la Repubblica, 6 gennaio 2024
Intervista a Elly Schlein
«Giorgia Meloni faccia i nomi e i cognomi di chi prova a ricattarla, se il suo non è il solito vittimismo per coprire i fallimenti del governo». Elly Schlein, da quasi un anno segretaria del Partito democratico, ha ascoltato giovedì la conferenza stampa della presidente del Consiglio e ne ha tratto una convinzione, che ripete più volte in questa intervista aRepubblica: Meloni «mente al Paese», nega le difficoltà, «rifiuta di assumersi le sue responsabilità».
Può la presidente del Consiglio evocare ricatti e tentativi di condizionarla, senza fare nomi?
«No, non può. Perché se è vero quello che dice, è un pericolo per l’Italia.
Dovrebbe consegnare alle autorità competenti gli elementi in suo possesso».
Deve riferirne al Parlamento?
«Di sicuro non può rispondere “non chiedetemi di essere più precisa”. Ho il timore, come già visto con Crosetto, che sia il solito vittimismo e complottismo da quattro soldi per coprire fallimenti economici e sociali. Un comportamento non adatto a chi governa il Paese che ora guida il G7».
Eppure Meloni si mostra molto sicura di sé e del suo consenso.
«Al contrario, rivela una distanza siderale dalle esigenze concrete delle persone. Propone un mix tra bugie, vittimismo e difese dell’indifendibile, con buchi di visione evidenti. Non sa cosa siano le liste d’attesa, il caro mutui e il caro vita che pesano sul vigilante che guadagna cinque euro l’ora e sulla giovane madre single che prende 900 euro di stipendio e ne paga 850 di mutuo. Non parla di violenza sulle donne forse perché l’opposizione concentrava le poche risorse a sua disposizione in manovra a quel tema mentre la destra distribuiva mance per finanziare campi da golf. Copre con menzogne enormi difficoltà, come sulla drammatica vertenza dell’ex Ilva».
Sul fronte giudiziario, da Santanchè a Delmastro, al deputato con la pistola Pozzolo, le grane di Meloni. Ma se di Delmastro chiedete da mesi le dimissioni e nulla accade, non rischia la vostra di diventare un’arma spuntata?
«Noi continueremo a usare tutti gli strumenti per chiedere al governo di rendere conto dell’imbarazzo che causa al Paese. La risposta della premier su Pozzolo è stata del tutto insufficiente, soprattutto a fronte della testimonianza del ferito che, da operaio, temeva di denunciare un politico che gira armato e ha usato con arroganza persino l’immunità.
Meloni avrebbe dovuto chiedere scusa e pretendere le dimissioni. E invece racconta la storiella di parlamentari non consci delle loro responsabilità: è lei, alla guida del suo partito personale, ad aver fatto le liste. Non può negare le sue responsabilità. Ma lo fa su tutto: sulla bocciatura della riforma del Mes e sulla legge bavaglio, dà la colpa al Parlamento, quando è lei a dare la linea alla sua maggioranza».
E a coprire Salvini, sull’inchiesta che travolge Verdini e l’Anas.
«La difesa di Meloni è debolissima.
Salvini deve riferire: non è indagato ma le ordinanze – che la legge bavaglio vuole oscurare – delineano un sistema di intermediazione tra manager pubblici e imprenditori che usavano la loro prossimità al ministro e a un sottosegretario della Lega».
La destra però vi rinfaccia il caso imbarazzante del consigliere della Corte dei conti Degni, di area dem, che sui social incitava lei a una opposizione più dura. E un doppio standard, sulla giustizia come la Rai.
«Adesso ci sono io alla guida del Pd. E sulla Rai dico che Meloni sarà l’ultima premier a lottizzarla: bisogna intervenire con una riforma che diaindipendenza dai partiti».
La voce dell’opposizione, comunque, fin qui è apparsa flebile.
«Forse su TeleMeloni trasmettono un altro film, ma gli spazi ce li stiamo prendendo. Loro si arroccano, noi andiamo al merito, andando in giro per il Paese, portando in piazza 50mila persone per parlare di pace e giustizia sociale, conversione ecologica, diritti, siamo all’ascolto dei problemi per tradurli in proposte».
Dopo la battaglia unitaria sul salario minimo, le annunciate iniziative sulla sanità non sembrano concretizzarsi. Ognuno per sé?
«Sui 9 euro l’ora c’è forte consenso nel Paese e il governo non ha avuto il coraggio di votare contro, tanto che ha dovuto svuotare il testo delle opposizioni con un atto gravissimo.
