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 2024  gennaio 07 Domenica calendario

Intervista a Giucas Casella

E così un giorno si mise a fare il fachiro: camminava sui vetri, sputava fuoco, si traforava con gli spilloni, mangiava lamette. Le inghiottiva davvero?
«Basta masticarle come si deve e non ti succede niente».
Si digeriscono bene?
«Oh sì, benissimo, i succhi gastrici sciolgono tutto».
Papà era muratore.
«Da piccolo lo aiutavo, impastavo la calce, mi piaceva. Vengo da una famiglia povera, ne sono orgoglioso».
A sei anni cadde in un pozzo.
«Gridai per chiamare aiuto. Intorno non c’era nessuno. Mia madre, sordomuta, stava raccogliendo i frutti da un albero di gelso. Non poteva sentirmi ma in qualche modo avvertì che ero in pericolo e corse a salvarmi. Credo sia stata telepatia, altrimenti non si spiega. Dopo di che cominciarono a succedermi cose strane».
Strane come?
«Su un sentiero incontrai una vipera. La fissai terrorizzato. Ma lei restò immobile, come pietrificata. E poi con i compagni di scuola: parlando li mandavo in catalessi. Se si facevano male, li toccavo dicendo: “Ora non sentirai più nulla”. E gli passava il dolore. I loro genitori si spaventarono, non volevano che giocassero con me, pensavano fossi posseduto dal demonio, consigliarono ai miei di portarmi dall’esorcista».
E ci andò?
«No. Il parroco, don Sarullo, spiegò che la stregoneria non c’entrava niente. E mi organizzò uno spettacolino in parrocchia. Inventò il nome Giucas. Per la prima volta proposi il numero delle mani intrecciate. Lo avevo imparato guardando un documentario su un illusionista mentre ero in collegio al “Boccone del Povero” dai preti di don Bosco, a Palermo, dove rimasi fino alla terza media. Dal banco riuscivo persino ad addormentare il professore di matematica per non farmi interrogare. Mangano, si chiamava».
Funzionava?
«Eccome. Russava pure».
Dopo di che?
«Lavorai come garzone di un barbiere».
Ecco perché era pratico di lamette.
«Quando il titolare lasciò, mi comprai il locale con le cambiali. Lo chiamai “Da Peppuccio”, che ero io. Si usava il ciuffo alla Little Tony, ero bravo a tagliare e cotonare. A 18 anni, stufo, lasciai il salone a mio fratello e andai a Torino da mio cugino Massimo. Mi portò in discoteca ad Alassio. “Fai uno spettacolino dei tuoi, così non ci fanno pagare”».
Senso pratico.
«Mi notò un impresario. “Venga con me, girerà il mondo”. Pensai che fosse matto. Invece debuttai alla Romantica di Lugano, con un numero di fachirismo. Mi ero fatto fare degli stiletti su misura e me li conficcavo nel torace, in gola, sul braccio».
Tutto bene, sì?
«Entravo in trance e mi rendevo insensibile al dolore. Non usciva sangue. Accadde soltanto una volta, anni dopo, a Fantastico con Montesano, in diretta. Colpa di Marisa Laurito che, dietro le quinte, mi aveva fatto inciampare. Persi la concentrazione, sanguinavo così tanto che dovettero portarmi al pronto soccorso».
Tanto per cambiare la scoprì Pippo Baudo.
«La sua segretaria mi notò al Bagaglino, durante una serata per la mia amica, la contessa Edda Ciano. L’avevo conosciuta in crociera, insieme a Roberto Gervaso, per tre anni avevo lavorato sulle navi che facevano il giro del mondo. Baudo mi portò ad Antenna Sicilia. I cinque minuti di spettacolo diventarono 50. Mi ospitò a dormire a casa sua, mi pagò il volo Catania-Roma. E cinque giorni dopo ero a Domenica In. Gli devo tanto, è il padrino di mio figlio, ci sentiamo sempre».
Ipnotizzò anche lui?
«Figuriamoci se me lo lasciava fare, Pippo che vuole dominare tutto».
«Solo quando lo dirò io!» diventò un tormentone. E ogni tanto qualcuno restava con le mani incastrate.
«In Germania accadde a un ministro tedesco, che era a casa sua, lo liberai dalla tv. E a Ciriaco De Mita, durante una festa di piazza a Nusco. Sciolsi anche lui con la forza del pensiero».
Gigi Sabani la sfotteva: «Paragnosta, figlio di gran paragnosta».
«All’inizio mi arrabbiavo. Me ne lamentai con la Rai. “Sei pazzo? È tutta popolarità”, mi spiegò Pippo».
La sua amica Mara Venier la prende spesso in giro: «Giucas, come mago sei una sòla».
«È la mia sorellona, la adoro, ci vogliamo bene, lei gioca, non mi offendo, l’ironia ci vuole».
La camminata sui carboni ardenti.
«Detengo il record mondiale di 33 metri, stabilito al Politeama di Palermo, con Piero Chiambretti. Non mi fa male, non sento nulla».
Una volta però si è ustionato di brutto e si beccò il Tapiro di Striscia.
