Corriere della Sera, 24 gennaio 2024
Usi (e costumi) di Bignami
Il viceministro alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, 48 anni, di Bologna, pur con molto tatto ora eccepisce: «D’accordo che gli errori si pagano e fu un errore senz’altro farmi fotografare vestito da SS a una festa (nel 2005, ndr). Ma sinceramente passare pure per il nuovo Bava Beccaris mi sembra troppo...». Già, un’altra bufera si è appena abbattuta su di lui. Qualcuno lo ha paragonato a Fiorenzo Bava Beccaris, il generale italiano noto per aver guidato la sanguinosa repressione dei moti di Milano del 1898. Il M5S ieri ne ha chiesto a gran voce le dimissioni: «Bignami striglia la Polizia di Stato, pensa forse di essere ancora vestito da nazista?». Il caso è nato dopo che il segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp), Enzo Letizia, due giorni fa ha fatto un comunicato sulla manifestazione degli alluvionati di Forlì del 17 gennaio scorso, quando la premier Giorgia Meloni incontrò in municipio la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per parlare degli aiuti all’Emilia-Romagna. Scrive l’Anfp: «Bignami, poco prima che arrivassero le personalità, ha platealmente protestato con il dirigente del servizio di ordine pubblico perché, a suo dire, si consentiva a dei facinorosi di manifestare vicino al palazzo del Comune».
Ora va detto che la famigerata fotografia con lui vestito da SS e scattata al suo addio al celibato (aveva 30 anni) lo perseguita a ogni passo e così infatti è successo anche questa volta. Ma il viceministro FdI giura di aver già chiarito con il sindacato di polizia e ammette pure «l’acceso confronto col funzionario», con il quale si conoscono da anni («ho fatto decine di manifestazioni, con la polizia ci parlo»). A suo dire, quel giorno, sarebbe sbottato semplicemente perché il poliziotto in questione applicherebbe in piazza sempre due pesi e due misure. Inflessibile col centrodestra, più disponibile col centrosinistra («davvero pensate che io non abbia a cuore la sorte degli alluvionati? Mia mamma Emanuela è di Forlì», chiosa).
L’avvocato Bignami aveva 4 anni e mezzo, «ricordo ancora il boato», quando scoppiò la bomba alla stazione di Bologna (2 agosto 1980) e «la verità va trovata senza guardare in faccia a nessuno». Non era ancora nato, invece, quando suo padre Marcello, dirigente Msi, l’8 marzo 1974, fu gambizzato sotto casa «con 5 colpi di pistola andati a segno sui 7 sparati» da terroristi di sinistra. Mai scoperti: «Erano gli anni dei Gatti Selvaggi e della Volante Rossa, il mio anticomunismo forse nasce da lì». Esattamente 15 anni dopo, poi, l’8 marzo 1989 («la vita a volte è magica»), nacque sua sorella Maria Runa: «Runa sì, avete capito bene...», sorride Galeazzo, che si fece le ossa nel Fronte della Gioventù, fu capogruppo di An a Bologna nel ’99, deputato di Forza Italia nel 2018 e l’anno dopo s’iscrisse a FdI. Sarà lui, dicono tutti, tanto apprezzato da Giorgia Meloni, il candidato presidente di centrodestra alle prossime Regionali in Emilia-Romagna del 2025: «Lo escludo», smentisce invece, «non per un discorso di volpe e l’uva, ma perché io sto dove mi ha messo la presidente». Cioè Meloni. Eppure da bolognese doc, devoto («anche gli atei») alla Madonna di San Luca e tifoso della Virtus, il sogno vero – confessa – sarebbe un giorno diventare il sindaco delle Due Torri: «Anche se un sindaco che appartiene alla destra a Bologna mi pare davvero impossibile».