La Stampa, 8 gennaio 2024
Quando le mogli conquistano la scena
Nella luce e nelle ombre dei grandi uomini, nei loro successi, nelle loro crisi, nelle loro incoerenze. Eppure talmente forti da prendersi la scena e restare impresse nella mente. Il cinema sui maschi, fatto dai maschi, non può prescindere da una realtà che brilla nitida: inquadrare al meglio le biografie di personaggi celebri significa quasi sempre metterne a fuoco il rapporto con il femminile, con quelle mogli, o amanti o fidanzate, dal ruolo cruciale che hanno plasmato le personalità dei loro compagni. Nei film più importanti della stagione, compresi quelli in corsa per gli Oscar, la tendenza è prevalente, un segno distintivo che appare in tanti titoli, tutti concentrati su un’immagine virile che viene fuori a tutto tondo solo grazie a quella della donna che l’affianca. Gli esempi sono eclatanti e non sarà un caso se, per assistere a una vicenda in cui il divo dal talento sfavillante è sullo sfondo e l’amore della sua vita in primo piano, bisognerà aspettare l’uscita di Priscilla, diretto, guarda un po’, da una donna, Sofia Coppola, e totalmente sorretto dalla prova di Cailee Spaeny, Coppa Volpi a Venezia, già in odore di candidatura ai prossimi Oscar.
Nel biopic Maestro dedicato al musicista e direttore d’orchestra Leonard Bernstein, il regista e protagonista Bradley Cooper affronta di petto il tema dell’omosessualità di lui, coniugata, per tutta la vita, con l’amore potente, indistruttibile, nutrito per la moglie Felicia Montealegre: «Volevo che al centro del film ci fossero loro due – ha spiegato Cooper – così da mostrare la verità sul loro matrimonio. Si potrebbe dedicare un film intero solo all’esplorazione della fluidità sessuale di Leonard, ma sarebbe stato un altro film. Mi interessava, invece, descrivere il legame con Felicia, perché penso che quello fosse la base di tutto. Come poteva essere vivere in una struttura familiare eterosessuale, pur sapendo le verità dell’uno e dell’altra?».
Essere insostituibili non significa avallare, cancellare se stesse, farsi da parte. Vincono la tenacia e anche la disperazione. Il faccia a faccia in cui Penelope Cruz affronta, con vestaglia e pistola in mano, il marito Enzo Ferrari (Adam Driver) è uno dei momenti alti del film che Michael Mann ha dedicato al leggendario ex-pilota, dirigente sportivo e imprenditore. Il racconto si sviluppa intorno al rapporto dilaniante con la moglie tradita Laura, cui Ferrari resterà, nonostante tutto, legato per sempre. Nel monumentale Oppenheimer di Christopher Nolan succede che le donne siano presenze/assenze fondamentali, un po’ incubo, un po’ sogno, in linea con un’abitudine che rifletterebbe la difficoltà del regista nel ritrarre il femminile. Stavolta, però, sia la moglie Katherine (Emily Blunt) che l’amante di gioventù Jean Tatlock (Florence Pugh), impongono, con i loro diversi profili, un cambio di prospettiva, una resa dei conti cui nemmeno l’inventore della bomba atomica può sfuggire: «Mi è piaciuto – ha confessato Blunt – interpretare un personaggio femminile che non vuole piacere ad ogni costo, che non è amata da tutti e che, anzi, mostra un carattere scomodo». Con lei, nei giorni dell’isolamento a Los Alamos, l’Oppenheimer interpretato da Cillian Murphy divide eccessi, alcol e sigarette, un menage lontanissimo dallo stereotipo Anni 50.
Per Ridley Scott la scelta di raccontare l’epopea di Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix) puntando l’obiettivo sulla moglie Giuseppina (Vanessa Kirby) risponde alla voglia di ritrarre un condottiero egotico, indebolito dal culto di sé stesso e capace di essere autentico solo sul campo di battaglia e nelle stanze in cui può lasciarsi andare alla passione per l’avvenente compagna, la bella creola, come veniva definita a corte, cui fu costretto a rinunciare in nome di un erede che non arrivò: «Giuseppina era un’outsider – ha osservato Kirby – proprio come Napoleone, si capivano profondamente, si identificavano l’uno nell’altra». Senza Giuseppina, l’imperatore non avrebbe potuto vincere e perdere le sue guerre, sul letto morte le sue ultime parole furono per la prima, adorata, moglie. Anche nel cinema dei prossimi mesi accanto a ogni grande uomo, non più dietro come si diceva un tempo, c’è sempre una grande donna. È questa la novità. —