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 2024  gennaio 05 Venerdì calendario

Intervista a Massimo Lopez e Tullio Solenghi


In pausa per pochi giorni dalla tournée di Dove eravamo rimasti, Massimo Lopez e Tullio Solenghi hanno già pronte le valigie: Befana a Firenze, poi in giro per il centro italia, a Torino dal 1° al 4 febbraio. Per una coppia che vanta «145 anni in due», non è poco. Lo spettacolo di oggi, spiegano, è fatto di nuovi sketches (la iattura del politicamente corretto, la nostalgia per l’avanspettacolo) e vecchi personaggi (Ratzinger, Costanzo, Bergoglio, Mattarella, Mughini): strettamente connesso allo show interrotto dalla pandemia (da cui il titolo). Ma ancora di più legato al loro passato a tre, a quando formavano il Trio dei record tv con Anna Marchesini. Un passato mai archiviato. E infatti uno dei suoi momenti forti è proprio l’omaggio all’amica e partner scomparsa nel 2016: sul fondale scorrono sue foto mentre loro cantano Dentro la tasca di un qualunque mattino di Gianmaria Testa.
Insomma: Trio per sempre?
Tullio Solenghi. «La nostra fu una formazione anomala: non fu una cosa pensata da un organizzatore teatrale, da un produttore o un regista, come in genere accade. C’eravamo scelti, legati da un’amicizia intensa e dal fatto che ci eravamo subito “riconosciuti": avevamo lo stesso linguaggio, la stessa visione della realtà, emozioni condivise. Tutte cose che andavano oltre il puro atto del tradurle in scena. Ma ne erano un’ottima premessa».
Massimo Lopez. «Lavorare insieme è stato conseguenza dell’amicizia che ci legava».
Come e dove vi siete conosciuti?
ML. «Io e Tullio nel 1975: lui e mio fratello Giorgio lavoravano insieme allo Stabile di Genova. Una volta, di passaggio a Roma, lo portò a casa dai miei. Più avanti quello stesso Stabile mi avrebbe ingaggiato proprio per sostituirlo quando se ne andò: stesso suo ruolo nel “Fu Mattia Pascal con Albertazzi. Era scritto quanto sarebbe avvenuto dopo?»
TS. «Io avevo iniziato a fare cabaret (uno spettacolo diviso in due tempi,io e Grillo)».
Ma Anna quando?
ML. «Per me nel 1980 a Torino, durante le registrazioni di un programma per la tv della Svizzera Italiana. Ricordo di essermi chiesto “Ma dove l’hanno tenuta nascosta finora questa meraviglia?"».
TS. «Quasi contemporaneamente a Roma avevo fatto con lei il doppiaggio di un cartoon giapponese. Ne rimasi impressionato. Chiamai subito Massimo per dirglielo».
ML. «Ci chiamammo per dircelo... E quando nel 1982 mi vollero per Helzapoppin’ su Radio2, non mi parve vero: li coinvolsi entrambi. Da conoscenti talentuosi ormai erano diventati amici veri».
Il Trio quindi nasce come fenomeno radiofonico?
TS. «La radio fu la nostra palestra, la tv arrivò dopo: eravamo già “quelli della radio": il programma era stato un successone, le 13 puntate iniziali diventate 52».
ML. «Avevamo fatto una cassetta in cui avevamo provato a declinare per un programma tv le nostre cose radiofoniche. L’avevamo mandata a tutte le reti. Giovanni Salvi di Rai1 fu il primo e più veloce a rispondere, proponendoci di fare un numero a sé nel varietà Tastomatto. Era il 1984».
TS. «A quel punto c’eravamo anche trasferiti tutti a vivere a Roma: radio e tv si facevano lì»
Significa che la vostra frequentazione si intensificò?
ML. «Di più: io e Tullio abitavamo (e ancora abitiamo) nello stesso complesso di palazzine a Monte Mario».
