La Stampa, 14 gennaio 2024
Anche la Francia guarda a destra
A place de la République una bambina di tre anni stretta in un minuscolo cappotto blu guarda con curiosità i sei poliziotti che le sfilano davanti: i mitra a tracolla, il passo marziale. Parigi è militarizzata. Davanti a Notre-Dame, che secondo i piani dovrebbe riaprire a settembre e far dimenticare il terribile incendio che ha rischiato di cancellarla nel 2019, a un certo punto arriva perfino la gendarmerie a cavallo. C’è un palco di legno sul quale ci si può sedere per ammirare la facciata finalmente sgombra da impalcature. In ogni quartiere, davanti a qualsiasi monumento considerato sensibile, l’apparato di sicurezza è imponente.Parigi fa come se non ci fosse: continua a svegliarsi pigra e ad affollare i tavolini dei café all’aperto anche con la temperatura che tocca meno tre. Si muove incessante da una parte all’altra in cerca di bellezza, e la trova a ogni angolo. È una città in fermento: a due passi dalla Sorbona, accanto a una libreria in cui metà dei titoli in vetrina sono italiani, François Comet – responsabile per l’Europa del Partito socialista, ma anche presidente del consiglio del quartiere Odéon, il sesto arrondissement – la spiega così: «Macron punta su tre grandi eventi per celebrare il suo secondo mandato e se stesso: uno è la riapertura di Notre Dame, ma prima ci sono l’ottantesimo anniversario dello sbarco in Normandia e, soprattutto, i Giochi Olimpici di luglio».La scritta Paris 2024 è dappertutto: su tazze, magliette, felpe, cappelli. Il governo francese ha lanciato l’operazione “delinquenza zero” in vista dell’arrivo – questa è la stima – di 16 milioni di turisti in una città che ha già una densità altissima. «Macron ha bisogno di grandeur per contrastare il suo declino», è l’analisi di Comet, «ma le preoccupazioni sono alte soprattutto per l’evento principale dei Giochi: la cerimonia inaugurale, una sfilata infinita di 160 barche sulla Senna con su atleti, comitati, autorità. Presidiare dodici chilometri non è un gioco da ragazzi. In questo momento stanno cercando di convincere i “bouquinistes”, i proprietari dei banchetti che vendono libri lungo il fiume, a spostarsi. Ma loro non vogliono: sono un’istituzione a Parigi, esistono dal ’700».Comet sorride delle manie di grandezza macroniane, ma non è ostile come parte della sinistra – quella rappresentata dalla France insoumise di Jean-Luc Mélenchon – e come le associazioni che si sono riunite nel comitato “L’altra faccia della medaglia": denunciano sgomberi, una politica securitaria fatta per ripulire Parigi in superficie, mostrarla rilucente agli occhi del mondo, nascondendo le sue fragilità. Come i clochard, allontanati dal centro, portati in alberghi temporanei in periferia, con l’intento di convincerli a non tornare il più a lungo possibile. Utopia 56, Médecins du monde, tengono alta l’attenzione. Organizzano proteste, presidi, rifugi.Danièle Obono ha 43 anni, è nata in Gabon, ma ha fatto l’università a Montpellier ed è diventata cittadina francese nel 2011. Faceva la libraia, è entrata in politica a 20 anni con José Bové. Ha fatto parte di più gruppi di estrema sinistra fino a diventare portavoce della France insoumise di Mélenchon. È stata eletta in una delle banlieue più problematiche, La goutte d’or, che per anni ha resistito alla “gentrificazione” e ha continuato a rappresentare perfettamente l’incapacità delle due città di mescolarsi. Nonostante un mercato africano variopinto e profumato, la lotta allo spaccio che per anni ha dominato rue Myrtha, una politica di alloggi che puntava ad avvicinare les citoyens, e invece le citoyens stanno andando via. Sconfitti. «Nel mio arrondissement – dice Danièle appena uscita dalla metropolitana – hanno molti dubbi sull’utilità dei Giochi. Porteranno più problemi che benefici».È una figura controversa, Obono. Come molti parlamentari di France insoumise si è rifiutata di definire Hamas un’organizzazione terroristica dopo l’attentato del 7 ottobre. A domanda precisa, smette di parlare velocissimo e spiega: «Pensiamo che il 7 ottobre si sia consumato un atto di guerra e di terrore, ma il termine “terrorista” è un termine politico, ideologico, usato per giustificare l’imperialismo e il neocolonialismo dell’Occidente». E poi, in questo caso, «viene usato per negare il contesto particolare della situazione in Palestina. Non siamo d’accordo con Hamas, denunciamo i crimini di guerra, ma Hamas non è la stessa cosa di Daesh, la Palestina subisce un’occupazione. I nostri partner ci accusano di aver rifiutato di dare sostegno incondizionato a Israele perché – pur condividendo lo choc e il dolore per il 7 ottobre – sappiamo che il sostegno incondizionato consente di compiere crimini di guerra».Secondo Obono, tanto il Medio Oriente che l’aggressività della propaganda di France Insoumise è la scusa che i socialisti usano per correre da soli alle prossime Europee. Lei spera cambino idea, ma dice: «A metterli in difficoltà è il programma di giustizia sociale con cui Mélenchon ha fatto il pieno di voti. Siamo stati noi a trainare, sono state le nostre idee a vincere, siamo più forti sui social media, abbiamo un linguaggio diretto che supera le barriere dell’astensionismo, non involuto e burocratico».