, quanto per esserne a tutti gli effetti il direttore artistico. Soprattutto per come ho voluto intendere io questo ruolo, assumendomi la responsabilità di tutto. (…) Un insegnamento ricevuto in prima persona da Pippo Baudo, l’uomo che, nell’immaginario collettivo, ha incarnato più di tutti l’idea di Sanremo. Prima ancora di ricevere questo incarico, lo avevo incontrato per caso in un ristorante di Roma. “Se farai Sanremo ti dovrai occupare di qualsiasi cosa. Le canzoni le sceglierai unicamente tu e le dovrai conoscere a memoria, ascoltandole giorno e notte. Riceverai mille consigli e mille pressioni, ma alla fine l’ultima parola dovrà sempre essere la tua. Io stesso supervisionavo l’orientamento delle luci e dicevo la mia sulla scenografia, tu dovrai fare altrettanto. Solo così potrai organizzare un grande Festival”. (…) Sapevo che aveva ragione, perché Sanremo ti mette in una condizione di assoluta visibilità, al centro di un faro di luce che ti illumina e ti porta a ricevere sia apprezzamenti che critiche. Solo occupandoti di tutto sei in grado di poter rispondere a qualsiasi quesito. (…) Da ragazzo sono stato a Sanremo tantissime volte come inviato delle radio, sia emittenti locali che network. Ho vissuto la città, sono stato all’Ariston a vedere le prove, ho fatto la fila per richiedere interviste ai cantanti, a volte sono stato anche respinto alla reception di un grande hotel perché non avevo l’accredito e non potevo stare lì. Spesso e volentieri, era solo una scusa per respirare l’aria del Festival. Sono sempre stato un grande fan di Sanremo, sin da bambino, quando con la mia famiglia ci si riuniva davanti allo schermo che, all’epoca, trasmetteva in bianco e nero. Così, quando mi è capitato di tornarci dopo tanti anni, ho riconosciuto strade e angoli che avevo perlustrato come inviato e come disc jockey. È un luogo che rispetto, perché lo considero sacro per la musica e per lo spettacolo televisivo. La storia dell’Italia passa da lì (…) La storia della manifestazione pullula di grandissimi vincitori, io ho avuto la fortuna di intercettarne alcuni. A partire da Diodato, un ragazzo bravissimo (…) Quando lo contattai, Antonio mi chiese con chi sarebbe dovuto venire a cantare, perché fino a quel momento era solito sentirsi proporre accoppiamenti con altri colleghi, dato che era considerato un talento poco conosciuto. Gli risposi che non avevo in mente di abbinarlo con nessuno e che Fai rumore l’avrebbe cantata da solo. (…) I Måneskin sono stati poi la vera rivoluzione del Festival, nell’anno più difficile, quello del Covid. In sala non c’era nessuno e tutti i cantanti sono stati capaci di tirare fuori il meglio, perché esibirsi senza un pubblico non è facile. Devi sforzarti di immaginare che davanti alla tv ci siano milioni di persone, mentre di fronte a te hai soltanto poltroncine vuote. (…) Considero Mahmood e Blanco un’accoppiata pazzesca. Ricordo esattamente quando ascoltai Brividi per la prima volta. Era ottobre, mi accorsi subito della potenza. (…) Ci tengo anche a menzionare Fiorello. Il nostro è un rapporto di amicizia vera che dura da trentacinque anni. Non avrei mai potuto affrontare il Festival senza di lui, almeno non con lo stesso spirito e lo stesso sorriso. Rosario mi ha trasmesso ulteriore sicurezza e forza, al punto da stupirsi lui stesso della mia tranquillità.