Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  gennaio 18 Giovedì calendario

Intervista a Giuseppe Bergomi

“L’esonero di Mourinho ha sorpreso anche me. Ci sono molte cose da dire”.
Giuseppe Bergomi detto lo Zio, in auto da Milano a Cesena: dovrà parlare di leadership e di gestione del gruppo a una convention. Leadership e gestione: i capisaldi del “mourinhismo”.
Diciamo queste cose, allora.
Licenziare Mourinho potrebbe anche essere una soluzione giusta, il calcio percorre strade spesso imprevedibili, ma non mi piace la demolizione delle persone da un giorno all’altro. Mourinho avrà commesso i suoi errori, ma ha riempito Roma e la Roma di cose buone. Ha riportato la Roma alla conquista di un trofeo dopo 14 anni. Ha perso una finale di Europa League con le modalità che sappiamo. Ha dato emozione, passione e unità al popolo romanista, producendo una serie incredibile di sold out. Lascia una Roma a cinque punti dal quarto posto, con mezza squadra fuori uso per infortunio e un gruppo più debole rispetto alla scorsa stagione.
Nessuno è mai esente da colpe: dove ha sbagliato Mourinho?
Forse ha esagerato nelle proteste e nelle espulsioni. Ha trasmesso troppa elettricità. Queste cose potevano forse funzionare all’epoca del Triplete, ma il calcio da allora è cambiato. È l’unico appunto che mi sento di muovere. Rimpiangeremo Mourinho. Il suo addio impoverisce il nostro mondo.
Tocca a Daniele De Rossi, debuttante in panchina in Serie A.
Ha fatto bene ad accettare, pur nella consapevolezza che gli è stata affidata una missione quasi impossibile. Daniele ha però i requisiti giusti: conosce l’ambiente, possiede un’intelligenza non comune, ha le motivazioni di chi si gioca l’occasione della vita e ha capito che nella vita non devi mai fermarti.
Ha osservato Capello: gli americani mancano di rispetto, citando i casi Mourinho e Maldini.
Sulla questione-Mourinho, hanno preso una decisione, seppur discutibile, che appartiene ai canoni del calcio. La rimozione di Maldini è incomprensibile. Paolo ha compiuto cose importanti nel Milan.
Gli americani vogliono imporre nel calcio il metodo degli algoritmi.
Le statistiche sono importanti, ma nello sport esiste il capitale umano da considerare.
In Serie A, duello Inter-Juve.
Lo avevo previsto a inizio stagione. La Juventus ha trovato il miglior Rabiot, è tornata a splendere la qualità di Vlahovic e Allegri è abilissimo nella gestione del gruppo. L’Inter è stata brava nel rinnovarsi ed essere subito competitiva. La Supercoppa in Arabia e il calendario asimmetrico possono dare la spallata decisiva.
Giudizio secco sulla Supercoppa in Arabia?
Non mi piace. Amo il modello inglese: si assegna il trofeo a inizio stagione, in campo le vincitrici di campionato e coppa nazionale. Con questo format a quattro, può sollevare il trofeo chi l’anno prima non ha vinto nulla. Otto milioni di euro sono una buona ragione per accettare questa formula, ma ricordiamoci sempre dove giochiamo e chi paga.
Tradotto?
Sappiamo bene dove si gioca e penso che si debba fare attenzione.
A Cesena parlerà di leadership e gestione gruppo.
Quando giocavo ero timido. Parlavo poco, centellinavo le parole. La televisione mi ha sciolto e ora mi ritrovo a fare conferenze. Lo sport richiede metodiche applicabili anche nell’economia. Gestire le risorse umane è una componente fondamentale.
Alex Ferguson ha scritto un best seller sull’argomento…
Non lo conosco. Leggere le esperienze di personaggi come lui è istruttivo.
L’aspetto più delicato dell’attività televisiva?
È importante la scelta delle domande, capire il registro e la psicologia dell’interlocutore.
È stato difficile il passaggio dall’attività di calciatore al post carriera?
Quando smetti, ti ritrovi all’improvviso sospeso nel vuoto. Nel mio caso, sentivo che il corpo aveva bisogno di muoversi: fermarsi dopo trent’anni di allenamenti quotidiani fu uno choc. Cominciai a correre. Da giocatore, non amavo le distanze lunghe: ero uno scattista, il fondo mi annoiava. Da ex calciatore ho invece scoperto la bellezza della corsa e ho fatto due maratone di New York, nel 2008 e nel 2009. La gente mi gridava “Go Beppe” e io mi caricavo. Oggi spalmo lo sport tra corsa, palestra e padel.
Sessant’anni compiuti a dicembre, lo Zio è diventato grande.
Ho una vita piena: la televisione, l’accademia dell’Inter, diversi interessi, la famiglia, la voglia di imparare cose nuove. Il bicchiere è pieno.