Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  gennaio 21 Domenica calendario

Craxi, ad Hammamet 24 anni dopo la morte Pochi nostalgici e il gelo tra i figli


HAMMAMET (TUNISIA) – Si rincorrono, senza saperlo, per le stradine della Medina di Hammamet. Sono 24 anni esatti dalla morte di Bettino Craxi: i figli Stefania e Bobo camminano per i vicoli di questa fortezza araba, cuore umano di una città ormai rovinata dal turismo mordi e fuggi. S’incrociano e si sfiorano, non si guardano e non si parlano, mentre un vento umido soffia a tratti dagli spiragli delle mura antiche, dal mare turchese. Intanto, per il consueto giorno della commemorazione, si aggira ovunque un eterogeno popolo craxiano, fatto di “reduci” o simili, overcinquantenni pieni di nostalgia per l’Italia da bere degli anni Ottanta, e qualche giovane, nostalgico a posteriori, di quello che l’Italia avrebbe potuto diventare. Ma non lo è.
Bobo è già stato il giorno prima sulla tomba, nel piccolo cimitero cristiano, a ridosso delle mura: «Vi holasciato quattro rose del deserto». Pochissimi compagni con lui. Ieri, invece, a mezzogiorno la commemorazione organizzata da Stefania e dalla sua Fondazione Craxi. Bobo non c’è («Devo tornare in Italia», si è giustificato poco prima). Sono un centinaio, a spanne tutti di destra, lì per l’ex leader socialista. Piero (classe 1965) e Marina (1962) sono tra di loro. Fanno parte dei 5mila italiani che ormai abitano permanentemente ad Hammamet (la Tunisia offre generosi sgravi fiscali, soprattutto ai pensionati europei). Ammettono: «Noi siamo di Giorgia. Ma Bettino è l’ultimo statista che abbiamo avuto. Aveva anche una sensibilità sociale, che la sinistra ha perduto. I suoi nemici politici, come siamo sempre stati noi di destra, gli riconosciamo dei meriti. La sinistra no, ha paura a guardarsi allo specchio».
Stefano Monti, invece, ha 26 annie ha fatto l’andata e ritorno da Roma in due giorni per rendere onore a «chi ha sempre portato l’Italia in primo piano e non è mai stato la costola di nessuno». È un simpatizzante di Forza Italia. «Craxi voleva un’Europa unita e solidale ma ha sempre ragionato con la sua testa. Oggi in Italia un nuovo Craxi non esiste». Secondo lui «Meloni, che negli ultimianni ha cambiato registro su più punti, dovrebbe avere il coraggio di affrontare anche la vicenda Craxi». Lei non è intervenuta, mentre negli ultimi giorni gli hanno reso omaggio diversi politici (tutti del centrodestra, nessuno della sinistra). Ieri perfino Ignazio La Russa, presidente del Senato, ai tempi suo nemico indefesso, ha riconosciuto in Craxi«uno statista che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’Italia repubblicana». Al cimitero, a un certo momento si materializza perfino un prete, che legge passi del Vangelo. Ma Craxi mica era credente? «Vero, ma noi italiani siamo cristiani – spiega Stefania –. Da giovane mio padre fece il collegio dai preti e voleva fare il prete. Aveva un senso religioso della vita». C’è un Craxi a uso e consumo di tutti, tanto il personaggio fu contraddittorio e divisivo in vita. Lo resta maledettamente pure oggi.
Stefania è stata eletta senatrice di Forza Italia alle ultime elezioni. Bobo si era presentato con il centrosinistra, ma non ce l’ha fatta. «Ognuno con Craxi cerca di tirare la giacca dalla sua parte – dice lui –. La difesa della sovranità nazionale al momento della vicenda di Sigonella, ad esempio, viene rivendicata sia dalla sinistra che dalla destra». Nell’ottobre 1985, nella base Nato in Sicilia, si andò vicino allo scontro tra i carabinieri e i militari americani della Delta Force, che volevano impossessarsi dei terroristi palestinesi (avevano sequestrato l’Achille Lauro e ucciso un suo passeggero, ebreo americano e disabile scaraventato in mare). Craxi s’impose e riuscì a metterli in salvo, compreso il “mitico” Abu Abbas. Per Stefania, «la sinistra, per fare i conti con Craxi, dovrebbe fare i conti con la sua storia e dire che Craxi aveva ragione: sul comunismo, sulla scala mobile e su troppe cose. E questo è faticoso dirlo».
I fratelli sono d’accordo nel definire esilio i sei anni di Craxi ad Hammamet, per altri una fuga (alla sua morte, l’uomo aveva ricevuto due condanne a dieci anni totali di reclusione). «Aveva un’umanità gigantesca – ricorda Stefania –. Ma era timido e quindi reagiva con quel lato rude della sua timidezza. Sapeva tutto dei suoi, si preoccupava di tutti». «Ha aiutato tanta gente povera qui nella Medina», aggiunge Bobo, che nel primo triennio visse ad Hammamet accanto a lui. Bettino, per anni preso dalla politica, «poi ebbe bisogno di noi e voleva che stessimo sempre con lui, non fu facile». I due fratelli ci sono stati: presenti. Quello (quell’amore), al di là di tutto, li accomuna.
Bobo: “Ci voleva qui con lui in quegli anni” Con Stefania si ignorano in strada Per la prima volta nessuna delegazione parlamentare. Solo alcuni over50 dall’Italia