Corriere della Sera, 11 gennaio 2024
Intervista a Giusy Ferreri
«Volerei da te, da Milano / fino a Bangkok / Cercando te»: che ricordi ha di Bangkok?
«Sinceramente non ci sono mai stata, ma sicuramente ci andrò».
Come se la cava con la capoeira?
«Mai provata, ma è stupenda, me la ricordo a Salvador de Bahia, è molto affascinante».
Patty Pravo dice che per fare il vostro lavoro c’è bisogno di tanta anfetamina.
«C’è bisogno di adrenalina interiore, a me la musica fa questo effetto. Per me la musica è come una droga, non potrei farne a meno». La regina dei tormentoni (Roma-Bangkok, Amore e Capoeira, Jambo), l’Amy Winehouse italiana, la cassiera del supermercato che ce l’ha fatta. L’etichetta a slogan è come il luogo comune: non è una perfetta rappresentazione ma nasconde un fondo di verità. Giusy Ferreri non ama le etichette («prevedono dei limiti, mentre a me piace toccare diversi aspetti e generi»), ma nel mondo dello spettacolo sono spesso la via più facile per una definizione. Una carriera fatta da 1 disco di diamante e 16 di platino, successi come Non ti scordar mai di me, Novembre, Il mare immenso, Ti porto a cena con me. Il suo nuovo brano è Il meglio di te.
È l’Amy Winehouse italiana?
«Questa etichetta è un orgoglio e limite. Ovviamente mi rende fiera il paragone con una grandissima artista dalle vocalità uniche che ha conquistato il mondo. Ma dall’altra parte con la mia musica cerco di esprimere originalità ed è come se venisse ad affievolirsi l’idea di autenticità che inseguo».
Si sente regina dei tormentoni?
«È stata una sorpresa, non un percorso a cui miravo, ma sono state occasioni da prendere al volo, un valore aggiunto al mio tracciato personale fatto di ballad introspettive e romantiche, mentre quei brani estivi hanno portato al mio repertorio una parentesi più fresca e solare che mancava. La mia personalità mi spinge a raccontare esperienze più malinconiche, fatte di tristezza, di nostalgia o a volte di rabbia».
Di carattere è più malinconica e introspettiva che solare e spensierata?
«In me la parte riflessiva è preponderante; quando scrivo esce il mio lato cerebrale che forse è meno commerciale dal punto di vista discografico. Sono una donna tormentata, penso e ripenso, da sempre; anche da ragazzina, fin dai primi disagi adolescenziali: la musica è stata un ottimo rifugio e una grande valvola di sfogo».
Ha iniziato presto.
«Sin da bambina mi iscrivevo ai concorsi del paese ad Abbiategrasso dove la maggior parte dei bambini partecipavano con canzoni legate alle sigle dei cartoni animati, invece io mi presentavo con brani già maturi: Eros Ramazzotti, Alan Parsons, i Queen, tanto che mi mettevano fuori concorso perché era una situazione stramba. Già in seconda media avevo la prima band, il vero sogno era poter esordire con un gruppo, non come solista».
Primi sogni, prime delusioni?
«Avevo grandi aspettative con il mio primo disco del 2008, Gaetana (è il suo secondo nome), c’era l’illusione che se Il party (la bonus track dell’album) fosse andata bene si sarebbero aperte le porte del Festival di Sanremo, ma invece tutto si fermò. All’epoca era più dura, se sbagliavi il primo tentativo era difficile avere altre opportunità. Ero preoccupata di non avere altre possibilità».
Il tempo passa, ma a 29 anni arriva la prima edizione di «X Factor».
«Un talent di cui all’epoca si sapeva poco, pensai di propormi ai provini, era l’ultima occasione».
Arrivò seconda, dietro la meteora Aram Quartet. Lei era nella squadra di Simona Ventura.
«È stata speciale, se non fosse stato per lei non sarei stata presa. Vide i miei provini precedenti in cui mi avevano detto che mi avrebbero scartato, invece volle conoscermi e sono stata ripescata. Mi disse che cercava una vocalità forte, corposa, che si distinguesse; apprezzò l’originalità della mia voce. Siamo ancora in contatto, ci sentiamo e ci incoraggiamo a vicenda. Lei è proprio SuperSimo».
Ecco la prima etichetta: la cassiera del supermercato che ce l’ha fatta.
«Non mi ha dato fastidio, era la verità. Non potevo certo girarmi i pollici fino a 29 anni sperando nel grande sogno, quindi dovevo mantenermi lavorando anche come cassiera part-time, è stato funzionale per seguire la mia passione. I media calcavano su quell’aspetto e non mi piaceva, poteva sembrare ruffiano nei confronti del pubblico».
Quattro Sanremo, ma sempre un po’ anonimi, in classifica sempre dietro. Nel 2017 fu addirittura eliminata.
«Quell’anno solo agli addetti ai lavori avevo rivelato il mio stato di gravidanza, ero al secondo mese, temevo che potesse essere una nota compromettente. Oltre al disagio personale che mi ha fatto sentire non sicura come al solito, vivevo un’emotività accesa, fluttuavo in una bolla di panico personale come donna, mi sentivo a disagio perché non potevo spiegare che avevo dei timori personali».
L’etichetta di quella incinta, cinicamente, avrebbe funzionato...
«Non ne ho approfittato, non volevo arruffianarmi il pubblico, non mi piace l’idea del lato umano che distoglie da quello artistico».
Ha una voce da fuoriclasse, da numero uno: cosa le manca per salire l’ultimo gradino della popolarità?
«Non saprei. Sono pronta a cogliere le occasioni, cerco di portare sempre qualcosa di nuovo. Ho anche un nuovo progetto con una band, è un’occasione per trovare percorsi che mi possano sorprendere».
Un torto subito?
«Quando il mio ex produttore mise in commercio Supermarket (Gaetana) che conteneva il mio repertorio personale da cantautrice fatto di brani scritti tempo prima, canzoni che avrei voluto ritoccare e rivedere, far sentire o non sentire. Era il 2009, un momento esplosivo per me, e quella fu una vera pugnalata».
È fidanzata da 15 anni, ha una bambina di 6. Non pensa al matrimonio?
Ride. «Per scaramanzia continuiamo su questa strada, non sia mai che il grande passo rompa gli equilibri. Ci sono alti e bassi come in tutte le coppie, ma al momento siamo stati bravi».
Niente grande città, ma un vita addirittura rurale. Una scelta controcorrente.
«Abitiamo tra le campagne di Vigevano e Novara, in una piccola frazione tra le risaie. Viviamo in un paesino di 40 abitanti, che arrivano a 60 compresi cavalli, asini e galline, un luogo che ricorda un clima di altri tempi, atmosfere che fanno venire in mente L’albero degli zoccoli di Olmi. Mi appaga, mi piace stare a contato con la natura, la vita è come in una piccola comune, in uno stato d’animo che non ha niente a che fare con la frenesia. È un bellissimo nido, mi aiuta per l’ispirazione e la concentrazione. Il canto degli uccellini mi dà serenità».