La Lettura, 7 gennaio 2024
Biografia di Geoffrey Chaucer
Adatto e adattabile a qualsiasi epoca, sensibilità, pubblico. Avventuroso per i bambini, licenzioso per gli adulti, moralista per i lettori di età vittoriana. Ma anche misogino e femminista, radicale e conservatore, sciovinista e multiculturale, anarchico, colonialista, pacifista e guerrafondaio. Addirittura, nonostante l’anno di nascita sia (circa) il 1343, protestante prima del protestantesimo. Geniale e imprendibile Geoffrey Chaucer, considerato il padre della letteratura inglese. Una mostra a Oxford, Chaucer Here and Now, nelle sale della più antica università del mondo anglosassone, cerca però di fare ordine nell’opera e nella figura dell’autore medievale i cui lavori sono stati interpretati, riscritti, adattati nei secoli e a tutte le latitudini. Più che quintessenza della Englishness, un’icona globale. Uomo del Trecento ma profondamente cosmopolita. Europeo, più che londinese. Soprattutto italiano, per l’influenza che su di lui ebbero Dante, Petrarca, Boccaccio. «Senza l’Italia – commenta la curatrice dell’esposizione, la professoressa Marion Turner – non esisterebbe Chaucer».
A ogni generazione il suo Chaucer. La mostra, fino al 28 aprile nella Weston Library dell’ateneo, scrigno che conserva le collezioni speciali dell’immenso sistema bibliotecario oxfordiano, esplora i modi in cui dal 1400 a oggi l’anticonvenzionale autore dei Canterbury Tales sia stato interpretato e studiato in base all’«estetica e all’attitudine morale del periodo». Ecco allora i manoscritti che testimoniano le prime versioni dei lavori chauceriani, compreso il più antico esemplare dei Canterbury Tales, l’Hengwrt Chaucer (risale agli anni della morte del poeta), in prestito dalla National Library del Galles, o lo splendido Fairfax Manuscript della Bodleian Library con le sue strabilianti illustrazioni, ma anche quelli in cui compaiono le chiose degli scrivani, i commenti, addirittura nuovi finali per certi racconti. O la prima copia stampata da William Caxton nel 1476. E una del 1598 con l’albero genealogico di Chaucer i cui rami – merito di un furbo colpo di mano che inserisce la cognata del poeta Katherine Swynford e il marito John Gaunt, duca di Lancaster – si collegano alle orgini della dinastia Tudor. Un richiamo alla nazione, alla corona. Ed è solo uno dei modi in cui Chaucer è stato fatto bandiera di qualcosa, dell’impero britannico con le sue conquiste, e all’opposto, nelle ultime due decadi, voce degli africani oppressi dallo schiavismo inglese (negli Stati Uniti esistono corsi universitari come The African Diaspora and the «Canterbury Tales»), dei rifugiati, dei migranti. Chaucer come spunto da cui trarre nuove suggestioni e narrazioni. Un esempio sono le decine di versioni tratte dal racconto La donna di Ba th dei Canterbury Tales, che vanno dalla ballata del sedicesimo secolo The Wanton Wife of Bath (di anonimo; più volte bandita per i suoi contenuti «anti-sistema», e per questo molto amata) alla pièce teatrale The Wife of Willesden di Zadie Smith (2021), ma anche le continue traduzioni e trasposizioni: cartoni animati, videogiochi, film, serie tv. C’è anche il Virtual Chaucer, racconto immersivo in cui lo spettatore può interagire con i pellegrini al Tabard Inn.
