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 2024  gennaio 12 Venerdì calendario

Quanto guadagnano gli influencer

Il social più redditizio? YouTube. Lì un contenuto pubblicitario può valere dai 500 euro ai 35 mila, a seconda che si abbiano tremila o un milione di follower. Segue Instagram, con cachet da 100 euro a 20 mila euro per post fatti da chi ha cinquemila o 5 milioni di follower. Poi c’è TikTok, che parte più basso, con 50 euro per cinquemila follower, ma arriva a 75 mila euro con chi ha oltre cinque milioni di follower. Cenerentola resta la «vecchia» Facebook, piattaforma meno redditizia per chi crea contenuti sponsorizzati: per incassare cento euro bisogna avere almeno 50 mila follower. Ma c’è un’altra variabile, di cui tener conto: l’engagement rate, vale a dire il tasso di coinvolgimento, cioè quante persone commentano e interagiscono con un post.
A fare i conti al mercato degli influencer è DeRev, che si occupa di strategie digitali e che da tre anni calcola il listino dei compensi in Italia: il giro d’affari dell’influencer marketing è di 348 milioni di euro. Ma tutta l’industria della creator economy, trainata da Fashion & Beauty, Gaming e Travel & Lifestyle, muove oltre 1 miliardo di euro (fonte Onim, Brand Marketer Report 2023). Abbastanza da spingere l’Agcom, l’Autorità garante delle comunicazioni, a fissare dei paletti pure per gli influencer, considerati alla stregua dei fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici in Italia responsabili del contenuto editoriale che propongono. Le nuove regole, che rimandano al Testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l’8 novembre 2021, di fatto stabilisce che anche gli influencer con almeno un milione di follower e un engagement del 2% debbano rispettare regole e trasparenza, specie in tema di pubblicità. Le sanzioni possono arrivare a 600 mila euro o addirittura all’1 per cento del fatturato, nel caso in cui non vengano tutelati i minori.
«Per noi operatori si tratta di una bella notizia perché dare definizioni e regole significa avere maggiori indicazioni, maggior controllo e maggior tutela», commenta Luca Leoni, ceo di Show Reel Media Group, digital media company specializzata nella creazione di community, nella gestione di influencer e nella produzione di contenuti digitali, leader nello sviluppo di campagne di influencer marketing. La sua azienda ha partecipato alla consultazione Agcom: «Per noi non cambia nulla nella sostanza, ossia sull’importanza di mettere in atto un comportamento chiaro e trasparente. Il nostro auspicio è che ci siano delle indicazioni ancora più precise, rispetto a quelle espresse dalla Digital Chart, su come evidenziare la natura pubblicitaria del contenuto».
Camihawke
«Per chi fino ad oggi ha lavorato in modo trasparente e virtuoso non cambierà nulla»
Che le cose fossero cambiate lo osserva anche Francesco Ebbasta, regista e direttore artistico di The Jackal: «Sono cambiate le piattaforme, il racconto, le modalità di fruizione e il pubblico. Il nostro modello di branded content è dichiarato esplicitamente già dalla sua nascita, più di 10 anni fa, quando ancora fare pubblicità in Rete era considerato “sacrilego” e noi esordivamo con un moderno carosello digital. Ora inizia a delinearsi una precisa regolamentazione, grazie anche all’apertura dell’Agcom: alla consultazione dei mesi scorsi ha partecipato attivamente anche il nostro editore, Ciaopeople».
Soddisfatte Clio Zammatteo, in arte ClioMakeUp, e Camilla Boniardi, sui social come Camihawke. Clio, che nel 2022 ha fatturato 11,6 milioni di euro, dice: «Le linee guida dell’Agcom equiparano noi content creators ai servizi media audiovisivi tradizionali: per noi di ClioMakeUp è un riconoscimento importante che dà valore al nostro operato e al settore che abbiamo contribuito a creare. Siamo certi che queste ulteriori regole possano solo giovare e facilitare il nostro lavoro». E Camihawke: «Accolgo la notizia di Agcom molto felicemente. Sono anni che, insieme a pochi altri ci battiamo per una maggiore correttezza e trasparenza. Per chi fino a oggi ha lavorato in modo virtuoso non cambierà nulla: al massimo adegueremo il modo in cui dichiareremo i contenuti pubblicitari secondo le indicazioni di Agcom».