La Stampa, 21 gennaio 2024
Biografia di Alberto Bertoni
I venditori dicevano che tutto andava per il meglio. «Ma i fatturati li smentivano, stavamo rischiando il fallimento. Bisognava intervenire rapidamente. Allora sono salito in macchina e mi sono messo a fare il giro dei supermercati e delle zone intorno. Aprivo i cassonetti della raccolta plastica». I cassonetti? «Certo, dai cassonetti si capisce molto sui consumi di un territorio. E infatti nella raccolta plastica, contrariamente a quanto mi garantivano gli agenti di vendita, di bottiglie di acqua Sant’Anna ce n’erano davvero poche. Erano pieni di contenitori vuoti della concorrenza. Allora ho riunito i venditori e ho detto: ‘Voi non mi raccontate la verità. Non posso credere che i nostri clienti siano più maleducati di quelli dei nostri competitor e che non facciano la raccolta differenziata della plastica». Ha funzionato? «Certo». Anche oggi che vende un miliardo e mezzo bottiglie all’anno continua a rovistare nei cassonetti? «Lei non sa quante cose si scoprono analizzando i rifiuti. Sì, qualche volta lo faccio. È un indicatore infallibile».Le foto lo ritraggono sdraiato su montagne di bottiglie. Alberto Bertone, 57 anni, è il re dell’acqua. Da sola la Sant’Anna rappresenta il 13 per cento del mercato italiano, è in cima alla classifica. Il concorrente che occupa il secondo posto è molto distante, è all’8. Come si arriva così in alto? E in poco tempo, una ventina d’anni? «Bisogna avere fortuna ed essere un po’ ignoranti». Ignoranti? «Gli ignoranti sono le persone ideali per correre rischi. Perché non li conoscono fino in fondo. Diciamo che ci provano. La mia famiglia non si è mai occupata di acque minerali. Mio padre era un costruttore edile». In fondo il capitalismo funziona così: è molto importante il mestiere che fai ma è ancora più importante la capacità di quell’attività di generare utili. Così non è strano che il figlio di un costruttore produca acqua in bottiglia. «Anche per mio padre nulla è stato facile. Al paese, vicino a Mondovì, pascolava le mucche. I suoi amici studiavano ma i miei nonni non avevano i soldi per mandarlo a scuola. Allora lui ha cominciato a distribuire i panettoni Galup. Poi ha trovato un posto da garzone da un panettiere di Moncalieri. Quando il titolare si è ritirato ha comperato il negozio con le cambiali». È riuscito a finire le scuole? «Mentre sfornava il pane studiava il manuale del geometra. Si è diplomato e ha cominciato a investire nella compravendita di alloggi». Negli anni ’90 i Bertone hanno costruito la frazione di Borgaretto, 7.500 abitanti alle porte di Torino.Un’epopea berlusconiana, Borgaretto come Milano2? Non troppo. Il ricordo che Alberto Bertone ha del Cavaliere è quello delle riunioni che ogni due mesi Berlusconi organizzava a casa sua convocando duecento imprenditori di tutta Italia. Serate a villa Certosa? Lui sorride: «No andavamo a villa Gernetto, vicino a Saronno». Una scuola di politica? «Un modo per imparare che la politica non è pane per gli imprenditori». Eppure lui è diventato presidente del Consiglio… «Ma proprio mentre era capo del governo ci raccontava tutta la sua delusione. Diceva che da quando una legge viene preparata al giorno in cui viene varata le modifiche di Camera e Senato la stravolgono. E poi era deluso dai suoi sostenitori». In che senso? «Diceva che una volta entrati nella stanza dei bottoni avevano cominciato a fargli la guerra». Vi aveva fatto degli esempi? «Certo, in quel periodo era molto arrabbiato con Giulio Tremonti. Pensava che stesse lavorando per fargli le scarpe».La villa di Bertone, il cuore operativo del suo impero, è invece un container di fianco allo stabilimento di Vinadio. Come Leonardo Del Vecchio anche il re dell’acqua ha scelto un paese sperduto in fondo a una valle laterale, in