la Repubblica, 12 gennaio 2024
Il fascismo di ieri e quello di oggi
C’è un fascismo di ieri, che l’Italia ha conosciuto sulla propria pelle e che alcuni si ostinano a rimpiangere. E c’è un fascismo di oggi, che in Europa ha il volto del regime di Putin. Un sistema di idee, prima ancora che una dittatura, che attrae da anni le simpatie di quell’estrema destra che da ogni latitudine guarda a Mosca come alla propria capitale morale. Un fascino più che giustificato, in effetti, perché il putinismo ha tradotto e aggiornato nel linguaggio del XXI secolo quelli che furono i tratti fondamentali del fascismo novecentesco: il disprezzo per la democrazia liberale, la persecuzione del dissenso politico e culturale, il rifiuto della diversità sessuale come “degenerazione”, il complottismo come chiave di lettura della realtà, il culto della morte, la pratica sistematica della violenza, un nazionalismo aggressivo a sfondo etnico e suprematista e da ultimo una certa connivenza con l’antisemitismo. Mancano l’orbace e il saluto romano (anche se i cultori più rigorosi del putinismo vi ricorrono volentieri anche in trasferta, com’è emerso dalla presenza di neonazisti russi ad Acca Larentia), ma per il resto c’è sostanzialmente tutto. In questo senso la guerra all’Ucraina rimane la grande prova della verità per il fascismo putiniano. Innanzitutto una guerra di aggressione contro uno Stato sovrano di dimensioni e potenza assai più ridotte, nello stile delle aggressioni militari di Mussolini alla Grecia o all’Albania, scatenata in violazione degli impegni internazionali che Mosca aveva sottoscritto con la comunità internazionale. Poi una campagna militare mossa dall’aspirazione a tornare ad un glorioso passato imperiale e nutrita da motivazioni espansionistiche e di sottomissione etnica, anche qui sul modello delle guerre fasciste del Novecento.