Corriere della Sera, 20 gennaio 2024
In memoria di Craxi
«Che ci sia stato un progresso si vede nella valutazione delle persone normali, degli storici e dei giornali. Le prime volte, le commemorazioni nell’anniversario della morte di Bettino Craxi erano la continuazione di una guerra civile. Quella di adesso è la pretesa che la commemorazione rimanga la continuazione di una storia dell’Italia repubblicana, il ricordo di un uomo che ha svolto un ruolo nel mondo», dice Stefania Craxi da Hammamet. La figlia dell’ex presidente del Consiglio, e per quasi 17 anni segretario del Partito socialista italiano, prevede per oggi l’arrivo di «un centinaio di persone» nella località tunisina nella quale il padre si rifugiò dal 1994 al 2000. Il trasferimento fu dovuto a inchieste e processi di «Mani pulite». La magistratura lo considerava latitante e l’ex presidente del Consiglio si definiva in esilio. Che queste commemorazioni non siano a Milano o a Roma, che la tomba di Craxi sia per sua volontà in Tunisia, conferma il peso di quanto avvenne al principio del decennio Novanta. Tuttavia le differenze tra l’Italia di oggi e quella di allora risaltano.
Cambiano le stagioni politiche, cambiano i corsi delle vite di ciascuno. «In questi 24 anni ho impedito che”il Caso Craxi” si chiudesse», rivendica Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia e presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato. Bobo Craxi, il secondo figlio, uno dei leader della formazione che usa tuttora la sigla Psi, al cimitero sulla tomba del padre è andato invece ieri con alcuni compagni e con due cantanti lirici che all’uscita hanno cantato Va pensiero e Bella ciao.
Temperamenti diversi, percorsi politici distanti, entrambi i Craxi, ascoltati separatamente, dimostrano di avere netta la percezione di un altro clima dopo il tempo passato dall’inizio del secolo. «Come accade per i grandi traumi, una ventina di anni fa si tendeva a non volerne parlare. Oggi se ne parla ogni settimana. La frattura della fine della Prima Repubblica è una storia viva nella memoria del Paese», osserva Bobo, consulente di aziende su «internazionalizzazione» di imprese e informazione. La sorella maggiore osserva: «La storia sta facendo il suo lento ma inesorabile lavoro».
Stefania Craxi
Fu un uomo che coprì un ruolo nel mondo
Lo condannò un teorema
C’è un paradosso notevole in questo. Nel dibattito pubblico la riconsiderazione politica della figura di Bettino Craxi, protagonista del socialismo italiano il cui nome è stato a lungo materia di cronaca giudiziaria, si è sviluppata in un’Italia che ha visto crescere, non restringersi, la cosiddetta «antipolitica» già evidente nella stagione di «Mani pulite». E come finanziare la politica in maniera legale, e funzionale alla democrazia, nel nostro sistema resta problema insoluto. Nel 1992, alla Camera, il segretario del Psi affermò che tutte le forze politiche «hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forme irregolari o illegali» rispetto ai fondi pubblici di allora e che nessun capo di partito si sarebbe potuto alzare per «un giuramento in senso contrario».
Sulla corruzione che fu al centro del terremoto di «Mani pulite» Stefania Craxi sostiene: «Non c’è alcuna prova che Craxi in persona possa aver chiesto del denaro. È stato condannato non per un reato penale, ma per un teorema». Bobo sottolinea differenze con certe ostentazioni di nuovi dirigenti politici attuali: «Al mio matrimonio eravamo in tutto una decina, non mi è mai venuto in mente di chiamare fotografi».
La sorella inaugurerà ad Hammamet una mostra su Craxi e l’Europa. Unanimità in Italia nel giudizio sulla figura del padre non ci sarà mai, e forse neppure lui, che aveva un’indole marcatamente determinata, la avrebbe desiderata. «Il presidente della Camera mi ha mandato un videomessaggio», è uno dei particolari che Stefania Craxi fornisce sulle commemorazioni organizzate dalla sua fondazione. Il presidente della Camera è della Lega. Una forza politica che nel 1992 non avrebbe ipotizzato di compiere un passo del genere.