questo caso nel Cuneese, per creare il suo miracolo. Duecento dipendenti diretti e un esercito di 48 robot che spostano i pallet di acqua minerale, 600 ciascuno, dall’imbottigliatore a una delle 35 bocche di uscita dei tir. 48 robot sincronizzati dal Gps. Non avete pensato di dare un nome a ciascuno, di renderli un po’ meno anonimi? «L’dea è venuta a uno di noi qualche tempo fa. Poi abbiamo verificato che personalizzare ciascun robot sarebbe stato troppo costoso». Di fronte al piazzale c’è una folla di tir che percorre alla valle nei due sensi. Non troppo ecologico, non trova? «Certo, ha ragione, siamo i primi ad aver proposto una ferrovia che colleghi lo stabilimento con il fondovalle. Ma i sindaci si oppongono e non se ne fa nulla. Pensi che non si riesce neppure a costruire una circonvallazione stradale che tolga il traffico dai paesi. I soldi ci sono, 50 milioni, i progetti ci sono ma da 13 anni non si riesce ad andare avanti».Ha fatto più in fretta Sant’Anna a costruire i 600 chilometri di tubature nella montagna per captare l’acqua dalle sorgenti e portarla alla condotta che alimenta lo stabilimento. Un’opera di ingegneria notevole: «Potremmo fare molto di più se ci dessero le autorizzazioni necessarie». E se il cambiamento climatico non minacciasse le falde… «Beh quella è un’incognita seria. Finora non abbiamo avuto problemi. Su queste montagne il ciclo dell’acqua dura tra i sei mesi e un anno. Se in inverno non nevica la falda si abbassa l’autunno successivo».Signor Bertone, qual è il segreto del vostro successo? «Il segreto è l’acqua. È leggera, ha un residuo fisso molto basso. Siamo stati i primi a proporre la pubblicità comparativa. Abbiamo confrontato le proprietà di Sant’Anna con quelle dei concorrenti». Qualcuno si sarà arrabbiato… «Qualcuno? Tutti. Sono partite le cause. Le abbiamo vinte tutte. Un concorrente ci ha fatto un enorme piacere mettendo in pubblicità una foto con la sua bottiglia e la nostra per confrontarle. Così ha diffuso il nostro nome dappertutto».Che l’acqua sia buona è fondamentale ma senza pubblicità non si va lontano: «Ho fatto e faccio pubblicità su Rai e Mediaset, sponsorizzando tutto, dagli sport al meteo». Ma è nelle tv di Berlusconi che il volto di Alberto Bertone è diventato di casa: «Quando c’era qualche polemica mi chiamavano in trasmissione. Mike Buongiorno diceva: ‘Vieni Alberto, vieni a spiegare davanti alle telecamere, mettici la faccia’. Ha sempre funzionato». Quali sono i ricordi di quelle trasmissioni a Mediaset? «C’erano dei grandi professionisti. Tutti recitavamo un copione durante gli spazi pubblicitari. Ma personaggi come Gerry Scotti non ne avevano bisogno. Partiva il gobbo e loro recitavano a soggetto».I grandi incontri, la fortuna, la ricchezza. Ma anche le difficoltà di una vita non sempre generosa: «La vita cambia all’improvviso, sfugge alla tua volontà. Anche se hai una volontà di ferro, la voglia di combattere sempre e in qualsiasi situazione. Mi dicono tu sei forte, Leone ascendente Leone. Ho avuto successo, tante soddisfazioni professionali. Tutto diventa cenere in un momento. Basta una telefonata. Avevo sentito mia moglie pochi minuti prima, era contenta, serena. Poi ha chiamato mia cognata: ‘È svenuta, è a terra, non risponde più’». Quando Roberta è morta Camilla aveva sette mesi. Lei e il fratello più grande, Filippo, sono stati allevati da me e da mia cognata. Ti accorgi in fretta che i ragazzi sono più preziosi di tutte le ricchezze e di tutte le fortune. Non capisco chi fa i figli e poi non se ne occupa». E ora, sette anni dopo? «Ora ho una compagna genovese. Continuo a occuparmi dei figli e nel tempo libero vado a navigare in barca a vela». Ciascuno ha il suo destino. Alberto Bertone è un caso astrologico raro: è un Leone ma in fondo è un segno d’acqua. —