la Repubblica, 20 gennaio 2024
Vivere l’amore a Tokyo
Il rapporto di Tokyo con l’amore è motivo di stupore costante per chi non la conosce. Qui una relazione sentimentale la si cerca ma non la si insegue. È una capitale che tollera la solitudine e, al vincolo a due, predilige il mantenimento del proprio mondo interiore. Oltre le vetrate dei caffè e dei ristoranti, si scorge ogni giorno una miriade di figure di uomini e donne che pranzano e cenano soli. Sul tavolo è posato il cellulare, in attesa dell’ordinazione c’è chi sfoglia un libro, eppure nel pasto non c’è alcun imbarazzo: la compagnia è il cibo stesso. Così accade al cinema, al teatro, in una sala concerto, a una fiera, e l’età di chi affronta ogni esperienza in solitaria non è affatto avanzata. Ricordo, nei primi anni di Tokyo, un caffè della Shibuya più sovraeccitata e irrequieta, in cui, in una penombra tanto spessa da richiedere l’uso di una torcia per orientarsi, giovani donne vestite alla moda, uomini d’affari, donne attempate e ragazzi dalle creste da acchiappa-clientidi locali pornosoft, bevevano un caffè nero o un tè al latte, mentre in sottofondo passava su vinile una melodia classica dietro l’altra. Tutti soli e zitti, erano assorti nelle melodie, sonnecchiavano affondati nelle poltrone di velluto. Quella solitudine mi meravigliava e soprattutto, a stupire la ventenne che ero e che mai come in quei primi anni di Giappone si era sentita disperatamente sola, era la modalità pacata, del tutto normale, con cui veniva accolta.Periodicamente, di sondaggio in statistica, di ricerca universitaria in analisi sociologica, emerge in Giappone un quadro d’amori calmi, mai a tutti i costi, mai per forza, una generazione per cui l’amore non è la priorità, né lo sono il matrimonio o una sistemazione di coppia. Il sentimento romantico, la passione, paiono più che altro un tema, un ideale che si realizza nei dorama (le serie TV in cui si mostra quanto nel quotidiano resta solitamente nascosto), nell’esplorazione emotiva che trova spazio in certi manga, romanzi e pellicole che si concentrano sull’ossessione amorosa. Tuttavia, nel Giappone del quotidiano, non si avverte quell’emozione simbiotica che in Occidente è spesso considerata sinonimo del sentimento; a Tokyo si può decidere di convivere ma di trascorrere comunque da soli un sabato sera; si può avere una soddisfacente relazione sentimentale ma decidere, nonostante tutto, di organizzarsi un viaggio in Nuova Zelanda senza il compagno.Dopo le lezioni parlo spesso con gli studenti universitari che a centinaia affollano ogni anno le aule, chiacchiero con le amiche giapponesi – alcune divorziate, altre che non si sono mai accasate, altre ancora sposate o che hanno deciso di volere una relazione vicino ai 40 e che, con un approccio del tutto razionale, si sono rivolte ad agenzie matrimoniali, in cui la profilazione è talmente dettagliata da uccidere in apparenza ogni poesia. Ma l’amore, in fondo, non è solo poesia; lo è, a ogni latitudine, l’innamoramento, ma poi si tramuta in prosa, una prosa che prende tempo, impegno nel compromesso, scambio. E infatti i giovani giapponesi, interrogati nei sondaggi, rispondono spontaneamente che sì, sarebbe bello avere un partner, ma non si impegnano più di tanto per trovarlo, soprattutto perché è grande il timore di non riuscire più a curare i propri interessi. Paiono consapevoli del rischio: l’amore prende tempo, porta le vite altrove.Se una volta il modo di incontrare qualcuno restava confinato a «scuola/posto di lavoro» o alla «intercessione di amici e parenti», i ragazzi che oggi hanno 20 e 30 anni affiancano a «scuola/posto di lavoro», l’«utilizzo di applicazioni online». Nasce da qui l’iniziativa, annunciata dal governo metropolitano di Tokyo alla fine del 2023, ma che sarà concretizzata all’inizio del sesto anno fiscale dell’era Reiwa (ovvero da aprile 2024, quando inizia ufficialmente il calendario in Giappone) di offrire a uomini e donne di più di 18 anni un servizio sicuro di incontri, sviluppato con l’intelligenza artificiale, chiamato Tokyo futari-storyovvero «una storia a due (a) Tokyo». È la prima volta nella storia della città. In un’era in cui una persona su quattro si sposa utilizzando una applicazione di incontri, il target sono coloro che si sentono insicuri circa le modalità di utilizzo di Internet, coloro che non sanno bene come cercare un partner e coloro che, per quanto vogliano, non sanno decidersi.Scorrendo il sito di presentazione è altrettanto chiaro come l’obiettivo siano le nozze: il Giappone, del resto, è un paese in cui i bambini che nascono fuori dal matrimonio sono statisticamente pochi (solo il 2,3% nel 2021, secondo la Ocse). La grafica, che accompagna garbatamente ogni aspetto della vita giapponese, ammorbidendone spigoli e smorzandone le difficoltà, mostra alla fine della schermata una coppia vestita a nozze. Per aiutare la curva demografica in Giappone serve iniziare dal suo nucleo centrale, da una Tokyo che è sempre più consapevole; la capitale sì è sviluppata talmente negli anni che si è trasformata in un organismo a sé stante e poco subisce l’ambizione del governo metropolitano che avverte, invece, la pressione di dover aumentare il numero di persone sposate e di abbassare l’età media delle unioni. Forse, come fissato nei suoi obiettivi, l’applicazione aumenterà a Tokyo le coppie ma la capacità di stare bene da soli, di vivere l’amore come un sentimento importante ma non fondamentale alla realizzazione individuale mi pare, non meno dell’AI, il futuro.