la Repubblica, 12 gennaio 2024
Quando nessuno ha ragione
“Siamo accusati di genocidio mentre stiamo combattendo il genocidio”, dice Netanyahu, incredulo, mentre il Sudafrica presenta alla Corte internazionale dell’Aia gli argomenti di accusa contro Israele. Eppure, né in linea teorica né alla luce della tremenda pratica degli ultimi mesi, niente esclude che a un genocidio si possa replicare con un genocidio. E anzi, e purtroppo, non poche evidenze, sia pure faticosamente raccolte in un clima di esasperata faziosità e di bugie propagandistiche, dicono esattamente questo: che un attacco genocida – tale è, senza ombra di dubbio, l’azione di Hamas il 7 di ottobre del 2023, completo di stupro, tortura, infanticidio – ha generato una reazione uguale e contraria, non essendo ipotizzabile altra definizione per la risposta israeliana, a meno di voler classificare come inevitabili effetti collaterali l’uccisione di migliaia di bambini, donne, civili, la distruzione di case e ospedali, allo scopo di eliminare i capi di Hamas.
Che il 7 ottobre, come dice il capo del governo di Israele, sia “il crimine più terribile contro il popolo ebraico dai tempi della Shoah”, è un’evidenza storica e perfino statistica. Che la reazione sia stata di smisurata violenza, punitiva di un’intera comunità umana, non solo di individui politicamente responsabili della strage di ottobre, è altrettanto evidente. Per di più, in termini politici ed etici, è disastroso, per i governanti israeliani, e impressionante per l’opinione pubblica mondiale, che siano proprio i sudafricani a sostenere che i fatti di Gaza siano “maturati nell’ambito di 75 anni di apartheid”. Ci si domanda dove, in questa catastrofe umanitaria, etica, politica, ci sia un varco di pietà e di ragione.