la Repubblica, 6 gennaio 2024
Intervista a Francesca Archibugi
«Quando uscì La Storia, nel 1974, Elsa Morante volle che fosse pubblicato in edizione economica.È il racconto che non ha paura del popolare», dice Francesca Archibugi, «non ho mai pensato di voler fare un film “meno popolare”. L’obiettivo è sempre raggiungere il pubblico, più largo possibile».La regista porta in tv – la prima puntata della serie lunedì su Rai 1 – il capolavoro che spaccò la critica, in cui la storia di una maestra, Ida Ramundo (una commovente Jasmine Trinca), vedova, nata da madre ebrea, si intreccia con la Storia nella Roma di fine anni Trenta fino al 1948. La guerra, il terrore dei nazisti, la generosità di chi divide il poco che ha, la paura. Il figlio Nino (Francesco Zenga), che prima crede nel fascismo e poi si lega ai partigiani, accoglierà con amore il fratellino Useppe (interpretato da Christian Liberti e da Mattia Basciani), nato dallo stupro di un soldato tedesco.Curatissima nei dettagli, la serie (scritta da Archibugi con Giulia Calenda, Ilaria Macchia e Francesco Piccolo) si prende i suoi tempi per raccontare l’orrore, i sentimenti, e far conoscere figure meravigliose, il sor Remo di Valerio Mastandrea, Giuseppe, dettoEppetondo (Elio Germano), le donne con cui Ida divide l’appartamento (la padrona di casa, Antonella Attili, Asia Argento nel ruolo della prostituta Santina).«Provo una grande ansia», confessa Archibugi: «La Storia segna una svolta nella mia vita lavorativa, ho amato tanto il progetto».Quando ha scoperto il libro?«L’ho letto a 16 anni. Non sapevo che fosse stato così criticato, aggredito, che fosse stato un caso letterario. L’ho capito dopo, leggendo L’anno della Storia di Angela Borghesi. Pensi che Elsa l’ho incontrata, che imbarazzo».Come andò?«Sono figlia di separati, mio padre insegnava in America. A Roma e per un periodo ha abitato in via della Penna. Quando andavo da lui da piccola ero vestita alla moda, un po’ Carnaby Street, gonna corta, stivaloni e la mantella nera. Una volta incrociamo Elsa Morante. Mia madre la ferma, le dice che sto leggendo L’isola di Arturo. Lei la gela: “Arrivederci”. Ha visto una bambina vestita come una cretina, aveva ragione. Avrei voluto dirle: “Non sono così, mi hannomascherato”. Mi guardò come uno scarafaggio».Non dica così.«Ero ridicola. Lo ha pensato e io ho preso coscienza che era tutto sbagliato. Ammiro le persone che, siccome sono molto sincere con sé stesse, danno il perimetro dellasincerità anche al mondo».Cosa la colpì nel romanzo?«La vita che è piena di vita.Racconta una tragedia, ma ogni pagina è palpitante. Ida non è una madre coraggio, Morante la descrive come “una bambina sciupatella”. Jasmine èmeravigliosa, sente il peso dei figli, delle difficoltà ma non perde mai la fragilità infantile».Aveva visto lo sceneggiato di Luigi Comencini?«Tantissimi anni fa. Ero troppo giovane e troppo cretina, non riuscivo a tollerare ClaudiaCardinale nel ruolo, la mia idea di Ida non era così. Ammiro Comencini, è un idolo. Non ho più rivistoLa Storia per non essere condizionata. Giulia Calenda, la nipote, ha scritto la nostra sceneggiatura e quella precedente era firmata dalla madre Cristina Comencini con Suso Cecchi D’Amico».Siete fedeli alle pagine.«Nel libro c’era tutto. Ho amato i personaggi di Nino e di Santina, ma li ho tirati fuori con le scene del romanzo, senza alterare niente.Elsa è una strepitosa dialoghista e segue l’evoluzione dei personaggi, è dentro le persone. Dovevamo restituire il suo mondo e far dimenticare l’epoca. Il diavolo è nei dettagli, la cura è stata maniacale.Ringrazio la produzione, ho potuto scegliere il cast, anche se è una coproduzione senza attori stranieri volevo che fossero tutti ispirati.Abbiamo avuto tutto il tempo e ho lavorato con una squadra eccezionale: fotografia, scenografia, costumi, anche la musica. Non lo dico mai, è di Battista Lena, mio marito. La nostra chat era tuttiperelsa».Il lavoro con Jasmine Trinca?«C’è quasi telepatia. Avevo fatto con lei un corto, una decina di anni fa, perDifferenza donna. Ha un’intelligenza abbagliante, ci puoiparlare di tutto, spaccare il capello in 98. Non è solo brava, è una persona buona: essere intelligenti e buoni è raro».Ida è fiera di essere maestra, ripete al figlio di studiare. Una maestra è salvifica nei libri di Elena Ferrante.«Quanta Morante c’è nell’Amicageniale o nel bel film di Paola Cortellesi? Ha seminato, e trovo bellissimo quando riconosco pezzi di Elsa dentro altre storie».La serie arriva dopo il successo di “C’è ancora domani” di Cortellesi (Mastandrea, nel film marito violento, qui è il generoso Remo; Romana Maggiora Vergano, al cinema figlia di Paola, è la donna che dà un figlio a Nino). Pensa che il film influenzerà il pubblico?«Non ho idea di come funzionino queste cose. Abbiamo girato mesi prima con Romana e l’ho vista luminosa nel film di Paola, Valerio è l’attore speciale che è. Sono rimasta emozionata e colpita dal film di Paola: ha riportato al cinema chi non ci andava più, è stata l’esplosione di un talento, semplicemente lei».