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 2024  gennaio 14 Domenica calendario

Biografia di Wiliam Lai

Guido Santevecchi per il Corriere
TAIPEI Di lui dicono che è un uomo di sentimento, che a 64 anni, nonostante la durezza richiesta a un leader, sa ancora commuoversi e piangere. Un fatto non comune in politica e nella consuetudine orientale. William Lai Ching-te ha conosciuto il grande dolore da bambino, quando il padre minatore morì soffocato dal gas in una galleria. Erano gli anni ‘60 e Taiwan non era ancora padrona di un’industria tecnologica che fornisce al mondo il 90 per cento dei semiconduttori ad altissima tecnologia. La madre, che viveva in un sobborgo operaio di Taipei dove ancora c’erano i pozzi minerari, dovette crescere Ching-te e altri cinque fratelli da sola.
Il figlio non ha dimenticato i sacrifici fatti dalla mamma. «Quando parla di lei si commuove, l’ho visto con gli occhi lucidi che cercava di fermare le lacrime», ha raccontato un ex ministro. Non è una debolezza: «La sua perseveranza davanti alle sfide della vita privata e politica gli hanno permesso di emergere e non si vergogna di dire da dove è partito», spiega il collega di partito.
Lai ha studiato medicina, riabilitazione motoria, e si è specializzato alla Harvard University: e in quel tempo trascorso in America che si è scelto il nome William, come cortesia verso i docenti che avevano difficoltà a ricordare e pronunciare Ching-te. Tornato in patria, negli anni ‘80 era un medico esperto di cura del midollo spinale, ma quando Taiwan ha cominciato il suo percorso democratico, il dottore è entrato in politica. È stato deputato allo Yuan legislativo (il parlamento), poi sindaco della città meridionale di Tainan. Nel 2017 il grande salto: scelto come primo ministro dalla presidente Tsai Ing-wen. E lo stesso anno, la frase che è diventata famosa e controversa: «Io sono un lavoratore politico per l’indipendenza di Taiwan». Reso più cauto dalle responsabilità di governo, ha corretto la sua posizione: «Non è necessario dichiarare l’indipendenza, perché Taiwan è di fatto un Paese sovrano e indipendente». L’aggiustamento è anche un segnale di flessibilità e pragmatismo per rassicurare gli Stati Uniti, preoccupati di dover difendere un alleato tanto radicale da spingere e giustificare la reazione aggressiva di Pechino.
Interessante che, pur avendolo definito «un distruttore della pace», il Partito comunista cinese non lo abbia messo nella «lista nera» di chi non potrà mai mettere piede sul suolo cinese: qualche analista azzarda che forse Xi Jinping riconosce la forza dell’avversario e vuole tenere aperto uno spiraglio per un ipotetico dialogo.
Empatico
Da premier, sul luogo di un terribile incidente ferroviario (18 vittime),
scoppiò in lacrime
Lai ha la dote dell’empatia. Da premier, nel 2018, dovette gestire un terribile incidente ferroviario: 18 morti e 187 feriti gravi. Andò sulla scena, parlò con i parenti delle vittime e gli sfuggirono le lacrime. Non fingeva: tornato nel palazzo governativo di Taipei, rispolverò la sua competenza di medico della riabilitazione post-trauma e si fece mandare dai vari ospedali le cartelle cliniche dei ricoverati. «Le studiava, poi chiamava gli ospedali e chiedeva se i superstiti stavano facendo progressi, è andato avanti così per settimane, senza dare pubblicità alla cosa», ha raccontato una giornalista taiwanese che ha lavorato nel suo ufficio come portavoce. «In quei giorni, il suo ufficio allo Yuan sembrava quello di un direttore sanitario».
Però, Lai sa anche alzare la voce: durante un dibattito parlamentare sul budget militare ha gridato contro gli avversari del Kuomintang che volevano ridurlo nonostante la minaccia cinese: «Voi volete la nostra rovina».
Ora che è presidente dice: «Finora abbiamo rifiutato di arrenderci alla Cina e inchinarci all’autoritarismo, questo prova che il destino è nelle nostre mani».

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Gialuca Modolo per Rep
TAIPEI — Aveva appena due anni Lai Ching-te quando perse il padre, minatore, morto in un incidente sul lavoro. Ha conosciuto il dolore fin da bambino Lai, cresciuto dalla madre assieme ai suoi cinque fratelli in un piccolo appartamento di un sobborgo operaio di quella che oggi è Nuova Taipei, la città-satellite che sorge accanto alla capitale. «Quando parla dei sacrifici che fece sua madre, ancora si commuove», confida chi lo conosce da vicino. Decide di studiare Medicina e poi di volare negli Usa per specializzarsi alla prestigiosa Università di Harvard.
Ma è alla fine degli anni ’80, quando Taiwan si libera della legge marziale imposta dal Kuomintang di Chiang Kai-shek e si avvia verso le riforme, che Lai scopre l’altra passione della sua vita: la politica. Sono i missili cinesi lanciati da Pechino nel mare vicino all’isola per cercare di influenzare le prime libere elezioni del 1996 a far decidere a Lai che era venuto il momento di candidarsi lui stesso: «Avevo il dovere di partecipare alla democrazia e di proteggere questo esperimento nascente da coloro che lo volevano danneggiare».
Lai, 64 anni, prima di diventare vicepresidente nel 2020 è stato deputato, sindaco per due mandati di Tainan, nel Sud, e premier sotto la presidente, ora uscente, TsaiIng-wen. Oggi corona la sua ascesa. Un «lavoratore pragmatico dell’indipendenza di Taiwan»: così si definiva fino a qualche anno fa. Man mano che crescevano le sue responsabilità di governo, però, ha saputo ammorbidire le posizioni più radicali affermando che «siamo già una nazione sovrana e non c’è bisogno di dichiarare una formale indipendenza. Vogliamo mantenere lo status quo: è interesse nostro, della Cina e del mondo intero».
Pechino continua a bollarlo come «grave pericolo», un «teppista»e un «bugiardo». Con la Cina Lai dice di voler provare a continuare a dialogare. Operazione complicatissima: Pechino non parla col suo partito da otto anni. Pure gli Usa hanno alzato il sopracciglio per qualche sua passata dichiarazione: nel luglio dello scorso anno disse che sperava che un giorno il presidente taiwanese potesse «entrare alla Casa Bianca»: una rottura con il passato che scalderebbe ancora di più il triangolo Taipei-Pechino-Washington. A far infuriare i cinesi ancora di più è forse la vice che Lai si è scelto: Hsiao Bi-khim, ex ambasciatrice de facto di Taiwan a Washington. Per Pechino «pericolosa separatista ». Hsiao è nata in Giappone ed è cresciuta negli Usa, consolidando i suoi legami con i più forti alleati di Taiwan, che sono anche i Paesi che hanno i più difficili rapporti diplomaticicon la Cina.