il Fatto Quotidiano, 24 gennaio 2024
GLi editori che si fanno gli affari loro
La polemica è esplosa “grazie” alla visibilità della presidente del Consiglio che accusa Repubblica di titolare “L’Italia in vendita” mentre il suo editore, la famiglia Agnelli guidata da John Elkann, conduce un processo di disinvestimento dall’Italia. La presidente del Consiglio, ovviamente, rigira la situazione a proprio vantaggio, ma non si occupa seriamente del rapporto incestuoso tra i giornali e i loro proprietari. Un rapporto che evidenzia una sequenza di conflitti, di gestioni indebite, di pressioni sulle stesse redazioni stremate dalla crisi nelle edicole e su cui, quindi, si può intervenire con più agilità.
Elkann
Il giornale diretto da Maurizio Molinari è quello maggiormente sotto i riflettori. Carlo Calenda, nell’intervista a fianco, sottolinea che il suo obiettivo non è mai stato il quotidiano quanto l’utilizzo strumentale che ne fanno i leader della sinistra politica e sindacale. Ma chi segue la carta stampata sa bene quale sia il rapporto con la proprietà. Mentre tutti titolano da tempo che “Stellantis lascia l’Italia”, su Repubblica si possono leggere titoli come questo: “Stellantis apre l’hub dell’economia circolare, Elkann: ‘La buona politica crea opportunità di sviluppo’” (23 novembre 2023). Oppure, mentre la cassaforte di famiglia Agnelli, Exor, acquista il controllo nella sanità di Lifenet Healthcare, il giornale offre ai suoi lettori prelibatezze simili: “Inaugurati i nuovi spazi del Piccole Figlie Hospital. Investiti dal Gruppo Lifenet 2,5 milioni di euro” (28 aprile 2023).
Angelucci
Della famiglia Angelucci si è già detto quasi tutto, anche perché sembra affetta da bulimia per quanto riguarda i giornali. Con la finanziaria Tosinvest infatti controlla i giornali di centrodestra, Libero e il Tempo, ma anche il gruppo Corriere del centro Italia (Umbria, Siena, Arezzo, Viterbo e Rieti) e da poco ha acquisito il controllo dello storico Il Giornale della famiglia Berlusconi. Il capostipite Antonio si è fatto eleggere per quattro legislature, senza passare quasi mai per le aule parlamentari, fino all’approdo alla Lega di Salvini, genero di uno dei suoi migliori amici, Denis Verdini.
Il cuore dei suoi interessi sono le cliniche e la più importante è certamente il San Raffaele di cui prima dell’elezione è stato presidente l’attuale governatore della Regione Lazio, Francesco Rocca. Nel 2023, in occasione della discussione sulla manovra di Bilancio, il gruppo Pd alla Regione Lazio ha accusato Rocca di “favorire i privati ai danni della sanità pubblica”.
Caltagirone
La famiglia guidata da Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore e finanziere di riferimento a Roma, controlla direttamente Il Messaggero, il Mattino di Napoli e il Gazzettino di Venezia. Un piccolo impero editoriale. Per capire certi rapporti incestuosi vale la storia degli articoli dedicati dal Messaggero ai tram di Roma. Una campagna durata mesi con almeno un articolo al giorno contro uno dei mezzi di trasporto più puliti e rapidi definito invece “anacronistico, se non dannoso”. Obiettivo della campagna, il progetto della linea Termini-Vaticano-Aurelio visto come concorrenziale alla prosecuzione della Metro C, su cui è impegnata anche la Vianini Lavori del Gruppo Caltagirone. Come già segnalato sul Fatto da Vincenzo Bisbiglia, “i lavori alla Tva dovrebbero durare due anni, mentre per portare la linea C all’ombra del Cupolone ci vorrà almeno un decennio. Con costi ben più elevati”. Meglio evitare la prima opera per magari far decollare la seconda. Caltagirone è stato citato recentemente dal Financial Times a proposito del ddl Capitali in cui è prevista la norma che premia chi detiene azioni per 10 o più anni con un diritto di voto 10 volte superiore a quello degli azionisti a breve termine. “Il beneficiario più evidente del disegno di legge emendato – ha scritto il Ft – è il miliardario Francesco Gaetano Caltagirone, azionista di rilievo di due dei più potenti gruppi italiani di servizi finanziari, Generali e Mediobanca”. La chiosa del quotidiano finanziario – motivato nel suo attacco da altri corposi interessi – è cristallina: “Caltagirone è anche un alleato chiave per il governo della Meloni: possiede giornali influenti in regioni dove il suo sostegno è forte”. Il sostegno al governo è tale che da quando è in ballo l’Autonomia differenziata uno strenuo oppositore di questa, Gianfranco Viesti, non scrive più sul Messaggero ed è diventato una firma del Fatto.
Romeo
Anche se i quotidiani in questione, l’Unità e Il Riformista hanno piccole tirature, qui le contraddizioni non mancano. Il Gruppo Romeo ha avuto diversi rapporti con la Pubblica amministrazione da cui ha avuto corposi appalti, come dimostra il caso Consip. In seguito a questi rapporti ha avuto una serie di guai giudiziari. E da cosa sono uniti l’Unità e il Riformista? Da una linea iper-garantista che non fa sconti ai magistrati, anzi li vorrebbe mettere in un cantuccio, buoni e sottoposti al potere politico. Lo stesso che i giornali, poi, accarezzano o addirittura impersonano. Come noto, infatti, il Riformista è diretto da Matteo Renzi, ma Romeo cerca anche di tenere un rapporto diretto con il Pd tramite l’Unità, anche se recentemente quest’ultima ha chiesto in prima pagina le dimissioni di Elly Schelin. Troppo poco renziana.
Confindustria
e altri poteri. Tra i vari conflitti poco indagati ci sono quelli che riguardano i vari big dell’imprenditoria. Il più evidente di tutti è il rapporto del Sole 24 Ore, il più influente quotidiano economico, con la Confindustria che ne detiene la proprietà. Una newsletter edita dal quotidiano Il Post, Charlie, si è divertita a segnalare le volte che sul giornale salmonato appaiono le dichiarazioni del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: praticamente ogni giorno. L’Eni, poi, controlla una importante agenzia di informazione, l’Agi, diretta fino a pochi mesi fa da Mario Sechi (direttore di Libero nonché ex portavoce di Meloni) e gira la notizia che Agi possa essere venduta agli Angelucci (ancora loro).
Infine Cairo
Il proprietario del gruppo Rcs (Corriere della Sera e Gazzetta dello sport) e di La7, ma anche del Torino calcio, formalmente è un editore puro. Ma è lui a generare autonomamente i conflitti. Prima avviando una campagna per chiedere più fondi pubblici per il calcio, poi buttando lì, in una trasmissione radiofonica, l’idea di una sua candidatura a sindaco di Milano. Una battuta che in politica, però, significa inviare un messaggino diretto ai vari protagonisti. Non siamo al Citizen Kane di Quarto Potere, per carità, anche perché in Italia le cose sono sempre più farsesche.