TS. «Ci vedevamo a casa di Massimo. Anche allora seduti su questo divano dove siamo ora e che abbiamo sformato con i nostri glutei. Qui sono nate tutte le nostre idee, dallo sketch dello scandalo su Khomeini alla pianificazione dei Promessi sposi».
C’era qualche regola o ruolo?
TS. «Valeva la legge del plebiscito: le idee passavano solo se c’era l’unanimità. Altrimenti, cestino. Quanto ai ruoli, eravamo intercambiabili. Magari io ero più portato alla scrittura, Massimo era il battitore libero e Anna quella che programmava e organizzava».
ML. «Anche in scena era lo stesso: eravamo spalle a turno. Naturalmente equilibrati anche come tempi. Tra noi c’era la parità assoluta».
E amici, come?
TS. «C’era simbiosi e capacità di capirci al volo senza bisogno di spiegazioni, in scena come nella vita. Anche i difetti alla fine erano accettati».
ML. «Nessun formalismo e massima sintesi. Anche il silenzio diceva cose».
TS. «Alla fine penso che un po’ del carattere di ciascuno sia travasato nell’altro».
Anna era l’indispensabile elemento femminile?
«Aveva un punto di vista inequivocabilmente femminile, ma era l’opposto dello stereotipo. Sapeva essere bellissima e mostruosa in un nanosecondo, essere la ragazza del Trio e l’uomo del gruppo. Con un valore aggiunto solo suo: era l’unica comica – dopo Franca Valeri – a essere anche autrice».
Con la gag su Khomeini innescaste una crisi diplomatica: vi bacchettarono?
ML. «Venimmo messi in una specie di limbo per una decina di giorni, in attesa che le acque si calmassero. In realtà fummo solo un pretesto: l’Iran doveva qualche miliardo all’Italia, che così non restituì più. Anni dopo, incontrandoci, Prodi ce lo avrebbe ricordato: “Avete scritto lo sketch più costoso della storia della tv"».
Come riusciste a fare passare la dissacrazione dei Promessi Sposi?
TS «Non fu facile. I dirigenti Rai erano terrorizzati e scandalizzati. Abbiamo lavorato un anno per convincerli. Ancora oggi ricordo come uno dei nostri momenti comuni più esaltanti quando ci comunicarono i dati d’ascolto: 14 milioni e mezzo di italiani, più della Nazionale. Fu un grido e un abbraccio liberatorio».
A un certo punto però vi separaste. Come mai?
ML «Fui io a proporlo. Avvertivo un rallentamento dell’entusiasmo: pensavo fosse di tutti e invece forse era solo mio. Doveva essere temporaneo e invece i reciproci impegni resero quel periodo molto lungo: fino al 2008, quando ci proposero uno show per i 25 anni insieme. La nostra amicizia però non si era interrotta. Continuavamo ad andare a teatro e al cinema insieme, a vederci, a commentare le cose di tutti i giorni».
TS «C’erano le assemblee condominiali. E ho continuato ad andare da Massimo a fargli le iniezioni... Insieme io e lui siamo anche stati La strana coppia di Neil Simon».
Dal 2017 siete tornati in scena con show che ricordano i tempi del Trio. C’entra la scomparsa di Anna?
TS «La sua assenza ci ha spinti a recuperare con più vigore il modo espressivo che avevamo maturato insieme».
Vostri flash a tre?
TS «Noi che litighiamo in auto, a Milano, sotto la neve. Premessa: in genere il ritardatario era Massimo, ma quella volta Anna – causa trucco – aveva battuto ogni record. L’avevamo aspettata al gelo. E ora, chiusi in quella macchina, gesticoliamo come marionette impazzite, scambiandoci battutacce... Poi improvvisamente ci blocchiamo e scoppiamo a ridere come pazzi».
ML «Una foto: Massimo impettito in un’eleganza un po’ desueta, Anna fatale in nero, io in giacca e cravatta ma in una carrozzina da bebè. Era il manifesto di Al principio era il Trio. Ce l’ho sempre davanti agli occhi: incorniciata, qui in salotto». —