Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  gennaio 21 Domenica calendario

Domenica mattina davanti all’edicola

Il 21 gennaio 1979 era domenica, come oggi. Al cinema Vittoria di Crema davano «Corleone», al cinema Cremonesi «Alta tensione», al cinema Astra «Come perdere una moglie e trovare un’amante». Nella sala parrocchiale di via Forte era in programma una vendita all’asta di quadri di artisti contemporanei (600 opere, 300 pittori). Al Polisportivo di Santa Maria, il Crema affrontava il Melzo nel campionato di Promozione. La farmacia di turno era quella del dott. Gazzoletti, in piazza Garibaldi. Le edicole aperte in città, non ricordo. Ma so di averle girate tutte, freneticamente.
Dovevo acquistare tante copie del quotidiano «La Provincia» di Cremona, in modo da distribuirle ad amici e parenti. A pagina 9 («Crema e il cremasco»), usciva il mio primo articolo. Taglio basso, sei colonne. Titolo: «Carrozzieri a Tahiti (grazie alla neve)». Raccontava le fortune commerciali delle carrozzerie locali, impegnate a riparare le auto reduci dai testacoda nella neve sui piazzali di periferia. Il racconto era dettagliato. Per forza: una di quelle macchine la guidavo io. Al traino, un amico lanciato nello sci nautico con gli sci da neve.
Quarantacinque anni dopo – un’altra domenica di gennaio, stavolta senza neve – ricordo l’emozione di aprire il giornale, trovare la pagina e leggere il mio nome sotto l’articolo. Nessun esame superato all’università – studiavo giurisprudenza a Pavia – mi aveva dato la stessa gioia. Ho capito quel giorno – lì, al freddo, col mio pacco di quotidiani in mano – cosa avrei voluto fare nella vita. Qualcosa che mi rendesse felice.
Quando visito le scuole superiori, quando insegno all’università, guardo i ragazzi e penso: devono provare a essere felici com’ero io quella domenica mattina, davanti alle edicole. Devono conoscere il momento luminoso in cui tutto diventa improvvisamente chiaro: chi sei e cosa vuoi diventare.
Ho la sensazione che non sarà facile, e non per colpa loro. Ma ormai sono un nonno, e sto zitto: gli anziani che dipingono il mondo a tinte fosche sono insopportabili. Taccio, quindi, e gli auguro in silenzio di trovare qualcuno che capisca come sono fatti e cosa sanno fare. E poi li spinga dolcemente nella direzione giusta. Il resto lo faranno da soli.