il Fatto Quotidiano, 24 gennaio 2024
Tenco in gocce
Anticipiamo stralci di “Lontano, lontano”, una raccolta di scritti, perlopiù inediti, di Luigi Tenco (1938-1967), in libreria con Il Saggiatore.
Le corse ciclistiche è uno degli sport da me preferito.
Io ho una bicicletta di marca Bianchi, essa è il mio cavallino d’acciaio molto obbediente.
Quando faccio le corse vinco i miei compagni in corsa li sorpasso sempre. Come sarei contento di partecipare alle gare vere!
Invece di fabbricare le bombe che portarono tanta distruzione e morte avrebbero potuto impiegare nelle costruzioni delle biciclette.
Mi alleno tutti i giorni e percorro sempre più tanta strada con maggior felicità.
Come è bella la mia bicicletta! Le voglio bene come se fosse una mia sorellina.
(Tema di quarta elementare, 1947)
Le mie canzoni vanno viste non tanto nel quadro della musica leggera o da ballo, quanto in quello della musica popolare.
Il sentirne una di seguito all’altra riunite in un long playing, spero contribuirà a chiarire maggiormente questo punto, cui evidentemente tengo molto. Infatti io penso che, al di là di un eccessivo conformismo nei testi poetici, al di là di fatture musicali più o meno di moda, la musica popolare resti pur sempre il mezzo più valido per esprimere reazioni e sentimenti in modo schietto, sincero e immediato.
(Note di copertina del primo Lp, 1962)
Sono nato 26 anni or sono a Cassine in provincia di Alessandria; sono però genovese di adozione. Abito con mia madre una casa presa in affitto a Recco. Una casa che mi piace da morire, vorrei fosse proprio mia, ma ci vuole altro. Per cantare ho smesso di frequentare la facoltà di Fisica teorica. E adesso mi dica: trova interessante tutto ciò?
(Comunicato promozionale dell’etichetta discografica Saar, 1964)
Fatemi un favore, se possibile, non rivolgetemi le solite domande idiote. Se vi riesce, evitate di chiedermi se mi piacciono le cravatte di pelle di tartaruga e se vado pazzo per le camicie colorate. Risparmiatemi lo strazio di chiedermi se amo gli animali, se mi ubriaco per la via, se faccio follie per la “bagna cauda” e se vado in motocicletta vestito di giallo. So bene che fremete dalla voglia di farmi delle domande del genere con la scusa che il pubblico non dorme la notte per averne risposta ma con me, se ce la fate, parliamo d’altro. Argomenti per farmi passare per il duro Tenco, per l’arrabbiato Tenco, per l’odioso Tenco ne avete finché volete, che bisogno c’è di chiedermi se attacco vuoti barattoli di conserva alla coda dei gatti e altre idiozie del genere? E soprattutto, fatemi la grazia, non chiedetemi di donne e di amore: sarebbe davvero deprimente parlarne per dire le solite banalità, le eterne falsità sulle donne e sull’amore. D’altra parte non ho nessuna intenzione di affrontare in maniera seria questo argomento. L’amore è una cosa importante, è inutile e mortificante stare a scherzarci su come tanti ritardati. Gli uomini quando parlano di donne e di amore fanno una pena infinita, mostrando in pieno la loro imbecillità, la loro immaturità. In definitiva l’amore è una cosa molto diversa da quella che la maggior parte degli uomini si accontenta che sia. Ma che parliamo di amore? Parliamo d’altro, ho detto, porca miseria.
(Da “Settimana Radio tv”, 1964)
Non sono cupo né malinconico: sono soltanto triste… Non sono ancora nessuno e non mi sento sicuro di me: è questa mia incertezza che mi fa assumere l’aspetto di giovane arrabbiato… Il Festival di Sanremo mi fa paura. Le mie canzoni hanno bisogno di atmosfera, lì c’è confusione e baccano, e in fondo nessuno ti ascolta veramente.
(Da “Novella 2000”)
Avevo forse quattro anni quando chiesi per la prima volta dove fosse mio padre. Tutti i bambini al mio paese di Cassine avevano un padre: io no. Mi spiegarono che papà era morto l’anno in cui io ero nato, colpito da una mucca, con un calcio, durante la mungitura. Poi mi portarono anche a vedere la mucca. Odiai quella bestiaccia e avrei anche voluto ucciderla, ma non si poteva. Perché in campagna una mucca è denaro, dà latte e fa vitelli. Il paradosso mi lasciò molto turbato. Comunque imparai che a volte una mucca può ammazzare un uomo, mentre gli uomini non debbono mai ammazzare le mucche.
(De “Epoca”)
Non andrò mai al Festival di Sanremo: è una manifestazione che non mi interessa e che considero negativamente… I giovani ignorano le canzoni italiane più belle, quelle popolari, i canti alpini. Io farò capire loro quanto siano belle… Finalmente si avvicina il mio momento. L’ondata dei beat e del le canzoni di protesta sta piano piano portando i giovani sulle mie posizioni. Ancora qualche anno, forse solo qualche mese, e mi capiranno. Ora che i tempi sono maturi voglio tentare di sfondare col grande pubblico. Adesso potrei anche venire a patti con l’industria discografica, adesso che sono loro che vengono a cercare me.
(Da “Morte di un cantautore” di Mario Luzzatto Fegiz)
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