Corriere della Sera, 13 gennaio 2024
Chi sono gli Houthi
1 Chi sono gli Houthi?
Noti anche come i seguaci di Allah, di fede musulmana sciita, attivi dagli anni ’80-’90, si sono imposti con la guerra civile nello Yemen nel 2014 in contrapposizione al governo centrale. L’aiuto di Teheran, unito alla determinazione, li ha trasformati in un esercito di 120 mila uomini: prima hanno tenuto testa ai nemici interni, poi hanno inflitto perdite pesanti all’Arabia Saudita e agli Emirati intervenuti al fianco delle forze locali. Un successo consacrato dalla conquista della capitale Sanaa e dal controllo della parte occidentale del Paese. Il loro leader è Abdulmalik al Houthi.
2 Quanto conta Teheran?
Il supporto iraniano ha garantito una sponda diplomatica e un flusso continuo di armamenti agli Houthi. Equipaggiamenti inviati con mercantili, finti pescherecci (i «dhow»). Traffici che gli occidentali hanno provato a ostacolare sequestrando numerosi cargo. Molte componenti sarebbero arrivate smontate e poi rimesse insieme, copie di «pezzi» iraniani o cinesi ribattezzate con nuovi nomi.
Insieme ai mezzi la Repubblica islamica ha consolidato un rapporto definito dagli esperti «pragmatico». Gli Houthi hanno aderito all’asse della resistenza, il fronte di milizie sciite che si oppone alla presenza degli Stati Uniti nella regione ed è ostile a Israele. Da un lato collaborano con l’Iran in una campagna di logoramento nei confronti degli avversari, dall’altro innalzano il loro prestigio con le incursioni.
Non sono marionette ma protagonisti autonomi che sfruttano la convergenza di interessi con Teheran. Il gioco è reciproco in quanto gli iraniani, che sono già nelle condizioni di incidere sullo stretto di Hormuz nel Golfo Persico, possono dire la loro nello Stretto di Bab el Mandeb, la porta meridionale del Mar Rosso, altra via strategica. Alcune unità navali di Teheran operano in zona e fino a pochi giorni fa era ancorata vicino alle coste yemenite la nave Behshad, cargo-spia dei pasdaran dislocata qui dal 2021.
3 Perché hanno lanciato gli attacchi?
Gli Houthi hanno preso di mira navi collegate a Israele dopo l’inizio del conflitto a Gaza, mossa appaiata al tentativo di colpire con apparati a lungo raggio lo Stato ebraico, in particolare lo scalo di Eilat. La solidarietà con i palestinesi è naturale per la fazione, però torna utile anche all’Iran in un quadro più generale. Gli yemeniti sciiti hanno meno vincoli nell’intervenire contro gli israeliani rispetto all’Hezbollah libanese. L’altro grande attore è condizionato dall’agire in un contesto dove non rappresenta l’unica realtà, è consapevole che ogni sua mossa scatenerebbe una rappresaglia pesante sull’intero Libano. E a tal fine i suoi colpi sono stati limitati.
4 Qual è la posizione di Riad?
Riad si è rifiutata di aderire in forma ufficiale alla coalizione promossa da Washington. In primo luogo, perché non vuole essere considerata parte di uno schieramento che protegge Israele. E poi perché ha concluso una fragile tregua con gli Houthi e teme di comprometterla.
I sauditi hanno scoperto da soli, subendo raid in profondità sui loro siti petroliferi, quanto i miliziani yemeniti possano essere abili e il principe Mohammed bin Salman, per ora, preferisce stare «fuori». Anche se è consapevole che la sfida aprirà altri spazi all’Iran.
Ma il regno probabilmente è convinto di poter dialogare in qualche modo con gli ayatollah, almeno per ridurre le tensioni.
5 Quali saranno le reazioni?
Un’intensificazione delle operazioni contro il naviglio israeliano secondo la linea di queste settimane. Possibili attacchi contro «interessi britannici e americani» nella regione, formula che concede margini di manovra: gli alleati hanno diverse basi, sia pure in Paesi terzi. Iniziative coordinate con altre componenti dell’Asse della resistenza sciita operanti in Siria-Iraq: oltre 150 attacchi negli ultimi tre mesi.
Per ognuno di questi scenari esistono opzioni belliche: missili a lungo raggio, i droni-kamikaze (potrebbero riceverne di nuovi dall’Iran), mine navali, battelli riempiti di esplosivo, dirottamenti, abbordaggi con unità scelte oppure di«corsari» ingaggiati sull’altra costa, in Somalia. Va, infine, considerato il fattore terrorismo: elementi estremisti potrebbero vendicarsi con attentati «dedicando» il gesto agli yemeniti.
Atti non ordinati dal movimento ma compiuti nel suo nome oppure presentati come «una reazione spontanea». Una di quelle soluzioni gradite all’Iran perché deviano le responsabilità.
Gli Houti, incoraggiati e fieri per i loro exploit, hanno alcuni punti deboli. La situazione economica è disastrosa, dipendono strettamente dal porto di Hodeida per i rifornimenti (viveri compresi) e dunque un eventuale blocco navale dello scalo avrebbe ripercussioni serie. L’ipotesi di “chiudere” l’accesso ad Hodeida è stata una delle ipotesi formulate dagli esperti, anche se vorrebbe dire punire la popolazione e dunque al momento non è stata considerata.