Prova a spiegare il segreto di tanta longevità transnazionale la curatrice della mostra, Marion Turner, «JRR Tolkien professor» (cattedra che Oxford ha istituito nel 1980 intitolandola all’autore del Signore degli Anelli) di Lingua e Letteratura inglese, che a Chaucer ha dedicato anni di ricerca e numerosi libri. «Penso che il suo incredibile successo – dice – sia in gran parte dovuto alla varietà di ciò che ha scritto. Rispetto a Boccaccio e al suo Decameron, per esempio, Chaucer ha una gamma più ampia di storie, con un gruppo di ascoltatori più variegato, proveniente da ambienti di tutti i generi. E tocca molti temi: penitenze, vite di santi, storie romantiche o sensuali, leggende. Ognuno è libero di scegliere il suo Chaucer e trovarci qualcosa di interessante e autentico». E allora qual è il vero Chaucer? «Il fatto è che si nasconde. Lo fa per tenere insieme tutti questi elementi».
Un camaleonte, un ventriloquo, lo definisce amorevolmente la professoressa Turner. «Chaucer suggerisce l’idea che dovremmo ascoltare tante voci e non rimanere fossilizzati in una singola posizione. È questo a renderlo così rilevante. Soprattutto oggi che siamo tutti tracciati dall’algoritmo: leggiamo qualcosa online e subito ci viene indicato cos’altro dovremmo leggere e pensare, mentre Chaucer ci sfida a cambiare punto di osservazione. Dimostra che ciò che vediamo dipende dalla posizione in cui ci troviamo, che la nostra storia sarà completamente diversa se narrata da un’altra persona, con un’altra prospettiva».
L’importanza dell’ascolto, la lezione di un poeta universale che ha saputo raccontare gli esseri umani, donne comprese. «Dobbiamo essere cauti – continua la docente – nel definire Chaucer femminista, parola che leghiamo all’emancipazione e all’uguaglianza e che nel quattordicesimo secolo non era nemmeno pensabile. Resta comunque un autore unico e straordinario nel trattare le donne: prende gli stereotipi misogini e li trasforma in qualcosa di molto più interessante, parla di violenza domestica, mostra quanto lo stupro sia un crimine orribile». E arriviamo all’Italia. «Chaucer si ispira a un poemetto giovanile di Boccaccio, il Filostrato, e lo adatta scrivendo il suo Troilus and Criseyde, in cui però sembra molto più interessato, rispetto all’originale, alla figura di Criseide. Insomma, non lo definirei femminista, ma in molti casi questa “etichetta” non mi sembra così fuori luogo».
Il modello del Decameron, i versi in volgare, l’eredità dello Stilnovo. Il bagaglio culturale di Chaucer non è quello tipico di un inglese del Trecento. «I giovani della sua estrazione sociale – puntualizza la studiosa – imparavano oltre all’inglese il latino e il francese, ma lui conosceva anche l’italiano perché veniva da un retroterra mercantile, e proprio per questo fu mandato in missione diplomatica in Italia, nel 1373 a Genova e Firenze e nel 1378 a Milano e Pavia. Da qui riportò in patria manoscritti di Dante, Petrarca, Boccaccio, cosa che lo cambiò radicalmente. Era abituato a leggere poesia in latino e in francese, ma solo grazie a quella italiana fu in grado di sviluppare una nuova linea poetica dando dignità al volgare (middle English). Questo scrivere nel proprio vernacolo può sembrare “nazionalista”, ma fa parte di una tendenza internazionale dell’epoca. Anche per questo Chaucer è un autore multiculturale che non avrebbe potuto sviluppare il suo stile senza l’Italia. Su questo non c’è dubbio, l’Italia per lui è stata fondamentale».
Dall’Inghilterra all’Italia e ritorno. In mostra ci sono anche spezzoni del film di Pier Paolo Pasolini I racconti di Canterbury (1972), «anche se il regista – commenta la professoressa – ha voluto soffermarsi sugli aspetti erotici del poema, mentre Chaucer è molto di più». Appunto, un marchio globale che continua a ispirare generazioni di lettori di tutto il mondo. Oltre i confini della sua Londra. Dunque Chaucer avrebbe votato contro la Brexit? La professoressa sorride imbarazzata, prima non si pronuncia, poi dice: «Be’ sì, era un uomo gradevole...».