Domenicale, 7 gennaio 2024
La struggente bellezza dei nostri viaggi perduti
la struggente bellezza dei nostri viaggi perdutiVoci per un autore. Dal Dizionario dedicato allo scrittore, un testo in veste di curatore di mostra (l’unica da lui mai realizzata) sul tema del viaggio. Che è il filo rosso che percorre il nostro primo numero del 2024Alberto Arbasino
La pratica e la nozione stessa del Viaggio si sono rovinosamente alterate e trasformate nel corso di un paio di decenni. E non è tanto in questione la sensiblerie individuale, o la mamma generazionale, o una qualche mutazione dei nostri caratteri, dell’approccio, del gusto. Si viene colpiti, aggrediti, dalla realtà “fattuale” medesima… Basta ritornare in Egitto, vent’anni dopo. Era vuoto; le piramidi erano piuttosto remote nel deserto, con la loro sfinge solitaria al fianco; gli aerei per Luxor e Assuan erano piccoli bielica russi, che saltellavano atterrando, e dove si era spesso gli unici passeggeri. I due grandi vecchi alberghi inglesi, il Cataract e il Winter Palace, erano deserti; decaduti ma ancora dignitosi, non frananti, né con gli atri ricolmi dei bagagli dei tours. (…) Anche, al Cairo, sembra di ricordare alberi e caffè nel quartiere europeo simile alla Napoli ottocentesca fra il Municipio e la Stazione, oggi ecatombe di edifici degradati, marciapiedi disselciati, sopraelevate vorticose, voragini di polvere tra insegne e persiane pendule, scavi per metropolitane eterne, terminali d’autobus, brulichio di sovrapopolazione che incombe con densità pullulante e foltissima sopra ogni metro quadro. (…) E basta fare un balzo indietro, a Flaubert. Nel 1849, per visitare le Piramidi, si parte dal Cairo un venerdì mattina, a cavallo. Si attraversa il Nilo in barca, presso l’isola dei giardini del Pascià. (…) Ed ecco, di colpo, il deserto; e finalmente le Piramidi, la Sfinge che «si ingrandiva, si ingrandiva, e usciva dalla terra come un cane che si alza» (…)
Ecco i nostri viaggi perduti. (…) “L’aura” è svanita, il contesto è devastazione, e sovrapopolazione; e un’edilizia generica, pressoché identica e nata cadente ovunque, soffoca e nanifica i siti più monumentali e più illustri, ormai sommersi dalle costruzioni “in economia” e avvolti dal traffico. E non più modi locali e materiali specifici per costruire, decorare, alloggiare, abbigliarsi, acconciarsi, muoversi, far musica, ridere: al termine d’ogni lungo spostamento, invece, ecco stanze d’albergo e cibi e profumi e bibite e abiti e accendini e colonne sonore ostinatamente amalgamati, omologati, omogenei.
Ed ecco la fotografia, allora. Come testimonianza struggente di fisionomie scomparse, di aspetti e caratteri spariti – di luoghi e di persone, di formazioni e vicende e tipologie originali, indipendenti (…) da ogni modello diffuso e imposto dai mass media “generali”… (…)
Ora, una memoria di colpe generazionali. Tra la fine degli anni 50 e gli inizi dei 60, il sentimento del nuovo e del mutevole era così intenso, che i vantaggi economici del nostro piccolo boom furono interamente spesi nella ricognizione delle avanguardie della cultura, tra le capitali europee e la California e New York. (…) Si rinviavano così a un’età più riposata e meno impaziente le meticolose visite agli “alti luoghi” dell’antichità e dell’esotismo: si preferiva «farli più tardi e con calma» (e con più soldi, e le comodità che questi permettono). (…)
I risultati sono stati, tutto sommato, perdenti: giacché i siti monumentali e storici, che avevano resistito per decine di secoli senza troppe metamorfosi, improvvisamente si sono alterati, rovinati, sfigurati, sono diventati inaccessibili o invisibili – mentre proprio le metropoli contemporanee più scatenate sono rimaste (per lo più) identiche. (…)
Fermando il Tempo, precedendo le deturpazioni e gli sfregi, la Fotografia, anche la meno deliberata e “cancelliera” e ratificatrice, può aiutarci a conservare un’illusione di sopravvivenza per i luoghi già illuminati dalla Cultura. Un itinerario di Viaggi Perduti potrebbe incominciare naturalmente da un’Italia ancora bellissima, com’era fino a poco fa, e ancora stupendamente “vuota”: il fascino fermo di quelle vie magari abbastanza immutate, in città che conosciamo anche bene, però sgombre di vetture e di folle, sospese e raggianti d’una grazia attonita, “metafisica”, rigore e nettezza di lineamenti, non lordati da arredi e detriti urbani. (…) Alinari ci consegna immagini frontali e nitidissime, cartoline perfettamente disabitate, di monumenti maggiori e minori per lo più isolati dal loro contesto, che presto si sovraffollerà di fili, pali, insegne, antenne, colonnine, cabine, chioschi, catenelle, macchine, manifesti, transenne, tralicci (…) E la Milano ancora magnifica città d’acque e giardini e navigli romantici oltre le facciate neoclassiche… E la Roma delle ville rinascimentali e ottocentesche dai vasti parchi maestosi e meravigliosi, del Foro erboso e ondulato e con buoi tra quartieri fitti di accumuli storici sovrapposti fra il Teatro di Marcello e il Foro di Augusto e sopravvissuti solo nelle fotografie-documento degli Album Romani di Silvio Negro (…)
E allora, anche una Fotografia dorata di attenzione e orgoglio, oltre che per l’Arte, anche per la testimonianza: come i diari e le lettere dei grandi narratori e dei migliori poeti. Una (rara) “bella fotografia di luoghi bellissimi”: seduttrice amata e complice indispensabile dei nostri vagheggiati Viaggi Perduti.