Fa il medico, è la mia più grande magia
«In Grecia, con quella disgraziata di Mara che l’ha detto in diretta e così mi hanno tolto dal Guinness dei primati. Avevo già percorso venti metri quando un tizzone appuntito mi è entrato proprio sotto la pianta e anche lì ho perso la concentrazione. Mi sono bruciato un piede, sono dovuto andare in ospedale, per un mese ho portato una fasciatura, faceva malissimo».
Giorni fa Paolo Bonolis a «Ciao Darwin» perfidamente l’ha fatta camminare su una distesa di carbonara fumante.
«Geniale. Era un gioco e mi sono divertito. Scottava parecchio eh».
Addormentava gli animali.
«Conigli, polli, coccodrilli, cobra, il più pericoloso. Li mando in catalessi, restano rigidi. Ora non lo faccio più sennò gli animalisti si arrabbiano e hanno ragione, solo qualche gallina».
Con Simona Ventura l’ipnosi non riuscì: si mise a ridere.
«Se il soggetto non collabora, resiste, l’esperimento non viene bene. Funziona con persone forti, che cedono il comando della propria volontà, non con quelle deboli che hanno paura. Belén andò in catalessi profonda, sospesa tra due sedie e rigida come una statua, ci sono anche salito sopra. Ho ipnotizzato tanti personaggi. Loretta Goggi. Paolo Villaggio, i Pooh. Raffaella Carrà restò con le mani bloccate. Eravamo amici, giocavamo a carte insieme, ma era terrorizzata, evitava di guardarmi negli occhi».
Barava con la forza della mente?
«No, mai».
Da giovane, oltre che il mago, faceva il playboy.
«Che ne so, non ricordo. Ho avuto un sacco di donne. No, non le ipnotizzavo per sedurle. Mi inseguivano ovunque. C’era la fila. Ero bello, un bonazzo, e lo sono tuttora».
E lei ci stava?
«E certo che ci stavo, ero libero».
Fece colpo su Orietta Berti.
«Non ero ancora famoso, mi portava nei suoi spettacoli. Era scioccata dalle mie doti da fachiro, impazziva per me, mi vedeva statuario».
Eh ma accanto a Orietta c’era già l’Osvaldo.
«E infatti tra noi non ci fu niente, solo una grande simpatia».
Ha raccontato: «Sono per l’amore libero. Sono fluido, non gay. Amo sia gli uomini che le donne».
«Da ragazzino ho avuto esperienze sessuali con uomini, è successo un paio di volte, la prima quando ero in collegio dai preti, ma a quella età è normale. Tra maschi ci mettevamo lì tutti insieme e... ognuno faceva per sé».
Ed è andato anche oltre?
«Sessualmente è successo, però non mi sono mai innamorato. Attiro anche gli uomini, per me è un complimento. In gioventù, hai voglia tu, mi correvano tutti dietro. Ogni tanto l’interesse era reciproco. Succede a molti, solo che io sono sincero e lo dico».
A 37 anni è stato un ragazzo padre.
«Carol era inglese e faceva la modella, è stata la mia prima vera donna. Ci siamo lasciati ma ogni tanto ci vedevamo lo stesso».
Mentre lei era già impegnato con Valeria, sua compagna da oltre 40 anni.
«Eh sì, una santa. Una volta io e Carol abbiamo fatto l’amore ed è rimasta incinta. Io non ne volevo sapere di un figlio. Mi richiamò quando è nato James. “Non posso tenerlo, voglio darlo in adozione”. Chiesi consiglio a Baudo. “Prendilo con te, sennò un giorno te ne pentirai”. Gli ho dato retta, aveva ragione».
Saggio Pippo.
«Quando l’ho visto, James era piccolo, bruttissimo. Andai in Comune a riconoscerlo. Lo portai tre mesi in Sicilia da mia sorella, poi tornai a Roma. Mi aiutò zia Francesca che abitava a casa mia. E se partivo c’era la tata. Veniva con me anche a Domenica In, io e Mara lo nascondevamo nel bagagliaio perché non poteva entrare alla Rai. Anche lei mi ha aiutato a crescerlo, ed è venuto su bene. Al liceo era un asino vero, l’ultimo della classe. Invece il test per entrare a Medicina lo ha passato subito, oggi è viceprimario ed è la mia più grande magia».
Colleziona Barbie.
«Sono la passione del mio assistente Giuseppe, che sta con me da una vita, me l’ha passata. Ne avrò quasi mille, le tengo in cassaforte perché non devono prendere luce».
Dopo tanti anni, nonostante tutto, piace ancora.
«La gente mi adora, pure i ragazzini, perché sono vero, senza filtri, mi vedono come uno di loro».
Per la scienza lei è un simpatico impostore.
«Mi hanno controllato in tutto il mondo, studiato come fenomeno, trucchi non ne hanno scoperti».
Si è fatto seppellire vivo, immergere nel ghiaccio, legare come un salame sott’acqua, fulminare dalla corrente elettrica. Ha mai avuto paura di restarci secco?
E capitò anche a De Mita, durante una festa di piazza a Nusco. Lo slegai con la forza del pensiero
«No, anzi, non vedo l’ora di rifarlo. E sto già pensando a una nuova sfida, vedrete».