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 2024  gennaio 09 Martedì calendario

Si possono compiere delitti nel metaverso?

I delitti del Metaverso per ora sono un genere letterario, uno strumento per fare facili clic sul web, come i post sugli squali a Venezia e sull’avvistamento degli Ufo. E con questo non si intende affatto sminuire il fatto di cronaca di cui il Daily Mail - che non è autorevole come il New York Times o le Monde - ha dato notizia il 1° gennaio: ovvero il presunto stupro di una sedicenne su Horizon Worlds, un mondo virtuale gestito da Meta. Quell’episodio non va sminuito intanto perché non se ne sa nulla ed è difficile, oltre che sbagliato, sminuire una cosa che non si conosce. Ma poi non va sminuito perché esattamente come accadde con il dilagare del digitale e dei social nelle nostre vite, così adesso i mondi virtuali ci costringono a ridefinire alcune categorie concettuali con le quali siamo abituati a vivere da sempre. Intanto, appunto, i reati: cos’è reato e cosa invece non lo è, in un Metaverso?
Solo recentemente l’Unione Europea ha promulgato un pacchetto di norme ispirate al principio che quello che è reato nel mondo reale lo è anche nel mondo digitale. Era ora. Ma nei mondi virtuali si può dire lo stesso? Non è così facile, anzi la risposta richiede un nuovo modo di pensare che qualcuno ha paragonato al passaggio dalla fisica newtoniana a quella quantistica. In The Criminal Metaverse, uno dei pochissimi saggi giuridici dedicati all’argomento (in uscita nel 2024: non ancora pubblicato ma già disponibile sul web), il professor Eldar Haber propone una tassonomia dei reati, per capire cosa diventano se compiuti in un mondo virtuale e i risultati sono sorprendenti. Intanto va detto che la valutazione dipende moltissimo dalla tecnologia che usiamo, da quanto è immersiva: c’è un visore? Siamo in 3D? Abbiamo dei controller che reagiscono a quello che accade? O indossiamo una tuta con dei sensori? (cosa questa in realtà molto di là da venire). Insomma la prima domanda da farsi, quando si parla di possibili reati, è: quanto è reale la sensazione che proviamo? La seconda è se la condotta è legale o no nel mondo reale. Con questi due parametri, diventa più agevole orientarsi nel futuro (di questo stiamo parlando, di un futuro non vicinissimo). Per esempio, argomenta Haber, consumare o spacciare droghe virtuali in un metaverso non può essere considerato reato (diverso, dall’usare uno spazio virtuale per concludere affari illeciti che avranno effetti nel mondo reale come accade nel dark web). Con lo stesso ragionamento, ubriacarsi nel mondo virtuale è una cosa che ha senso come comprare una copia digitale del Colosseo o di un’isola delle Maldive: zero.
Anche il tradimento, o la poligamia cambiano significato in questi spazi, per quanto invece possano avere ricadute nel mondo reale (esempio: mi hai tradito su Meta e io ti lascio qui). E la prostituzione, fra due avatar, davvero si può considerare tale? Secondo Haber no. L’esempio più clamoroso di cambio di paradigma è l’omicidio: si può ammazzare qualcuno nel metaverso? Sì, se previsto dalle regole del gioco, come accade nel gioco Fortnite, il metaverso più popolato e sicuro, viste le statistiche. Ma se non è previsto dal software, è impossibile uccidere un avatar. Diverso il discorso delle violenze fisiche e quindi della violenza sessuale, che anche in assenza contatti fisici possono avere ricadute psicologiche che vanno valutate attentamente. La cosa non è infondata, al punto che Meta, dopo la denuncia di una ricercatrice nella primavera del 2022, ha introdotto delle funzioni per cui puoi far sparire o tenere a distanza l’avatar del tuo molestatore, segno che il problema teoricamente esiste. Ma due cose si possono intanto asserire con ragionevole certezza: l’interesse del pubblico per il metaverso è in caduta libera da più di anno, ci vorrà tempo perché torni popolare; e poi, gli unici metaversi che davvero funzionano sono alcuni videogame e qui le violenze sono un gioco non molto diverse dai giochi che facevamo noi da ragazzi quando sparavamo agli “indiani” ma senza davvero voler uccidere nessuno.
 
 
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