Meloni rivendica di non scappare da nulla e sul salario minimo è scappata a gambe levate. Sulla sanità pubblica sentirete la nostra battaglia: la stanno svuotando, per favorire quella privata. Noi abbiamo già presentato emendamenti alla manovra con M5S,Avs, Psi e + Europa, andremo avanti su liste d’attesa, carenza di medici e infermieri, non autosufficienza. E poi c’è la battaglia sul congedo paritario: cinque mesi retribuiti al 100% per entrambi i genitori, non trasferibili.
Tutte le opposizioni hanno sostenuto un nostro emendamento alla manovra e andremo avanti. La premier non può pensare che i modelli di conciliazione vita-lavoro siano Ursula von der Leyen o Roberta Metsola e non una lavoratrice della grande distribuzione che ha turni pure di domenica e non ha il nido garantito per i figli. La propaganda non nasconde la verità: ogni giorno il governo fa scelte contro le donne».
Mercoledì si voteranno alla Camera risoluzioni sul sostegno all’Ucraina, il Pd che farà?
«Abbiamo sempre garantito tutto il supporto necessario al popolo ucraino ingiustamente invaso, bisogna continuare a sostenerlo oggi che si intensificano gli attacchi russi, mentre Putin spera che vinca Trump e tolga il sostegno a Kiev. Ma dall’Uevogliamo un’azione più forte per la fine del conflitto e una pace giusta».
E sul conflitto in Medio Oriente?
«Serve un cessate il fuoco immediato per fermare il massacro di civili, per liberare gli ostaggi e portare aiuti umanitari a Gaza. Serve riprendere il percorso di due popoli e due Stati, trovando gli interlocutori. Non può esserlo Hamas, organizzazione terroristica, ma nemmeno questo governo israeliano che ha piani folli.
Così il rischio è allargare il conflitto».
Le Europee saranno un test per la premier. La sfiderà candidandosi?
«Le mie valutazioni prescindono da Meloni, sono impegnata a costruire un progetto a partire dall’iniziativa in sei luoghi simbolici su quale Europa vogliamo. La mia candidatura sarà l’ultima questione: ora lavoriamo per liste aperte alla società civile».
Meloni è pronta a un duello tv: vuole tagliare fuori Conte perché teme lei meno del leader M5s?
«Ho lanciato io la sfida a Meloni, sul merito: non mi fa nessuna paura, anche se hanno provato a dirlo dopoil mio rifiuto di partecipare alla loro festa di partito, perché non divido il palco con nostalgici del fascismo e franchismo. Si vedrà che le pompose promesse della destra si sciolgono come neve al sole. Il confronto tv non sostituisce però quello in Parlamento, lo frequentano poco e calpestano spesso le opposizioni».
Se ci sarà l’Election day alle amministrative il Pd non rischia di essere penalizzato dalla difficoltà a fare accordi col M5S nelle migliaia di comuni e nelle 6 Regioni al voto?
«Mi sembra strano parlare delle difficoltà a costruire un’alternativa oggi, mentre il centrodestra esplode in Sardegna. Noi abbiamo ancora lavoro da fare: ai territori abbiamo chiesto alleanze ampie ma coerenti e non imponiamo niente dall’alto.
Abbiamo già costruito candidature credibili e forti, come in Abruzzo».
Prodi la incorona possibile federatrice del centrosinistra, ma Conte non vuol farsi federare.
«Mi sembra un dibattito giornalistico. Noi sentiamo la responsabilità di costruire l’alternativa a partire da una chiara identità e da battaglie concrete, senza presunzioni di autosufficienza, ma sapendo che senza la comunità Pd l’alternativa non si può costruire».
I sondaggi non decollano: teme un Pd sotto il 20% alle Europee?
«Se c’è un partito che lo scorso anno ha fatto un salto in avanti è il Pd e non era scontato, dopo le difficoltà della sconfitta alle politiche. Do il giusto peso ai sondaggi, anche al congresso mi davano tutti dietro. Ora punto a riportare a votare chi non vota più».
Non pensa di dover parlare anche ai moderati, traditi dal governo?
«Non credo agli spazi creati in provetta. Noi parliamo a tutto tondo al Paese: quando parliamo di salari bassi, poniamo anche il tema della scarsa produttività, la transizione ecologica, dimenticata da Meloni, è un tema che parla alle imprese. Sul Paese che immaginiamo, costruiremo alleanze ampie».
Dovrete aspettare cinque anni?
«Non credo che il governo durerà.
Noi ci faremo trovare pronti: costruiamo subito l’alternativa».