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 2024  gennaio 07 Domenica calendario

Intervista a Benedetta Porcaroli

Nel film presto in sala, al fianco di Pietro Castellitto, sarà Eva che si innamora di Enea, finito in un brutto giro. Benedetta Porcaroli, attrice di talento a soli 25 anni, si racconta. «Se ci penso ora mi fa tenerezza, al liceo sui social mi chiamavano “piatta”, ero bullizzata e ferita».
Benedetta Porcaroli è l’attrice di maggiore talento sotto i 30 anni. Ne ha 25. Ha cominciato presto. Appena maggiorenne andò a vivere da sola, «è difficile far coincidere ritmi e orari di un’attrice con chi non c’entra nulla». Al liceo su Facebook crearono un gruppo dove la chiamavano «piatta».
Rivalse?
«Nessuna rivincita. Mi fa tenerezza, non ricordo com’era la mia vita prima di diventare attrice, anche se non mi sento così cresciuta. Ma ricordo che ci rimasi male, ero ferita. Bullismo. Ma all’epoca non si usava questa parola. I social spesso sono usati per affondare la lama. Si deve infierire. È tutto estremizzato».
Tra un po’ sarà in sala con «Enea» di Pietro Castellitto.
«Lo spaccio, le feste e la giovinezza sono l’ombra di una storia che parla d’altro. Interpreto Eva che si innamora di Enea, che è Pietro. Capisco che si è infilato in un brutto giro, deve venir fuori dai propri demoni. Eva è una ragazza apparentemente serena, cambia il ritmo della storia che va a 200 all’ora. È come se portasse una luce, portatrice sana di amore».
Un film molto personale.
«I personaggi in modo grottesco fanno cose estreme per sentirsi vivi, cercano di costruirsi un percorso e di gestire il destino. Sono disposti a tutto pur di sentirsi meno soli, spingendosi in dinamiche para criminali».
A Venezia si parlò di un premio che non arrivò.
«Ci dissero che era nella rosa dei premiati, poi non ho idea di quello che è successo. Io un riconoscimento all’originalità della scrittura l’avrei visto bene. È complicato un film con tutti quegli argomenti. Ma non c’è il nichilismo di una famiglia borghese, come fu detto».
Continua a fare film su Roma Nord.
«Una realtà che conosco bene, ci sono cresciuta. In Enea, Pietro dice che viverci è come aver fatto il Vietnam. Una provocazione, ma può essere un ghetto».
Un anno fa a Berlino disse di essere in un momento di passaggio.
«Non mi ci sento più, ho una maggiore consapevolezza, sento di avere un certo potere e responsabilità. Continuano a dirmi che la mia aria malinconica riporta alle eroine letterarie del passato. Quando mia nonna mi ha visto nelle ragazze massacrate al Circeo e nelle baby squillo si è messa le mani nei capelli e mi ha detto, ma questi ruoli non possono darli ad altre attrici? In realtà sono anche ironica e si è visto in Amanda che è una commedia all’inglese, sono sarcastica, ho un umorismo tagliente, mi piace fare battute».
La vedremo su Netflix nella serie sul Gattopardo.
«Il film di Visconti è un capolavoro da cui ci siamo allontanati. Siamo partiti dall’ultimo capitolo del romanzo, quello su Concetta che è il mio personaggio, e il rapporto ancestrale che ha col suo ingombrante padre, il principe, Kim Rossi Stuart. È un coming of age di una ragazza che deve capire qualcosa della sua vita. L’incapacità di raccontarsi per come si sente, se deve amare o no. Non si abbandona, non è felice».
Concetta nel film di Visconti era coprotagonista. Le sarebbe piaciuto di più interpretare Angelica?
«Il provino l’avevo fatto per Angelica. Poi Tom Shankland, il regista, mi ha visto per Concetta e ha ragione lui. È stata una prova fisica durissima. Quando sposo un progetto sono pronta a tutto, anche a farmi martoriare. Siamo chiamati ad assorbire cose della vita e a tirarle fuori. Sul set devo far coincidere due opposti: l’autodisciplina e l’abbandono totale, la non conoscenza. E l’inconscio è centrale. Io faccio sogni, quelli ricorrenti sono angoscianti, ingaggio dei corpo a corpo, in uno mi azzanna un rottweiler, in un altro sono in mare aperto».
E un sogno per il 2024?
«Sto bene con bei film. Usciranno Immaculate, horror Usa dove sono una suora in un convento dove succedono cose terribili, e Il Vangelo secondo Maria. Ma sono felice anche nelle piccole cose».