il Fatto Quotidiano, 22 gennaio 2024
Benedicta Boccoli odia il cache-col
C’è modo e modo di mangiare una pizza. C’è chi l’assale come un lupo affamato, chi preferisce dividerla a fette in parti uguali, per non contrariare gli altri commensali, e chi la sbocconcella lentamente assaporandone il sapore come se si trattasse di un cibo raffinatissimo e costosissimo. Quel signore seduto al tavolo di fronte a me appartiene di sicuro alla terza categoria e non potrebbe essere altrimenti: porta il Cache-col! Quel fazzoletto di seta orrendo lo odio, ho un’intolleranza nei confronti del Cache-col, mi urta. Sa di nobiltà decadente e puzza d’eleganza esibita. Non serve a nulla, non ripara, spunta dalla camicia come la maglietta della salute. Meglio una sciarpa, un farfallino, un cappio al collo, purché non sia un Cache-col! Continuo a guardare quel signore cachecollato mentre sbocconcella avidamente la sua pizza e sembra che pensi: “Sì certo, sto mangiando la pizza, un piatto povero, non è caviale, ma hai visto cosa ho al collo?” Per lui il foulard di seta è come un segno distintivo. È più forte di me, mi viene naturale immaginare la vita, la storia di quell’uomo e viaggio con la fantasia. Forse è un aristocratico, un Barberini Vien Dal Monte o un Odescalchi Vien Dal Mare. Insomma da qualche parte deve pur venire, non c’è dubbio! Lo guardo con simpatia. Lui invece mi guarda di sottecchi, tipico di quelli che mangiano la pizza con il cash col, non dà troppa confidenza, sta nel suo mondo sicuramente fatto di castelli, di panfili e opere d’arte. All’improvviso, dopo tanta alterigia e distanza aristocratica, finalmente un barlume di umanità: l’uomo del Cache-col si è totalmente ricoperto di sugo, macchie d’olio, pomodoro, mozzarella, acciughe e fiori di zucca. L’unico a restare immacolato, in questa battaglia uomo versus pizza, è proprio il suo Cache-col, troppo chic per sporcarsi. Comincio a rivalutarlo.