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 2024  gennaio 08 Lunedì calendario

La politica di Sanremo

«L’anno scorso fu un Sanremo un po’ comunista. Noi non interferiremo, noi siamo diversi». È domenica pomeriggio e Daniela Santanché applaude Amadeus, che, ieri intervistato da Silvia Fumarola suRepubblica, ha chiesto alla politica di stare lontana dal festival. E se fosse stato un modo per mettere le mani avanti, per evitare che la destra nostrana trasformi l’Ariston in una convention stile “Dio patria e famiglia?”. «Ma no, ma no», assicura Santanché. «Noi siamo per una Rai pluralista, noi stiamo lontani dalle canzoni».Manca ancora un mese e cresce la febbre sanremese. È la stagione di TeleMeloni. C’è da fidarsi?«Nun me ne po’ fregà de meno», è la prima reazione di Maurizio Gasparri. Poi si lascia tentare. Ha letto Amadeus. «Ha ragione. La politica stia fuori da Sanremo. Ma anche il Festival non si occupi di politica. Attendiamo fiduciosi».L’anno scorso Fedez strappò l’immagine del viceministro Bignami vestito da nazi. I Ferragnez erano all’apogeo della fortuna. Poi Rosa Chemical che bacia Fedez, con annessa inchiesta penale per atti osceni. Paola Egonu che parla di razzismo. Sergio Mattarella ad ascoltare Roberto Benigni recitare la Costituzione. Blanco che distrugge i vasi di fiori. Gino Paoli che fa rivelazioni scabrose sui colleghi. I giovani impazzirono. Numeri record. Interazioni social da urlo. La fotografia di un’Italia simile a quella di Elly Schlein. E infatti il sottosegretario meloniano Gianmarco Mazzi disse che la Rai avrebbe dovuto cambiare i suoi vertici, per provare a cambiare la narrazione. Infatti la Rai è diventata laPravda di Giorgia. I gangli vitali sono tutti occupati. La lottizzazione nera compiuta. Dai, quest’anno anche i leghisti staranno davanti alla tv. «Certo che lo vedrò», assicura non a caso un altro pasdaran comeil leghista No Euro Claudio Borghi. Lontano sembra il «Sanremo chi?», pronunciato dal salviniano Stefano Candiani. E Salvini che farà? Ricordate? Attaccò il presidente della Repubblica, che peraltro non disse una sola parola, limitandosi a sorridere delle battute di Benigni. Il ministro della cultura Sangiuliano però chiese e ottenne che si parlasse di foibe, come riequilibrio culturale. Alzi la mano chi se lo ricorda.«Un tempo si parlava delle canzoni di Orietta Berti, non del contorno», sostiene Gasparri. È vero fino a un certo punto. Salvini ha sempre fatto casino, per dire. Se la prese con Claudio Baglioni, troppo amico dei migranti, e l’anno scorso attaccò Amadeus, che gli rispose per le rime. Nel 1984 Pippo Baudo fece salire gli operai dell’Italsider sul palco. Benigni canzonò addirittura il Papa,Wojtilaccio. Beppe Grillo, nel 1989, incendiò la Prima Repubblica prendendosela con il dc Ciriaco De Mita, allora premier, e il presidente della Rai Biagio Agnes, e stuzzicò il socialista Claudio Martelli sulla storia di Malindi. «Voi ridete, ma a me faranno un c...così», spiegò al pubblico. E non avevamo visto ancora niente. Il ministro Tommaso Padoa Schioppa e Romano Prodi criticarono i compensi dei conduttori. Baudo si arrabbiò. Teo Teocoli si presentò in mutande, per imitare il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, allora un discreto potente. Nel 2016 gli artisti cantarono con i nastrini arcobaleno per sostenere la legge sulle unioni civili di Monica Cirinnà. Nell’ultima edizione si parlò per settimane dell’arrivo di Zelensky, che poi manco si presentò.Insomma, il Festival è la terza Camera dello Stato.I campioni della destra dicono che staranno lontani da ogni intromissione. Claudio Borghi fa un po’ di autocommiserazione culturale: «Ci vorranno cinquant’anni per riequilibrare i torti subiti dal centrodestra. Ma lo sa che molti amici miei artisti mi dicono che non possono rivelare che votano per me perché altrimenti non gli fanno fare le mostre? E, nonostante i tanti Degni in giro – il consigliere della Corte dei Conti che ha attaccato il governo su X – noi siamo equanimi». Ecco, la destra è buona. La sinistra sembra buona ma è cattiva. «Fateci sentire le canzoni!» è la richiesta di Borghi. «Solo musica» concorda Santanché. Anche questo modo di pensare è un programma politico.