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 2024  gennaio 17 Mercoledì calendario

I limoni di Bolzano

Archivio14 Gennaio 2024Chiudi Con questo numero1Pagina16/17di 18Arricchimenti TEMPO LIBERATODomenica14 Gennaio 2024Dimensione caratterequando a bolzano si poteva limonareAgricoltura sorprendente. Una mostra al Palazzo Mercantile restituisce un’immagine inedita di una città ricca di limonaie: gli agrumi erano utilizzati per dolci e conserve. Quadri, documenti e una singolare collezione di spremiagrumiGiuseppe Barbera«Tutto in questi alberi affascina gli occhi, soddisfa l’odorato, stimola il gusto, nutre il lusso e le arti e mostra all’uomo stupito l’insieme di tutti i piaceri». È entusiasta Giorgio Gallesio, autore di Pomona Italiana, quando nel 1811 scrive di un successo che, con la diffusione della navigazione a vapore e delle ferrovie, finalmente porta arance e limoni in tutta Europa. Piante originarie delle foreste ai confini tra India e Cina erano gradualmente giunte nel Mediterraneo (prima il cedro e il limone, poi l’arancio e più tardi il mandarino) ma solo nel XIX secolo sarebbero arrivate oltre le tavole e i giardini aristocratici per diffondersi nelle campagne costiere del Sud e nei mercati delle grandi città europee.
Fino ad allora dai giardini mediterranei provenivano frutti essiccati o in salamoia e, a costi molto elevati, i cedri richiesti dalle comunità ebraiche perché indispensabili per la Festa dei Tabernacoli. Frutti esotici colorati e saporosi, fiori candidi e profumati, alberi di forma armoniosa con la corteccia liscia e cuoiosa, foglie persistenti lucide e scure. È da stupore e meraviglia che nasce la domanda di Mignon nella ocazione teatrale di Wilhelm Meister di Goethe («Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?») e quella di Stendhal alla zia Elisabetta nella Vita di Henry Brulard: «Esiste dunque un paese dove gli aranci crescono in piena terra?»
Ovunque si coltivino, per superare i limiti che derivano dall’origine tropicale, bisogna però soddisfare alcune necessità agronomiche. L’aridità dell’estate con l’irrigazione; per i rigori dell’inverno, come a Sorrento ed Amalfi, coperture con frasche e paglia oggi sostituite da reti di plastica.
Ancora più a nord, fin dai tempi romani e poi nella Firenze dei Medici e della loro smisurata passione espressa in architetture, quadri e opere letterarie, dove non sia possibile appoggiare gli alberi a muri esposti a sud, si coltivano in vasi che in inverno si ricoverano in serra. Integrandosi con architetture palaziali, aranciere (limonaie o cedraie) monumentali si diffondono nelle ville nobiliari dalla metà del XV secolo.
A Firenze, nella Villa del Castello, una limonaia ancora in uso quando gli agrumi fioriscono diventa una stordente camera di profumi. A Potsdam nel parco di Sanssouci, Federico Guglielmo IV crea un Sizilianischer Garten: giardino temporaneo che ogni anno dal 1857 in primavera si completa con agrumi (e palme, allori e olivi) provenienti da una Orangerie dove all’inizio dell’inverno verranno nuovamente ricoverati protetti da vetrate e da stufe. L’ambizione di coltivarli con le radici in piena terra, nel naturale sviluppo degli alberi e delle loro potenzialità produttive, si ferma ai piedi delle Alpi; l’ambiente continentale oltre non lo consente.
Sul lago di Garda, in particolare sulla riva occidentale, il clima è reso mite dal grande specchio d’acqua che accumula calore che cede lentamente in inverno e le montagne fanno barriera ai venti del nord. Gli alberi sono in “limonaie’”disposte su gradoni chiusi per tre lati da alti muraglioni. In inverno sono protette frontalmente da grandi vetrate intervallate a pareti mobili di legno: le prime lasciano passare il sole e il suo calore, le seconde, aperte all’occorrenza, impediscono eccessi di umidità. Gli alberi crescono ad altezze inusitate. I frutti gardesani venivano trasportati fino a Torbole poi, su carri, oltre il passo di san Giovanni, quindi caricati su barche a fondo piatto (burchi) nel porto sull’Adige di Borgo Sacco, e poi trainati controcorrente da cavalli fino al porto fluviale di Bronzolo. Da lì a Bolzano e quindi Innsbruck passando – dal 1867 in treno- per il Brennero.
Il viaggio, i commerci, le trasformazioni, le coltivazioni le racconta la mostra Agrumi a Bolzano, Zitrusfrüchte in Boze n che si tiene nel Museo del Palazzo Mercantile, barocca sede del Magistrato Mercantile in funzione dal 1635 a garantire le attività di una economia prevalentemente fondata sul commercio oltralpe. Curata da Elisabetta Carnielli con la consulenza scientifica di Wolfgang von Klebelsberg, espone quadri, documenti, manufatti di una florida attività commerciale di frutti che arrivavano dal Garda e dalla Liguria, materie prime di una pasticceria che li usa per i lez elten abase di frutta secca e canditi, panpepato, Bauernkrapfen e conserve per una industria che si serve di illustri cartellonisti come Adolfo Busi. Disegni e antiche fotografie testimoniano anche la presenza di Orangerie, dove gli alberi in piena terra erano i più settentrionali tra quelli coltivati nelle terre mediterranee.
In mostra una singolare collezione di spremiagrumi zoomorfi e lo straordinario abito (Arancia, 1990) di Roberto Capucci che si apre in spicchi di seta e velluto a completare un percorso tra utilità e bellezza proprio degli agrumi.
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Agrumi a Bolzano.
Zitrusfrüchte in Bozen
Bolzano, Museo Mercantile, Camera di commercio
Fino al 28 settembre