il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2024
Storia della rivolta anarchica di Carrara che sfidò il giovane Regno d’Italia
Chi si ricorda dei moti anarchici di Carrara e della Lunigiana del 13-16 gennaio 1894, stroncati in modo spietato dalle truppe inviate da Francesco Crispi e dal re Umberto I? Ben pochi: gli storici e i militanti libertari, lo scrittore Maurizio Maggiani e adesso Roberto Gremmo, che si occupa di quei fatti in un articolo (Gli anarchici e i moti di Lunigiana del 1894) compreso nel nuovo numero, il 62, della sua sempre interessante rivista Storia Ribelle.
Alla sollevazione di Carrara e della Lunigiana, e soprattutto alla repressione che ne seguì (stato d’assedio, numerose vittime, circa 300 persone arrestate e processate dal tribunale militare di Massa), il poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, ardente repubblicano, dedicò a caldo un opuscolo, Dai paesi dell’Anarchia, in cui descrisse le cause dell’insurrezione e la traduzione nelle carceri degli arrestati, in buona parte cavatori di marmo. Narrò che “l’alba si levava lentamente sulle Apuane” quando li vide partire incatenati dalla stazione di Massa per i reclusori d’Italia, tra le lacrime delle donne e dei bambini. Il testo uscì su Lo Svegliarino di Carrara e su l’Era nuova di Genova, poi sequestrati.
L’insurrezione era divampata a Carrara il 13 gennaio. Pier Carlo Masini, il grande storico dell’anarchismo, scrive che quel giorno ebbe inizio a Carrara “lo sciopero di protesta contro lo stato d’assedio in Sicilia e di solidarietà con gli uomini dei Fasci siciliani arrestati. La manifestazione, che doveva esprimere anche il risentimento per la chiamata alle armi della classe del 1869, doveva essere anzitutto una adunata di scioperanti nella città di Carrara. Ma dai primi assembramenti si passò alla formazione di barricate alla Foce, fra Massa e Carrara, e alla interruzione delle linee telegrafiche”. Gruppi di dimostranti “attaccavano poi i posti del dazio e le armerie delle guardie, che venivano saccheggiate. Ad Avenza si verificava il primo scontro armato: uccisi un carabiniere e un dimostrante”. Fra il 13 e il 14, prosegue Masini, “si formarono concentramenti di ribelli a Bedizzano, Codena e Miseglia e mossero verso la città al grido di “Viva la Sicilia! Viva la rivoluzione!”, nella convinzione e nella speranza che in altre parti d’Italia si stesse sviluppando un movimento analogo. Il 15 si ebbe un secondo scontro fra una banda scesa da Fossola verso Carrara e la cavalleria: un altro morto fra gli insorti. Il 16, alla periferia della città, presso la caserma Dogali, una colonna di 400 dimostranti, armati di roncole, forconi e qualche fucile, si scontrò con una compagnia di soldati. Otto dimostranti restarono uccisi, molti i feriti”.
Rammenta lo storico anarchico Gino Vatteroni che“la provincia di Massa Carrara venne posta in stato d’assedio e il maggiore generale degli alpini Nicola Heusch, nominato con Regio Decreto del 16 gennaio commissario straordinario della provincia, istituì, in data 17 gennaio, un Tribunale Militare di Guerra con sede a Massa”, che avrebbe condannato a pene assai pesanti molti degli imputati. Nel suo articolo, Gremmo ripercorre le traversie di alcuni di loro: dai fratelli Arata a Carlo Gattini e al nobiluomo libertario Mario Lazzoni, che fuggì in Uruguay, dove continuò la sua attività politica.