Corriere della Sera, 19 gennaio 2024
Faida in casa Soru
ROMA «Sentire mia figlia è torturante», continua a dire in privato Renato Soru dopo averlo detto in pubblico. E dopo avere spiegato a più riprese che la ventilata accusa di patriarcato applicata alla sua decisione di scendere in campo alle Regionali sarde, nata dal testa a testa che lo vede contrapposto alla figlia Camilla, candidata col Pd e quindi sostenitrice di Alessandra Todde, va respinta al mittente, «visto mia figlia dimostra semmai che sono poco patriarcale».
Qui Camilla, dopo aver raccolto i pensieri, con parole che arrivano come un flusso di coscienza: «Mio padre è circondato da gente che lo consiglia male ma questo è sempre successo. Si è sempre accompagnato a persone che hanno paura di lui o non sono in grado di dirgli di “no”, di segnalargli un punto di vista diverso dal suo. Avete presente gli adepti di una setta col santone? Così. Non ha lasciato nulla. Non una classe politica, non un’eredità… Ora non dico che dovesse lasciarla a me ché neanche la volevo. Ma diamine: gli avevo chiesto anni fa di tornare ad affacciarsi a qualche iniziativa politica e lui mi diceva che non ne aveva più voglia. Poi aveva detto che non voleva ostacolare me. E com’è finita? Me lo sono ritrovato candidato contro di noi, col rischio che faccia vincere questa destra, senza neanche una telefonata prima. Io, la figlia, l’ho saputo come tutti gli altri. Adesso sa che cosa spero? Che vinciamo. Non solo per la salvezza della Sardegna ma anche per trovare la forza di perdonarlo per la str...ata che mi ha fatto, che ci ha fatto... Perché solo se vinciamo la troverò».
La voce le si rompe. D’altronde, non è più soltanto politica. Il duello in casa Soru alle Regionali è stato analizzato da tutti i punti di vista, dal più serio al più leggero, sull’isola e «in continente». Non è comune, in un’era di «figli di» attaccati al treno dei genitori, assistere a tutto questo. Ma in tutto questo, a poche ore dalla presentazione delle liste, c’è anche il filo di un rapporto tra figlia e padre talmente consumato da potersi spezzare.
Non è uno scherzo. E, se mai lo è stato, adesso non lo è più. Poco prima delle 19, l’ex governatore sta per iniziare l’ennesima iniziativa pubblica. La figlia, giorni fa, ha manifestato la speranza che potesse ritirarsi per lasciare il campo alla sola Todde. Soru consegna pochissime parole: «Ha fatto bene a verificare ma io le confermo che sarò candidato. È conclamato, ormai». Quando si parla della disputa familiare, la voce si fa di ghiaccio. «Parliamo d’altro, di questo non parlo più».
Non c’è un precedente recente, nulla che assomigli al derby in casa Soru, negli ultimi trent’anni di politica italiana. Tanto che fuori dall’isola, all’inizio di questa storia, c’è anche chi aveva pensato a una specie di gioco delle parti. E invece sono settimane che Camilla non fa che chiedersi, del papà, «perché l’ha fatto?». Correre «sapendo di perdere, sostenuto da Rifondazione comunista, lui che è sempre stato un anti-comunista, e da qualche indipendentista, lui che è sempre stato anti-indipendentista. Ma sicuro troverà una cosa per rigirarla a parole a suo favore. A comunicare è sempre stato bravo, solo in questo. Come quando ha ottenuto il successo di essersi fatto eleggere a Bruxelles e poi si è fatto valere in Europa solo per percentuali di assenteismo da record...».
Una storia lacerante, che va oltre l’economia di un risultato elettorale. Padre e figlia non si sentono da ottobre, le feste sono passate senza gli auguri. «Sentire mia figlia è torturante. Io vincerò le elezioni col 40», dice l’ex governatore, critico contro la candidatura di Todde. Ma anche su questo Camilla ha una sua versione: «Quando facemmo un’iniziativa con Todde, tempo fa, mio padre mi disse che era bravissima. Ora si scopre che non è più brava, che serve che si candidi lui. Mah... Le dico come la penso: una specie di redenzione, dal mio punto di vista, mio papà la ottiene solo se non fa vincere la destra. In caso contrario...». Oltre i puntini di sospensione meglio non addentrarsi. Oltre, più che la politica, adesso c’è una famiglia.