«L’estremismo degli insoumises – spiega il politologo Jean-Yves Camus – è una delle ragioni per cui i socialdemocratici oggi non sono più considerati affidabili. La scelta di dar vita alla Nupesse, il fronte che ha unito Mélenchon, i socialisti, i comunisti e gli ecologisti, è stata a mio avviso un errore strategico».Camus è uno dei massimi esperti dell’estrema destra in Europa. In un cafè del Marais, davanti a un’omelette al formaggio e a un bicchiere di Coca-Cola, spiega cos’è la destra di Marine Le Pen, ma anche perché è difficile che questa sinistra possa batterla.«Tra i socialdemocratici non si vede oggi una figura che abbia la statura dell’uomo di Stato. Il probabile capolista alle Europee sarà Raphaël Glucksmann, ma io non ho mai creduto nella scommessa della società civile. Che messaggio dà? Sostiene l’Europa, l’Ucraina contro la Russia, contro le dittature? Bene. Ma gli elettori vogliono risposte alle loro preoccupazioni più immediate: i salari, il potere d’acquisto, la sicurezza».È su questo che puntano Marine Le Pen e l’estrema destra. La stella di Eric Zemmour è in declino, il Rassemblement national invece è sempre più forte così come appare forte il numero due del partito, Jordan Bardella. Ancora più giovane di Gabriel Attal, 28 anni contro 34. Sarà lui il capolista alle Europee e già adesso i sondaggi gli assegnano il 30 per cento. «Il Rassemblement national – spiega ancora Camus – è un partito diverso da quello di Jean-Marie Le Pen. La figlia non ha le idee del padre, non è della stessa generazione, ha fatto le scuole pubbliche, la sorte della guerra in Algeria non le interessa, non è antisemita». E quindi, mentre un tempo «l’estrema destra era vista in Francia come la continuazione delle leghe autoritarie degli anni ’30, questo argomento non passa più. Gli elettori di Le Pen hanno paura della mancanza di sicurezza, della perdita di sovranità rispetto all’Europa, della perdita della loro cultura, della migrazione dai Paesi musulmani». Anche se in Francia non c’è un vero pericolo di islamizzazione, «ci sono stati molti attentati islamici che hanno segnato l’opinione pubblica. Soprattutto quelli che hanno colpito gli insegnanti».Su tutto questo, punta e soffia Le Pen. A tutto questo, Macron cerca di opporsi spostando il suo governo più a destra possibile. E pensando in grande. La maggior parte degli impianti che accoglieranno le delegazioni e gli atleti di Parigi 2024, ma che poi resteranno per la popolazione, è stata costruita nella zona di Seine-Saint Denis. È il Nord di Parigi: quello da cui provenivano i terroristi dello stadio e del Bataclan nel 2015. Proprio vicino al mercato di Saint Denis, alcuni di loro si sono fatti esplodere durante un blitz delle forze dell’ordine. Il giovedì mattina sulla piazza ci sono solo i tram e i gabbiani che fanno a gara per qualche resto del giorno prima. La folla tornerà l’indomani, e sabato. Nel quartiere c’è l’istituto di tecnologia della Sorbonne, si arriva facilmente con la linea 13 della metro, ma è un mondo a parte. Nelle vie dove si susseguono quasi esclusivamente negozi arabi (spezie, macellai halal, vestiti per bambini con veli assortiti per le ragazze) e africani (parrucche) la boulangerie espone prezzi che non sembrano parigini.Otto croissant a due euro e 80. Quattro baguette a 3 euro. Una, 80 centesimi. «Ça va changer», cambierà, dice Ahmed. Ha 25 anni, la paura che i Giochi olimpici portino solo prezzi alti e, alla fine, una maggiore povertà. «Saranno qui, bello, ma i biglietti sono costosissimi. Le Olimpiadi sono a Saint Denis, ma non per noi». L’ufficio del turismo è in una piazza con la giostra, il municipio, la cattedrale retta da dei lunghi sostegni perché lì si è cominciato a scavare e tutto stava per venire giù: «Hanno trovato centinaia di sarcofagi e si sono dovuti fermare», spiega fiera Claudie. Lei e Valentin, addetto alla comunicazione del “Plaine Commune Grand”, spiegano le meraviglie dei progetti realizzati. Mostrano sulla cartina la piscina, «che resterà ai residenti», i palazzi ecosostenibili, le scuole, la cineteca, il recupero di un’area abbandonata della Senna, la nuova stazione che diventerà un hub capace di avvicinare a Parigi anche le altre periferie.Quanto ai pericoli, «il rischio zero non esiste – dice Valentin – ma perché preoccuparsi della sfilata sulla Senna?». «C’est cool», e l’unico modo di tradurlo è: «Sarà una figata». È a questo tipo di entusiasmo che si aggrappa “la macronie”, il mondo che gira intorno al presidente e alla sua cerchia. Non a caso nel 2017 il suo messaggio aveva fatto breccia anche nelle periferie. Dove però le speranze sollevate hanno lasciato solo il posto a un enorme risentimento. Difficile da controllare, da contenere, da combattere. La sera in tv, su France 2, la conduttrice di punta inchioda la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ai dati sul potere d’acquisto dei francesi, sui mutui, sui salari, costringendola a non ripetere soltanto: «Il nostro obiettivo è la stabilità». La Francia riluce nella sua grandezza, ma è minacciata dal suo margine. Saranno le Europee di giugno a dire se un nuovo equilibrio è possibile. —