ItaliaOggi, 6 gennaio 2024
I diplomatici son dei pericoli pubblici
Diplomatici al volante, pericolo costante. Possono violare il codice, parcheggiare dove vogliono, andare troppo veloci, non rispettare i semafori, tanto grazie all’immunità non pagheranno mai una multa. Anche in caso di incidenti gravi non rischiano sanzioni. Lo sanno tutti, ma Die Welt ha pubblicato i dati su chi è, diciamo, più disinvolto. E viene smentito un pregiudizio dei luterani contro i cattolici: si possono confessare e i peccati vengono perdonati, e acquistano una mentalità che li rende più disinvolti, sicuri inconsciamente del perdono.
Il codice della strada lo conferma: in Germania, se al volante, ubriaco o drogato, provochi un incidente mortale, e fuggi, rischi cinque anni senza sconti, neanche per buona condotta in cella. E non esiste il patteggiamento, se ti dichiari colpevole perfino quando la colpa è evidente.
Da noi le sanzioni sono più severe, ma di sconto in sconto potresti non fare neanche un giorno di galera. Sembra che se la cavi anche lo youtuber che nei mesi scorsi a Roma, andando a 120 all’ora ha ucciso un bambino che si trovava a bordo di una Smart.
Il giudice tedesco, quando emette una sentenza, può aggiungere che il condannato dovrà scontare la pena fino all’ultimo giorno. Ma al volante i diplomatici cattolici si comportano meglio dei protestanti.
I diplomatici non pagano quasi mai, ma la polizia in Germania registra le infrazioni, e così si scopre che fra il personale diplomatico i più corretti sono i funzionari delle ambasciate del Vaticano. Cattolici, e molti anche sacerdoti, in base al pregiudizio dovrebbero essere i più disinvolti, e invece sono i più corretti.
La Nunziatura a Berlino ha reso noto con orgoglio, sul sito katolisch.de, che le sue tre auto l’anno scorso a Berlino hanno compiuto in totale appena cinque infrazioni. Un record.
Anni fa, ero fermo a un semaforo quando fui tamponato con violenza, la mia auto fece un balzo di almeno un metro. Primo mio incidente a Berlino. Mi preoccupai quando vidi scendere dalla vettura uno straniero troppo allegro, seguito da tre o quattro amiche. Aveva festeggiato il suo compleanno, disse. A inquietarmi era la targa diplomatica di un paese africano. Il diplomatico voleva liquidare l’accaduto con una stretta di mano, ma lo convinsi a essere ragionevole. Per fortuna mia era assicurato, e andò a finire bene.
Ma la polizia, come avviene a Berlino, intervenuta senza che nessuno l’avesse chiamata, non lo multò. E non lo sottopose al test per controllare se avesse esagerato coi brindisi.
In passato erano un pericolo quanti guidavano un’auto con targa provvisoria perché acquistata all’estero, la nostra era EE, escursionisti esteri. Erano assicurate, ma le compagnie responsabili stavano a volte in paesi remoti, e non pagavano. I sociologi non resistono alla tentazione di trovare spiegazioni a dati e a percentuali.
L’antropologo canadese Joseph Henrich, ha scritto Die Welt, ha scoperto che, religione a parte, sono meno propensi a rispettare il codice quanti appartengono a culture familiari, o a società dove prosperano i clan. Più forte è il legame al gruppo di appartenenza e meno si teme la legge, e il codice della strada, convinti che la famiglia o il clan ci proteggerà, o ci vendicherà.
I diplomatici di paesi dove le famiglie sono meno forti hanno ricevuto in media due multe e mezzo all’anno. Quelli di Paesi con salde tradizioni familiari hanno violato il codice da dieci a venti volte. Una differenza notevole che darebbe ragione al professore Henrich.
Non c’è dunque da meravigliarsi se a Berlino i più indisciplinati sono i diplomatici dell’Arabia Saudita, seguiti a sorpresa per i tedeschi, ma non per me, dagli americani.
L’ambasciata degli Stati Uniti ha il parco auto più numeroso, duecento vetture, che in media hanno violato il codice tre o quattro volte. Non dipende dalle famiglie a stelle e strisce, ma dall’arroganza degli Usa che si oppongono al fatto che i loro cittadini, tanto meno i diplomatici e i militari, vengano giudicati all’estero.
Basta ricordare l’incidente, il 3 febbraio del ’98, alla funivia del Cermis, che provocò venti morti. Richard Ashby, il pilota che tranciò il cavo volando troppo basso, giudicato a casa sua, venne assolto.