La Stampa, 21 gennaio 2024
Guerra ibrida i vantaggi dei Pasdaran
Il raid israeliano su Mezzeh, il quartiere delle forze di sicurezza siriane, roccaforte di Bashar al-Assad e del suo Moukhabarat, i Servizi segreti, è una risposta speculare al blitz dei Pasdaran a Erbil. Martedì ben quattro missili avevano demolito un complesso residenziale di un uomo d’affari, che Teheran ha etichettato come “il centro comando” del Mossad nel Kurdistan iracheno. In ogni caso le Guardie rivoluzionarie avevano dimostrato la capacità di condurre “omicidi mirati” nella provincia di Erbil, di fatto un protettorato americano nella regione. La rappresaglia israeliana è stata quindi anche un messaggio politico: possiamo colpirvi anche noi a piacimento nel vostro protettorato, cioè la Siria.
I due fronti in lotta stanno portando al limite le rispettive dottrine di deterrenza. Ci sono molte linee rosse da oltrepassare prima di arrivare allo scontro aperto. La dirigenza israeliana è consapevole che l’alleato indispensabile, l’America, non è disposta a seguirla in un conflitto allargato, ad alta intensità. Sono una piccola parte dell’establishment, quello repubblicano neocon, alla Mike Pompeo per intenderci, ritiene opportuno “bombardare l’Iran”. Nel partito democratico una vasta fronda a sinistra spinge invece Joe Biden a frenare gli aiuti allo Stato ebraico.
Altrettanto fallimentare è stata l’idea di balcanizzare l’Iran con l’appoggio agli insorti delle minoranze etniche. Anche la protesta contro il velo aveva all’interno una forte componente curda, ma è stata schiacciata dal regime senza eccessivi problemi. Questo perché l’Iran, entità statuale con ambizioni imperiali da tremila anni, non è l’Iraq o la Libia, invenzioni post-coloniali con scarso collante interno. Mentre la Siria è una via di mezzo, e infatti dalla fine è sopravvissuta alle spinte centrifughe e il cambio di regime non è riuscito.
L’utilizzo delle milizie all’interno di Stati frammentati è riuscito molto meglio all’Iran, sotto la regia del generale Qassem Suleimani. Pezzi di Libano, il grosso della Siria, il nucleo storico dello Yemen sono adesso pedine fondamentali manovrate dai Pasdaran. L’idea di inibirli con semplici raid, che siano israeliani, britannici o americani è fuori dalla realtà. Servirebbero ampie operazioni militari, ma di dimensioni molto maggiori rispetto all’occupazione di Gaza, che dopo oltre tre mesi non è ancora conclusa. —