il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2024
Britney Spears e Taylor Swift, i due volti della fama
Bussano alla porta del camerino di Britney.È il suo aiuto manager. C’è una ragazzina lì fuori, una chitarra in mano. Vuole farle ascoltare una canzone. “Falla entrare”, dice la popstar, alle prese con l’Oops Tour. La biondina avrà al massimo 14 anni, Spears la ascolta incantata. “Wow, wow wow!”. Una foto insieme le immortala: nei vent’anni successivi non ce ne saranno molte altre. Ora Brit riconosce che Taylor è “la stella più iconica della sua generazione”: l’incoronazione in uno degli ultimi post dell’ex enfant prodige del Club di Topolino, che nelle scorse ore ha chiuso l’account Instagram. Prima di sparire ha fatto in tempo, sempre via social, ad annunciare l’addio alla musica. Non inciderà più nulla, a dispetto delle voci messe in giro dagli insider. Al massimo continuerà a firmare sotto pseudonimo brani per uso altrui. Da autrice fantasma. Una resa totale, malgrado la mano tesa di Elton John, che nel 2022 l’aveva voluta nel mash-up di Hold Me Closer, suscitando qualche vana speranza pure in Amadeus per un’apparizione da superospite nello scorso Sanremo. Britney Spears non riesce a salvarsi da se stessa, mentre la biondina della foto potrebbe salvare gli Stati Uniti da una futura presidenza repubblicana. Che lo spauracchio sia o meno Trump (i cui legali cercano di aggirare la sentenza sull’ineleggibilità), l’endorsement di Taylor Swift potrebbe rilanciare le aspettative di Biden per USA 2024.
Già nel 2020 la “fidanzatina d’America”, dichiaratamente dem, era scesa in campo al fianco di “Sleepy Joe” e Kamala Harris. Stavolta il suo appoggio potrebbe rivelarsi fondamentale, più o meno come accadde nel caso Oprah Winfrey-Obama del 2008. Gli analisti politici hanno calcolato l’effetto-Swift: 272 milioni di follower. Con un solo post ha convinto 35mila giovani a registrarsi per il voto. Più della metà degli elettori per le presidenziali sono suoi fans, molti fra questi conservatori. L’antagonista di Biden, chiunque esca dalle primarie repubblicane, si troverà messo alle strette dal pronunciamento della biondina del Tennessee, di fede cristiana, etero al fianco dei diritti LGBTQ+, in grado di spostare con i suoi concerti dell’Eras Tour (in luglio due show a Milano) il Pil locale e persino di registrare micro terremoti per l’energia del pubblico negli stadi. I suoi fedelissimi spendono quasi cento milioni di dollari a ogni data tra biglietti, merchandising e spostamenti: alla fine del giro globale i ricavi si avvicineranno a 6 miliardi di dollari. Quanto al patrimonio personale, la 34enne Taylor ha superato la cifra con nove zeri due mesi fa. Macina record su record: dopo la copertina di Timecome persona dell’anno, ha appena superato Presley nella classifica di Billboard: per 68 settimane uno dei suoi dischi è stato al primo posto (ma Elvis potrebbe rifarsi presto, visto che verrà “resuscitato” dall’intelligenza artificiale con un ologramma da mandare sul palco); i Beatles paiono lontani con le loro 132 settimane in vetta. Non irraggiungibili, però: il management di Swift ha rimesso mano a tutti i vecchi album per pubblicarne nuove versioni e sbancare la hit parade.
Stando ai tecnici, se Taylor fosse uno Stato, la sua economia sarebbe tra le prime 50 al mondo. Altro che manovrine da repubblica delle banane: la “Swiftology” è un modello di capitalismo privato da studiare nelle università, Harvard in primis. L’importante è che non sbagli mossa: malgrado la vivace vita privata, costellata da relazioni vip (la più burrascosa è stata quella con Harry Styles, naufragata per la gelosia della ragazza), l’opinione pubblica non la percepisce come una maliarda mangiauomini. Anzi, i suoi amori giovano anche allo sport: l’attuale love story con il giocatore di football Travis Kelce ha alzato il fatturato di sciarpe e cappellini dei Kansas City Chiefs. Eppure, da questa parte del mondo in pochi saprebbero fischiettare quattro canzoni di Miss Swift. Talmente americana da valutare il dovere morale (e il feedback imprenditoriale) di soccorrere il suo paese contro gli avventuristi della destra. Un potere da superinfluencer con una bella voce, il suo. Intanto l’altra, Britney, è tornata nell’inferno privato in cui era precipitata, pian piano, sin dai giorni di Mickey Mouse, il kindergarten tv dove trovavi anche i piccoli Justin Timberlake, Christina Aguilera, Ryan Gosling.
Brit era la bimba d’oro Disney, costretta a crescere sotto i riflettori come possibile target nabokoviano, una lolita negli occhi dei viziosi, una teenager da stalkerare ad ogni passo, poi una donna con matrimoni intossicanti, la fragilità mentale da TSO, le inclinazioni suicide, la morbosa “conservatorship” di un padre avido.
Adesso la 42enne Spears sembrava libera di poter volare. Invece no: ecco di nuovo i post da svalvolata nuda prima della chiusura (ma sarà vero?) con l’industria musicale. Macinata, stritolata dai propri incubi, da chi ancora le rimprovera quel volo da Miami a Los Angeles, al culmine di un successo da 150 milioni di dischi, per radere a zero la chioma e cancellare l’immagine allo specchio e sui poster. Quando fu messa sotto tutela le tolsero il cellulare. Ieri Britney lo ha spento. Potrebbe salvarla Taylor Swift, ripubblicando quei vecchi selfie di loro due. O scattandone uno nuovo.