Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  gennaio 14 Domenica calendario

L’uomo deformato dal denaro


Con la sua bella faccia da vecchio (ricorda Léo Ferré, gigante dimenticato della canzone francese) lo psichiatra Vittorino Andreoli, intervistato da Valeria Pini perRepubblica, dice un paio di cose decisive, di quelle che seognuno le facesse proprie cambierebbe il mondo in cinque minuti: e se il mondo non cambia in cinque minuti, è proprio perché è molto complicato fare proprie le cose decisive.
Andreoli ha scritto un libro,La dittatura del denaro, il cui titolo già ci inchioda all’evidenza delle cose. Il denaro, dice, e mi scuso per l’estrema sintesi, era nato per facilitare gli scambi economici, ma è diventato potere. “Devo acquistare non perché mi è utile, ma perché devo dimostrare il mio potere”. Di qui le infinite patologie (Andreoli è psichiatra) che il rapporto con il denaro genera non solamente nei poveri, soprattutto in forma di ansia e depressione, ma perfino nei ricchi: “Tutti questi uomini potenti sempre in gara per prenderne di più, ancora di più”.
Il denaro libera dal bisogno, ognuno di noi lo sa, meglio di tutti lo sanno le donne assoggettate al maschio-padrone dalla dipendenza economica.
Ma quando diventa dio (non più strumento, ma idolo) il denaro imprigiona, obbliga, corrompe, deforma. Mi sono venuti in mente, ascoltando Andreoli, i Musk, gli Zuckerberg, e in versione caricaturale e nostrale i Briatore e i Vacchi, figure comiche a loro insaputa. Se ne intuisce la componente patologica, e se non fossero così ricchi – dunque: così smodatamente potenti – la tentazione sarebbe di compatirli. Andreoli invoca una “economia dell’umano”. Siamo, due secoli e mezzo dopo il socialismo utopistico, ancora in pieno sogno.